La Banca nazionale svizzera e la Finma, autorità elvetica di vigilanza sui mercati, sono scese in campo a favore di Credit Suisse, seconda banca rossocrociata alle spalle di Ubs, dopo una giornata al calor bianco, con il titolo CS ai minimi di sempre. «I problemi di determinati istituti bancari negli Usa – hanno affermato BNS e Finma in un comunicato diffuso nella tarda serata di ieri – non comportano alcun pericolo diretto di contagio per il mercato finanziario svizzero. Le rigorose esigenze in materia di capitale e di liquidità che gli istituti finanziari svizzeri sono tenuti a soddisfare ne garantiscono la stabilità. Credit Suisse soddisfa le esigenze in materia di capitale e liquidità poste alle banche di rilevanza sistemica. In caso di necessità, la BNS metterà a disposizione di Credit Suisse liquidità». Secondo il Financial Times, è stato lo stesso Credit Suisse a richiedere una presa di posizione a BNS e Finma, dopo i nuovi rovesci sui mercati. E secondo fonti di alcune agenzie, le stesse autorità elvetiche, che nel loro comunicato hanno precisato di avere un assiduo scambio con il ministero delle Finanze, avrebbero allo studio, oltre al sostegno per la liquidità, anche un’eventuale separazione delle attività svizzere del CS e un'unione con Ubs, prima banca svizzera. Con la nuova pesante caduta di ieri del suo titolo, che ha toccato il Credit Suisse è diventato ormai un caso internazionale. Se da un lato le preoccupazioni in campo svizzero sono forti, dall'altro è anche vero che l'ulteriore discesa dell'azione della seconda banca elvetica ieri ha influenzato i titoli dell'intero settore bancario. Uno dei segni di questo quadro è la presa di posizione della premier francese Elisabeth Borne, che ha affermato che le autorità svizzere «devono risolvere questa questione». Da diverse fonti è stato sottolineato che la Banca centrale europea sta verificando l'esposizione delle banche Ue nei confronti dell'istituto elvetico. Quanto al Tesoro Usa, un portavoce ha affermato che sta monitorando anche la situazione del Credit Suisse. Ieri l'azione Credit Suisse è scesa a minimi mai toccati prima, sotto i 2 franchi. Il titolo è arrivato a perdere circa il 30%, a 1,5 franchi; poi ci sono state una risalita e una nuova discesa, con l'azione che ha terminato a 1,7 franchi (-24%). A scatenare quest'altra onda di vendite sul titolo, che da tempo è nel mirino di una parte degli investitori, sono state le dichiarazioni del presidente di quello che è il maggior singolo azionista dopo il recente aumento di capitale, la Saudi National Bank. Ammar Al Khudairy, ai microfoni di Bloomberg, ha escluso ulteriori interventi finanziari per la banca svizzera. «La risposta è un no assoluto, per molte ragioni, le più semplici delle quali sono di carattere normativo e statutario», ha affermato il presidente dell'istituto saudita, che detiene il 9,9% del Credit Suisse. Al Khudairy ha poi detto a Reuters che la SNB è soddisfatta della ristrutturazione varata dalla banca elvetica, «che non avrà bisogno di soldi extra, i ratio vanno bene, opera sotto un forte regime regolatorio in Svizzera e in altri paesi». Nonostante queste altre dichiarazioni, il titolo CS è risalito di poco. Sono rimaste sullo sfondo anche le dichiarazioni del presidente del cda di Credit Suisse, Axel Lehmann, che aveva detto che non sarebbe corretto paragonare i problemi del CS con il collasso dell’americana Silicon Valley Bank. «Abbiamo solidi coefficienti patrimoniali, il sostegno dello Stato non è un tema che riguarda la nostra banca», ha affermato Lehmann. Anche il ceo del CS, Ulrich Körner, parlando con Channel News Asia, ha ribadito la solidità: «Rispettiamo e superiamo tutti i requisiti normativi; il nostro capitale è molto forte». Nel rapporto 2022 pubblicato l'altro ieri la banca svizzera aveva ammesso debolezze nella rendicontazione e aveva indicato che i deflussi di fondi continuano, ma ad un ritmo più contenuto. Coinvolto in una serie di investimenti sbagliati e di crisi conseguenti, tra cui quelle della anglo-australiana Greensill e del fondo-family office americano Archegos, nel 2022 l’istituto rossocrociato ha registrato una perdita di 7,3 miliardi di franchi (circa 7,5 miliardi di euro al cambio attuale). Le forti cadute del titolo nei mesi scorsi hanno alimentato le voci di un acquisto di Credit Suisse da parte di gruppi bancari di taglia internazionale. L'aumento di capitale, con il ruolo principale di investitori dell'area mediorientale, aveva poi fatto rientrare queste voci.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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