È stato ed è tutt’ora il più grande stabilimento auto in Italia, la prima fabbrica italiana a produrre un’auto a marchio Jeep, dopo la fusione con la casa americana e la nascita di Fca. Oggi lo stabilimento di Melfi, nel cuore della Basilicata, rischia di vedere fortemente ridimensionato il suo ruolo, con un impatto pesante sull’economia dell’intera regione. «Cinque anni fa – ragiona Francesco Somma, presidente di Confindustria Basilicata – il distretto dell’auto in Basilicata contava 13mila addetti tra dipendenti del Gruppo Fca e aziende dell’indotto e dei servizi. Oggi siamo a circa 10mila e nei prossimi anni i numeri sono destinati a scendere ancora». Qui il problema non è la transizione tecnologica ma i volumi produttivi, in calo rispetto al passato e sotto soglia rispetto alla capacità industriale del polo. Il 2015 è stato l’anno che ha registrato i volumi più alti, con circa 390mila auto uscite dallo stabilimento lucano, l’anno scorso Melfi ha chiuso a quota 163.793, registrando il calo di volumi più pesante – meno 34% – tra tutte le fabbriche di assemblaggio di Stellantis in Italia rispetto al periodo pre-Covid. Complici anche le fermate produttive indotte dalla mancanza di componenti e semiconduttori. Un centinaio le giornate perse l’anno scorso e l’inizio del 2023 non registra miglioramenti consistenti tanto che i volumi quest’anno potrebbero fermarsi a quota 150mila. Gli oltre seimila addetti sono in solidarietà fino a luglio e dalla fine del mese si scenderà da 17 a 15 turni a settimana. A preoccupare sono le prospettive legate al nuovo piano industriale di Stellantis, con una produzione che potrebbe restare tra le 150mila e le 200mila unità. «In prospettiva si tratta di un calo strutturale di oltre il 40% rispetto ai volumi che abbiamo visto in passato – ragiona Somma – che finirà per tradursi in una riduzione di occupati nel polo dell’auto lucano altrettanto consistente». Lo stabilimento Stellantis di Melfi è stato il primo tra i plant italiani a ricevere una nuova missione nel quadro del piano industriale Dare Forward da 30 miliardi annunciato dal ceo Carlos Tavares un anno fa.Ospiterà una delle quattro piattaforme multibrand del Gruppo – Stla Medium – sulla quale saranno prodotti quattro modelli elettrici. I lavori preparatori nella fabbrica sono iniziati, la nuova piattaforma dovrebbe prendere forma tra luglio e settembre, compresa l’area di preparazione delle batterie, per poi essere pronta per la produzione in linea nel 2024. Ma delle 22 aziende dell’indotto intorno al plant di Melfi, soltanto un paio avrebbero già ricevuto una commessa legata ai nuovi modelli. Le altre vivono nell’incertezza. «La preoccupazione è grande perché non ci sono certezze sulle tempistiche di avvio dei nuovi modelli e a tutt’oggi non vediamo alcun coinvolgimento della filiera» spiega Vincenzo Di Miscio ad della Plasticform, una delle poche Pmi da oltre 10 anni Tier 1 per il Gruppo. «Non siamo convolti nelle commesse dei prossimi modelli, nè riusciamo ad avere interlocuzioni con responsabili acquisti o buyer» aggiunge. Tutto il meccanismo delle richieste di offerte, propedeutiche all’assegnazione delle commesse, è bloccato. Le aziende del territorio dunque chiedono di poter crescere e innovare, anche grazie al contributo del Cluster lucano automotive che collabora con il Centro Ricerche Fiat. «Credo sia importante proiettare le nostre imprese a lavorare in filiera e rivolgersi ai nuovi driver della mobilità – sottolinea Antonio Braia, ceo della Brecav e presidente del Cluster – è quello che cerchiamo di fare grazie a due progetti, il primo per lo sviluppo di un minibus elettrico, il secondo per una piattaforma di lavoro in ambito manifatturiero». Cosa sarà della 500X e delle due Jeep prodotte a Melfi? «Servono minimo 300mila auto per salvare posti di lavoro nella fabbrica Stellantis e nelle 22 aziende dell’indotto – sottolinea Gerardo Evangelista, segretario della Fim lucana – vanno bene i 4 modelli elettrici ma la produzione delle Jeep deve rimanere a Melfi, per accompagnare il processo di transizione l’elettrico garantendo però i volumi». Un altro fronte è rappresentato dai 600 lavoratori delle imprese di servizi e logistica che hanno visto ridurre i loro spazi per la scelta di Stellantis di internalizzare una serie di funzioni.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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