I supporter della transizione energetica e di Greta
Thunberg omettono un dettaglio. Fra 35 anni servirà al
globo il doppio dell’e n e rg i a .
Intanto, la Francia rompe il
fronte Ue innalzando la bandiera del nucleare: «Con l’atomo si fa la vera decarbonizzazione». L’Italia si astiene.
Così rischierà pure di dipendere da Parigi.
I vertici di
Bruxelles e gran
parte dei capi di
Stato si dicono
d’accordo nel definire l’on d ata
inflattiva un fenomeno temporaneo. L’ha detto anche il
numero uno di Bankitalia,
Ignazio Visco, mentre ieri a
dirsi tranquillo è stato Paol o
G e nti l o n i , commissario Ue all’Economia. «Un’inflazione al
3,4% va monitorata», ha spiegato aggiungendo che comunque con l’arrivo del 2022 il
trend dovrebbe attutirsi e che
si lavora a una strategia di acquisti comuni di gas in modo
da calmierare i prezzi per il
trimestre appena iniziato. Se
dalle parole traspare lità, i fatti dimostrano l’ecce -
zionalità del momento. I ministri finanziari si sono riuniti
in Lussemburgo per il consueto Eurogruppo. Non era però
mai accaduto che si occupassero di energia e di materie
prime. Nelle ultime ore grandi
gruppi energetici come Iberdrola e la francese Edf sono
usciti allo scoperto facendo
notare che la situazione attuale mina i progetti di transizione ecologica. Vista la connessione con i rispettivi governi
non potevano dire il contrario. Cioè che l’effetto congiunto di transizione e colli di bottiglia nella filiera logistica
crea la bolla perfetta che a sua
volta rende molto difficile l’at -
tuale schema di transizione
ecologica. Esattamente quello
previsto e preventivato da
Bruxelles. Francia, Spagna e
Italia hanno ribadito l’impor -
tanza di definire gruppi di acquisto congiunti e, al tempo
stesso, di spacchettare l’anda -
mento del prezzo del gas da
quello dell’energia elettrica.
Oggi, nella seconda riunione dell’Eurogruppo, interverrà anche la presidente della
Commissione Ursula von der
L eye n per raccogliere le impressioni degli altri Paesi
membri e sintetizzare una
proposta entro fine ottobre.
Peccato che nel frattempo trascorrano le settimane e le altre grandi nazioni non stiano
con le mani in mano. Il riferimento non è solo alla Cina che
dimostra la sua spregiudicatezza nel maneggiare i trend e
le risorse di materie prime.
Ma anche Francia e Germania
stanno reagendo. Olaf Scholz,
sebbene ancora lontano dal
chiudere alleanze interne e
quindi dal realizzare la possibile partnership con i Verdi,
ha aperto uno spiraglio di discussione a favore di maggiore flessibilità nella transizione. Mentre chi ha sterzato potentemente è stata la Francia
che per bocca del ministro Bruno Le Maire ha spiegato
che il nucleare è la chiave per
la vera decarbonizzazione. «È
questo il cuore del modello
francese», ha detto, «Voglio
insistere sul fatto che ci sono
gli impianti nucleari che forniscono elettricità senza
emettere CO2. Se vogliamo
avere successo nella lotta al
cambiamento climatico ci
serve la produzione nucleare,
ci servono impianti nucleari e
dobbiamo investire di più nell’energia dell’atomo». Un ragionamento di buon senso e di
efficacia. Doppiamente utile
ai francesi perché in questo
momento godono della tecnologia più avanzata e se passasse lo schema noi ci troveremmo a comprare gigawatt nel
breve termine, e se qualcosa
cambiasse pure tecnologia.
Va infatti segnalato il fatto
che il governo su questo tema
resta ostaggio dei 5 stelle e di
Giuseppe Conte. Ciò che conta invece per il nostro Paese è
chiudere il cerchio e avviare
una filiera produttiva con la
consapevolezza che la transizione ecologica si fa solo con il
giusto mix tra rinnovabili,
idrogeno e nucleare. Lo scorso
9 settembre l’Eni ha annunciato un importante passo
avanti. «La fusione a confinamento magnetico occupa un
ruolo centrale nella ricerca
tecnologica finalizzata al percorso di decarbonizzazione,in quanto potrà consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas
serra, cambiando per sempre
il paradigma della generazione di energia», ha spiegato l’ad
Claudio Descalzi, aggiungendo che «contribuirà a una
svolta epocale nella direzione
del progresso umano e della
qualità della vita». Il ministro
Roberto Cingolani, nei giorni
immediatamente precedenti
all’annuncio di Eni, ha fatto
due dichiarazioni di buon
senso nella stessa direzione
ed è stato mangiato vivo dai
fautori dell’Europa a tutti i costi. Ha invitato il governo e pure gli stakeholder a ragionare
su una transizione più moderata se non si vuole sacrificare
l’industria dell’auto o altre eccellenze italiane ed è stato
messo in croce. Peggio ancora
quando ha aperto a nuove vie
sul nucleare. Ha ricordato che
non possiamo affidarci soltanto alle rinnovabili, ma che
ci vuole l’atomo di ultima generazione affiancato al gas e
semmai pure all’id roge n o.
Anche in questo caso le sue
dichiarazioni sono state accolte come se fosse un esponente del centrodestra che
critica l’Ue. C i n gol a n i ha infilato il dito nella piaga che Bruxelles si ostina a definire in
altro modo. Per la Commissione il green estremo è progresso. Ieri il costo del metano ha
superato i 2 euro al chilogrammo, ma al momento la strategia del governo resta quella
dei sussidi e del gioco delle tre
carte sugli oneri di sistema:
dentro e fuori dalle bollette.
Siamo a un bivio. Se la Francia
tira la volata sul nucleare e noi
non corriamo con tecnologia
sovrana perderemo il tram e
resteremo dipendenti da altri. Da Parigi a cui dovremo
pure chiedere la tecnologia.
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