IL BABY SHAMPOO HA COLPITO ANCORA.......!
Walter Ricciardi rivela:
« L’efficacia del
vaccino Johnson &John son
scema dopo due
mesi». Per il milione e mezzo
di italiani che hanno scelto il
monodose sarà dunque necessario il richiamo. Intanto,
l’Ema dà il via libera alla terza iniezione di Moderna, per
tutti: mezza dose a sei mesi
dalla precedente. Ma se la
protezione cala dopo pochi
mesi, perché il green pass
dura un anno?Le virostar non vogliono
che impariamo a convivere
con il Covid, così come accade
per altri virus. Odiano la normalità, la fine dell’e m e rge n -
za. Ne hanno terrore, perché
terminerebbe la pacchia delle comparsate televisive, delle interviste per ogni tampone positivo sfilato dal naso dei
cittadini. Mentre non si registrano preoccupanti rialzi
della curva epidemica, dei ricoveri e ingressi nelle terapie
intensive, è già partita la gran
corsa a inoculare la terza dose
non solo a grandi anziani e
persone fragili. Il mondo della sanità abituato ai riflettori
sta dicendo in coro che il richiamo «s’ha da fare». Incuranti dei numerosi studi che
dimostrano come l’i m mu n i tà
da vaccino sia una chimera,
un mostruoso inganno sulla
nostra pelle, dall’Iss al Cts, dai
virologi ai gastroenterologi
appassionati di numeri, gli
espertoni tutti tornano a spaventare una popolazione già
oppressa dal green pass.
«La terza dose di vaccino
anti Covid per tutta la popolazione è uno scenario verosimile», ha detto il presidente
dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Una
settimana fa Giorgio Palù,
presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, sosteneva
sul Fo gl io che le indicazioni
attuali «che la limitano alle
categorie fragili, sono quelle
corrette e coerenti con la biologia del virus e con i dati clinici di morbosità e letalità».
Lo scienziato, a differenza di
altri che forse ne sanno meno,
non ha dimenticato il voto
contrario alla somministrazione di una terza dose del
vaccino Pfizer per tutti i maggiori di 16 anni, espresso a settembre dal Comitato scientifico consultivo della Food and
Drug Administration, l’a ge n -
zia regolatoria americana. Gli
esperti statunitensi respinsero in sedici contro due la richiesta di distribuire ulteriori dosi a tutti.
Il b o o s te r va raccomandato
solo agli over 65 e alle persone
più vulnerabili a partire dal
sesto mese dopo il completamento del ciclo vaccinale, dissero. La Fda ha da poco dato il
via libera al richiamo anche
per le persone che sono ad
alto rischio di Covid-19 grave
o hanno frequenti esposizioni professionali al coronavirus, ma non ha esteso le indicazioni a tutta la popolazione.
In Italia, invece, l’idea è di rifare la puntura a tutti. Così
almeno si consumano le scorte di vaccino che restano inutilizzate e che rischiano di
scadere, anche se Pfizer Biontech ha allungato la durata del
flaconcino congelato da sei
mesi a nove mesi. «Questa
estensione di tre mesi si applica anche, retroattivamente, ai flaconcini prodotti prima della data di approvazione», hanno fatto sapere. Però
il siero è sempre lo stesso e
qualche dubbio rimane. Intanto, ieri l’Ema ha dato l’ok
alla somministrazione della
terza dose di Moderna a partire dai 18 anni. Il booster è consigliato sei mesi dopo la dose
precedente. Due giorni fa, La
Ve rità ha dato notizia di uno
studio canadese molto esteso
dal quale risulta che dopo due
dosi di vaccino Moderna o Pfizer le persone perdono più
del 99% dell’immunità umorale, quella che ci permette di
evitare una seconda infezione. Senza questa protezione,
se otto mesi dopo la seconda
dose si perde la «memoria»
del sistema immunitario, come hanno dimostrato con il
loro modello matematico il
gruppo di esperti, non basterà il b o o s te r ma serviranno
quattro, cinque, forse sei richiami. Lo si è appena visto
con Janssen, l’anti Covid della
Johnson & Johnson: a detta di
Franco Locatelli, presidente
del Css e coordinatore del Cts,
non solo gli over 60, ma tutti,
avranno bisogno di farsi
u n’altra puntura, alla faccia
del vaccino monodose. «L’efficacia della protezione», di
Janssen, «diminuisce sensibilmente dopo due mesi», ha
annunciato Walter Ricciardi,
consulente del ministro della
Salute Roberto Speranza.
Allora perché insistere a
mantenere un lasciapassare
che dura un anno però non
protegge chi ha completato il
ciclo vaccinale e neppure le
persone con le quali viene in
contatto? «Ma il green pass
annuale glielo hanno revocato a quei vaccinati non più coperti?», era una delle domande che giravano ieri sui social.
L’interrogativo è fondato, così
pure il dubbio ormai certezza
che il governo lasci circolare
persone con un documento
che non è una misura sanitaria, bensì solo uno strumento
di controllo insensato e a questo punto pericoloso. Senza
immunità, perduta dopo due
od otto mesi, come si fa ad
affermare che i possessori di
green pass non infettano,
mentre si continua a discriminare chi fa i tamponi (a pagamento) ma almeno controlla la sua eventuale positività
al Covid? Eppure secondo
Francesco Vaia, direttore dell’Istituto malattie infettive
Lazzaro Spallanzani di Roma
«sono ancora troppo numerosi gli italiani che non si sono
vaccinati» e bisogna «aumentare il numero di categorie
per i quali il vaccino deve essere obbligatorio». Per chi lavora a contatto con il pubblico
«non deve essere sufficiente il
green pass ottenuto con il
tampone», sostiene il professore. Quel pezzo di carta, invece, è sempre più inutile,
non può essere associato a un
certificato di invulnerabilità
al Covid. Gianni Rezza, direttore della prevenzione del ministero della Salute, insistendo sulla necessità della copertura vaccinale, ieri ha dichiarato che «per tenere sotto
controllo il virus, con un R0
che si assesta tra 5-6, dobbiamo raggiungere probabilmente la soglia del 90%». Ma
la copertura del 90% non potrà mai essere raggiunta con
questi vaccini, perché mentre
pensi a inoculare l’mRna, coloro che sono stati vaccinati
per primi o per secondi hanno perso già da tempo la protezione. L’evidenza scientifica sembra sfuggire agli espertoni che amano trattarci come degli sconsiderati da terrorizzare perché altrimenti
dimentichiamo la pericolosità del Covid.
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