PURTROPPO SIAMO SOLO ALL'INIZIO !
«La pandemia ha determinato un calo degli sprechi alimentari ma l’e nt i tà
resta sempre elevata. Si
tratta di 5-6 milioni di tonnellate l’anno per ogni italiano. Un numero che fa il
paio con 5-6 milioni di poveri certificati dall’Is tat ,
più 1 milione aggiunti con il
Covid. Anche se emergono
segnali di miglioramento
d e ll ’economia, gli effetti
sulle persone fragili si vedranno solo nel lungo termine. Chi durante il periodo più duro del contagio è
stato messo in cassa integrazione o ha subìto un calo
importante dell’attività può
beneficiare della ripresa
economica. Ma la situazione di chi era in una condizione di povertà resta invariata. Per questo gli sprechi
alimentari sono una realtà
ancora più grave». Al presidente della Fondazione
Banco alimentare, Giovanni
Bruno, abbiamo chiesto
uno scenario della situazione in Italia.
La povertà c’era già prima del Covid.
«Sì: 1,6 milioni di famiglie
erano in povertà assoluta,
ovvero senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente, l’equivalente di oltre 5,6 milioni di individui, 1
milione in più rispetto all’anno precedente. Di questi, 200.000 sono minori.
Le eccedenze alimentari
che distribuiamo gratuitamente alle 7.600 strutture
caritative convenzionate
raggiungono in Italia oltre
1.670.000 persone in difficoltà, di cui 340.000 minori. Nel 2020 sono state consegnate oltre 100.000 tonnellate di cibo, e nel 2021,
ad oggi, le tonnellate sono
già oltre 80.000. Il numero
di persone che hanno bisogno di aiuto alimentare è
aumentato drasticamente » .
Dove c’è maggior spreco
alimentare, in famiglia o
nella fase produttiva?
«Nel 2020 abbiamo recuperato nella filiera agroalimentare oltre 46.000 tonnellate di sprechi. Si tratta
di eccedenze, cioè di cibo
buono ma che per vari motivi è stato scartato. Un errore di stampa in una etichetta rende antieconomico per un’azienda rifare il
packaging, e senza il recupero sarebbe cibo sprecato.
Ci sono poi le confezioni
danneggiate durante il trasporto o i prodotti vittime
di campagne promozionali
f a l l i m e nta r i » .
Sono ragioni che rendono fisiologica l’ec cede nza
n el l ’industria alimentare?
«Esattamente. Secondo
uno studio del Politecnico
di Milano, gli sprechi sono
così suddivisi: il 37% si ha
nella fase primaria della
produzione. Basta pensare
ai frutti lasciati marcire per
terra perché per il produttore è antieconomico raccoglierli dal momento che il
costo non è coperto dal guadagno. Un 14% degli sprechi
è nella fase di trasformazione e distribuzione, poi il 3%
viene dalla ristorazione.
Abbiamo recuperato una
gran quantità di scarti che
venivano dalle mense rimaste ferme durante il blocco
delle attività con la pandemia. Il 43% degli sprechi è
attribuibile ai consumatori
anche se questo dato è in
m i g l io ra m e nto » .
Quindi è in casa che si
spreca più cibo?
«È vero, ma durante la
pandemia abbiamo assistito a un comportamento più
virtuoso. Le famiglie hanno
trascorso più tempo a casa,
hanno riscoperto il gusto
della cucina e c’è stata una
maggiore attenzione a consumare quanto c’era nel frigorifero. Spesso ci si dimentica di ciò che è stato
acquistato e i cibi vanno in
s c ad e n za » .
Dove si può fare la lotta
allo spreco?
«Ovunque. Nelle fasi di produzione e di trasformazione come nella ristorazione è più facile recuperare le
eccedenze. Per il privato
serve una campagna di informazione a tappeto. È opportuno un processo educativo con il coinvolgimento delle scuole».
Chi spreca di più, i giovani o gli adulti?
«Apparteniamo all’epoca
dell’usa e getta. L’e s e m pio
parte dalla famiglia, è ovvio,
ma la scuola può fare molto
per far crescere la consapevolezza. Il fenomeno Greta
dovrebbe comprendere anche la dimensione della lotta allo spreco alimentare.
Sostenibilità, riuso delle
cose e recupero del cibo,
sono anelli della stessa battaglia, tutto si lega. Recuperare il cibo significa ridare
un valore a ciò che sembrava averlo perso. E questo ha
un significato importante
se si considera che quanto
recuperato va a chi non può
permetterselo. Qualche cifra può aiutare a capire il
concetto: 46.000 tonnellate
di cibo recuperato equivalgono a 53 tonnellate di CO2
risparmiato. L’e li m in a zione di prodotti non consumati richiede l’impiego di
energia e un onere economico. L’ambiente se ne avvantaggia e ci sono soldi in
più da destinare alla lotta
alla povertà».
Qual è la prossima iniziat iva?
«A fine novembre c’è l’ap -
puntamento con la Giornata nazionale della colletta
alimentare. Saranno coinvolti oltre 12.000 supermercati. Ogni consumatore
è invitato a fare la spesa per
i più bisognosi. Lo scopo
primario è di ricordare che
non si costruisce nulla lasciando indietro qualcuno».
Ci sono istituzioni simili
al Banco alimentare in Euro pa?
«Il Banco alimentare ha
32 anni di vita e fa parte
della Federazione europea
dei banchi alimentari presenti in 29 Paesi. Ci sono
oltre 300 banchi in tutta la
Ue. Tra queste realtà ci sono
scambi continui di esperienze e di iniziative».
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