CON LA CRISI CHE AVANZA ANCORA PER POCO,NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE !
Ogni italiano
a fine 2021 avrà
gettato nella
spazzatura circa 67 chili di rifiuti alimentari,
9 chili in più della media
europea di 58 chili. I ristoranti ne avranno buttati 26
chili e la vendita al dettaglio
4 chili. Cifre enormi, anche
se durante il lockdown c’è
stato un calo a causa delle
restrizioni: è stato dimostrato che mangiare in casa genera un consumo più attento
del cibo e quindi riduce gli
sprechi. Bisognerà verificare in che misura questo andamento rappresenta la conquista di un atteggiamento
più consapevole e virtuoso o
rimarrà un fatto episodico
legato a una circostanza eccezionale quale è stata la
pa n d e m i a .
A indicare queste cifre è il
Food sustainability index
realizzato dalla Fondazione
Barilla. Lo spreco in Italia
vale circa 10 miliardi di euro,
che equivale a quasi 5 euro a
famiglia la settimana. Il 53%
dei rifiuti viene dai consumi
domestici e in particolare riguarda frutta, verdura e cereali. Da un esame della situazione degli altri Paesi europei si scopre che il più virtuoso risulta la Finlandia
con meno dell’1% del cibo
perso a fronte di una media
europea del 3%. Il cibo sprecato ogni anno nel mondo
vale 345 miliardi di euro. Intanto cresce la percentuale
di persone che vivono nella
totale povertà con problemi
alimentari importanti. Nel
2020 hanno sofferto la fame
circa 132 milioni di individui
in più rispetto al passato.
Anche il Crea, il Consiglio
per la ricerca in agricoltura,
è andato a guardare nella
pattumiera degli italiani e ha
scoperto che ogni settimana
viene buttato il 4,4% del cibo
acquistato. I prodotti meno
costosi vengono scartati con
più facilità, in grandi quantità. Il risparmio del cibo non è
solo un problema etico, ma
determina anche effetti sull’economia e l’ambiente per
l’impatto negativo provocato
dallo smaltimento dei rifiuti
e dalla richiesta di energia
che questo comporta. Tra i 17
obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda Onu
2030, c’è anche il dimezzamento dello spreco pro capite globale di rifiuti alimentari. Secondo i dati Fao, il comparto alimentare è responsabile del 30% circa del consumo di energia globale e del
22% delle emissioni di gas
serra. Il Waste and resources
action program ha calcolato
che ogni tonnellata di cibo
sprecato è responsabile di
4,5 tonnellate di CO2. Pertanto la diffusione di modelli
nutrizionali e di consumo
sostenibili incide anche sull’a m bie nte.
Un’indagine condotta nell’ambito del progetto Reduce
dell’università di Bologna, finanziato dal ministero dell’Ambiente, ha monitorato le
realtà dove si hanno i maggiori sprechi. È risultato che
chi vive solo è più portato a
buttare parte della spesa.
Inoltre si spreca di più al
Centro e Sud Italia rispetto
al Nord. Nella pattumiera finiscono soprattutto verdure
(25%), latte e latticini (17,6%)
e frutta (15,6%). Circa la metà
del cibo viene buttato perché
scaduto. Grandi sprechi avvengono anche nelle mense
scolastiche. Quasi il 30% del
cibo preparato non viene
consumato. Di questo, l’8%
potrebbe essere recuperato,
come le porzioni intatte di
pane e frutta. Lo spreco reale
si attesta attorno al 22% del
somministrato. Verdura e legumi sono i più soggetti a
essere gettati, seguiti da pesce, uova e latticini. Le cause
dello spreco sono soprattutto la sovrastima del cibo destinato agli studenti e il rifiuto di alcuni di loro a consumare determinati alimenti.
Nella grande distribuzione alimentare, spesso vengono buttati prodotti che potrebbero ancora essere consumati ma rimangono come
rimanenze nei magazzini e
scadono perché non è stata
fatta un’esatta previsione dei
flussi delle vendite. Lo spreco riguarda anche prodotti
con le confezioni danneggiate, rimanenze di promozioni, prodotti rovinati nel trasporto, nello stoccaggio o
nella refrigerazione. Chi mai comprerebbe un prodotto in
una confezione ammaccata?
Ma solo raramente il cibo
che avanza nei supermercati
non è più adatto al consumo.
L’ortofrutta è il reparto che
produce le maggiori perdite
(34%). I surgelati e la panetteria hanno le quote più basse di spreco.
Un numero sempre maggiore di aziende ha affiancato la lotta agli scarti alla politica di sostenibilità. Mutti
recupera e ricicla l’81% dei
rifiuti generati che vengono
dati agli allevamenti o al biogas, Callipo destina i sottoprodotti alle aziende del pet
food, Conserve Italia recupera ogni anno 50.000 tonnellate tra residui di lavorazione della frutta, pomodori, legumi e mais dolce. Economia circolare e contrasto allo spreco fanno parte della
transizione ecologica e le
imprese si stanno adeguand o.
Nessun commento:
Posta un commento