Le grandi banche americane si mobilitano per salvare First Republic con un’operazione da 30 miliardi di dollari. Davanti allo spettro del contagio di una nuova crisi finanziaria, JP Morgan ha assunto la guida di una cordata del settore privato che comprende Citigroup, Bank of America e Wells Fargo per correre in soccorso all'istituto parso più vulnerabile dopo i crack di Silicon Valley Bank e Signature Bank. Il piano in preparazione prevede che ciascuno dei quattro colossi depositi 5 miliardi di propri fondi nell’istituto messo in ginocchio da una fuga di risparmiatori in preda al panico. L’intervento, ha rivelato il Wall Street Journal, vedrà la partecipazione con cifre inferiori anche di altri marchi dell’alta finanza, per un totale di una decina di soggetti: da Morgan Stanley a Goldman Sachs, da US Bancorp a PNC Financial e Truist. In Borsa il titolo di First Republic, in calo di oltre il 30% in apertura, nel pomeriggio è scattato in rialzo. Nelle ultime ore, mentre prendeva forma l’assegno da decine di miliardi in accordo con l’amministrazione Biden, non è stato neppure escluso se necessario un takeover dell’istituto. Il Segretario al Tesoro Janet Yellen, parlando al Congresso, ha affermato che «il sistema bancario resta solido e i depositi sicuri», con il governo impegnato a che rimangano tali. Le incognite, innescate da rischi e perdite in alcuni grandi e meno regolamentati istituti regionali americani, rimangono tuttavia aperte. Gli analisti di JP Morgan hanno stimato che la Fed potrebbe alla fine iniettare fino a duemila miliardi di dollari nella rete bancaria attraverso il suo nuovo programma di prestiti a un anno Bank Term Funding Program, con l’obiettivo di sostenere la liquidità di istituti in affanno. «L'utilizzo della facility sarà probabilmente ampio», hanno indicato. La stima è basata sul calcolo dei depositi non assicurati, circa 7.000 miliardi, sottraendo le cinque maggiori banche che non dovrebbero aver bisogno di supporto. Un primo resoconto della Fed sul decollo del nuovo “sportello” era previsto nella serata di ieri, tra ipotesi vicine ai 200 miliardi e timori che se risultasse di molto inferiore o superiore potrebbe segnalare inefficacia o sfide più gravi del previsto. A complicare il quadro economico e dei mercati Goldman Sachs, citando la crisi degli istituti regionali, ha intanto alzato il rischio di recessione per gli Stati Uniti, al 35% dal 25% entro dodici mesi. Mentre si moltiplicano le polemiche su potenziali scandali che minacciando di sommarsi alle tensioni: è venuto alla luce che top executive di First Republic hanno venduto 12 milioni di dollari in titoli della banca nei due mesi precedenti la crisi. Una parte delle vendite è avvenuta ancora alla vigilia del collasso di Silicon Valley Bank. Inchieste sono già in corso su ex dirigenti di Svb per sospetti di insider trading.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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