STUPIDA RAZZA

lunedì 20 marzo 2023

fari accesi sul mercato dell’oro

 

D opo mesi di generale stallo negli acquisti di oro delle Banche centrali emergenti, gli ultimi mesi del 2022 e questo primo scorcio del 2023 mostrano un grande dinamismo, con il ritorno in campo della Cina e l'ingresso di altri player del mercato asiatico, tradizionalmente prudenti nella movimentazione delle riserve aurifere. A fine gennaio 2023, la Banca centrale di Singapore ha effettuato la prima operazione sul mercato internazionale di oro, acquisendo in un solo colpo 45 tonnellate, una cifra imponente pari al 30% del proprio stock di riserve.F ermandosi ai dati consolidati di gennaio 2023, la Banca centrale turca (il più grande acquirente segnalato nel 2022) ha aggiunto 23 tonnellate alle sue riserve ufficiali, che ora ammontano a 565 tonnellate. La People’s Bank of China (PBoC) ha acquistato di nuovo, aggiungendo 15 tonnellate alle 62 tonnellate di oro acquisite tra novembre e dicembre 2022. Le sue riserve auree ammontano ora a 2.025 tonnellate. La Banca nazionale del Kazakhstan ha aumentato le riserve auree di ulteriori 4 tonnellate a gennaio, portandole a 356 e continuando l'interessante operatività che ha caratterizzato tutto il 2022 insieme ad altri Paesi dell'ex blocco sovietico, tra cui l'Uzbekistan.La Banca centrale europea (Bce) ha registrato un inusuale aumento di 2 tonnellate delle riserve auree a gennaio, anche se non è stato un acquisto definitivo. Il movimento risulta correlato all’adesione della Croazia all’Unione monetaria, dato che il Paese in ingresso è tenuto a trasferire l’oro, come parte di un più ampio trasferimento di riserve, alla Bce. Le stime non ufficiali per febbraio vedono la prosecuzione della strategia cinese di acquisto (ulteriori 25 tonnellate) che, se prolungata nel tempo, potrebbe cambiare profondamente la struttura del mercato. Anche la Turchia sta accelerando: una massiccia transazione per circa 60 tonnellate sarebbe stata perfezionata alla fine di febbraio, tra le più grandi degli ultimi cinque anni. Nonostante un valore assoluto delle riserve auree molto ampio, in termini relativi rispetto alle riserve ufficiali totali la Cina ha uno dei rapporti più bassi del mondo, al 3,5% (Italia al 63,6%, Russia al 21,2%), sebbene una parte non ben quantificata di riserve venga detenuta non ufficialmente da enti economici a controllo statale. Questo implica che la strategia di incremento delle riserve cinesi potrebbe rivelarsi molto più aggressiva del previsto, con un impatto parecchio visibile sulla domanda globale e sul prezzo. Nella prima parte del 2022 l'evento estremo dell'impatto delle sanzioni occidentali alla Russia, che hanno de facto impedito l'accesso della banca centrale russa ai propri stock di riserve valutarie ed oro depositati all'estero, aveva congelato le strategie di de-dollarizzazione dei Paesi emergenti, che erano volte a ridurre esplicitamente il peso delle istituzioni Usa nella gestione della politica economica domestica. Probabilmente la resilienza dell'economia russa alle sanzioni e la capacità del sistema finanziario globale di aggirare il blocco alle transazioni ha ridotto l'effetto shock e restituito fiducia alle strategie di lungo termine di Cina, India, Arabia Saudita ed Iran di sfuggire alla dominanza globale del dollaro. Stanno fiorendo esperimenti di negoziazione bilaterale di prodotti energetici in valute diverse dal dollaro per piccole transazioni, ma il rischio di fallimento resta alto. I nuovi assetti geopolitici continueranno a determinare la domanda globale di oro nei prossimi anni.

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