Nel precedente articolo abbiamo trattato la figura di Gualtiero Ciola (1925-2000), padre dell’identitarismo padano-alpino
e sulla base di una riflessione sulla sua opera (libri,articoli,
testimonianze di chi l’ha conosciuto) abbiamo ritenuto che in essa
sussistono insegnamenti di interesse comunitarista.
Uno
di questi è senza dubbio lo spirito di appartenenza. Quest’ultimo non
va inteso come un rifugio di falliti che cercano un etichetta per
“sentirsi importanti” nella vuota società dell’immagine, ma al contrario
una concezione della realtà che parte dal presupposto che la persona,
in senso cristiano, e non l’individuo è parte del territorio che ci
ospita e come tale, per reciprocità e responsabilità, noi dobbiamo
prenderci cura di esso. Sotto questo presupposto la Patria è
sia terra dei padri luogo della nostra origine e delle nostre radici, ma
anche, per usare un termine del leader econazionalista insubrista
Lorenzo Banfi, la nostra “Madre Terra” che ci accoglie e sostiene,
includendo con essa anche tutto l’ambiente naturale. Si tratta della
ripresa di una concezione olistica, che, guardando oltre l’orizzonte
individualistico antropocentrico, guarda ad un orizzonte tradizionale e
coniuga a una antropologia che rivaluta l’homo religiosus di
eliadiana memoria un paradigma culturale che reinserisce l’essere umano
nel suo contesto ambientale opponendosi alla disgregazione
individualistica.Sotto questo aspetto il
comunitarismo può considerare il concetto di Patria non solo in
relazione alla nostra origine biologica che ha nella famiglia la sua
cellula (da qui terra dei padri), ma anche in relazione alla sua
dimensione per così dire femminile di ciò che ci accoglie e ci
sostiene.
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