STUPIDA RAZZA

mercoledì 22 marzo 2023

«Il sistema è fragile Alzare in fretta i tassi è la risposta errata»

 

«Il crac della Silicon Valley Bank è un segnale di allarme. Un avvertimento di ciò che può accadere con l’aumento accelerato dei tassi d’interesse. Ha fatto bene il ministro dell’E c onomia, Giancarlo Giorgetti, a mettere in guardia dalle ripercussioni che incrementi troppo ravvicinati del costo del denaro, possono avere sul debito pubblico e sull’economia reale». Giampaolo Galli è economista e direttore dell’O s s e r vatorio sui Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano. Ci sarà un impatto sui conti pubblici i ta l i a n i ? «Non c’è un impatto diretto. Il crac della Silicon Bank ci ha fatto scoprire che c’è una fragilità nel sistema finanziario globale dovuta alla combinazione di tassi di interesse che si alzano velocemente e di livelli di debito molto alti. L’aumento del costo del denaro tende a provocare un rallentamento dell’eco nomia e ad aumentare le sofferenze bancarie. La situazione non è ancora paragonabile a quella del 2008, ma la crisi dei mutui subprime è cominciata così. Quanto è successo dovrebbe indurre le banche centrali, a cominciare dalle Bce, a una certa cautela nella velocità con cui usa la leva monetaria. È evidente che il livello dei tassi è basso. Quello della Bce sui depositi delle banche è al 2,5% mentre l’i n f l azione viaggia tra l’8 e il 10%. È comprensibile che le banche centrali vogliano agire sui tassi, ma farlo rapidamente rischia di non dare il tempo agli operatori di sistemare i conti adattandosi alla nuova realtà. Il terremoto della Silicon Valley Bank ce lo dimostra». Come si è arrivati a questo? Non era prevedibile? «Per lungo tempo la Fed e la Bce hanno sottovalutato la corsa dell’inflazione e hanno invaso il sistema di liquidità, inducendo gli operatori a indebitarsi: secondo il World Debt Monitor del Fmi, la somma dei debiti di Stati, imprese non finanziarie e famiglie è al 250% del Pil mondiale; era sotto il 200% nel 2007, prima della grande crisi finanziaria; era al 100% nel 1970. Ora le banche centrali si trovano costrette ad aumentare i tassi molto rapidamente, per evitare di perdere credibilità. Ma aumenti molti rapidi in un contesto di debiti elevati possono creare problemi molto seri. Chi ha titoli all’attivo ha subìto delle perdite come nel caso della Silicon Valley Bank ma soprattutto chi ha titoli al passivo, specie in dollari, è nei guai seri». Non c’erano segnali che andando avanti di questo passo qualcuno si sarebbe fatto molto male? «Negli ultimi mesi vi erano stati parecchi segnali di preoccupazione, se non di allarme. In un’analisi del 10 gennaio, Fitch rilevava che il rapido aumento dei tassi e il Quantitative Tightening (la riduzione della dimensione del bilancio della Fed) stava mettendo sotto pressione la liquidità delle banche. La principale preoccupazione era il peggioramento della qualità dei prestiti legato al temuto rallentamento dell’economia; a questo si aggiungevano le perdite, anche se non realizzate, sui titoli e la rapida riduzione della consistenza dei depositi, anch’essa dovuta all’aumento dei tassi di interesse. La previsione di Fitch era di una riduzione dei depositi da 19,4 mila miliardi a 17,8 mila miliardi alla fine del 2023. Anche le riserve bancarie stanno scendendo rapidamente. Dai 4,3 mila miliardi di dicembre 2021 sono scese ai 3 mila miliardi oggi. Il Fondo monetario internazionale ha lanciato il warning per la situazione in cui si trovano molti Paesi in via di sviluppo fortemente indebi tat i » . E l’Ita l i a? « L’Italia è un Paese indebitato anche se sommando debito pubblico e privato, non è fra i più indebitati al mondo. Aumentare rapidamente i tassi, significa creare problemi per tutti coloro che devono rinnovare il debito in scadenza e per chi ha mutui a tassi variabili. Questa politica incalzante di aumenti del costo del denaro può mettere in crisi interi Stati. Basta guardare quello che sta accadendo in Pakistan. Il default non è stato solo determinato dai rovesci climatici. Era fortemente indebitato in dollari come tanti Paesi emergenti e in via di sviluppo». A fronte di questa situazione l’Italia che può fare? «Noi non possiamo fare altro che continuare il percorso indicato nel progetto di bilancio del novembre scorso per ridurre il deficit al 3% al 2025. Dal 5,6% attuale al 3% è un balzo di due punti e mezzo, non facile da realizzare perché significa tenere strette le briglie della spesa pubblica. Ma è un percorso obbligato e fa bene il ministro Giorgetti ad insistere su questa strada. Dopo un paio anni di debiti causati dalla politica dei sostegni a causa del Covid e della crisi energetica, che sono aumentati come se non ci fossero più tetti, ora ci rendiamo conto che il vincolo di bilancio esiste. Il crac della Silicon Valley Bank ce lo ha ricordato». 

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