Il giochino è
lurido, ma evi-
d e n t e m e n t e
funziona. E in-
fatti, oggi, i por-
tuali di Trieste
non saranno in piazza. Come
abbiamo raccontato ieri, Ste-
fano Puzzer e soci hanno de-
ciso di sciogliere i loro cortei,
onde «non compromettere
l’incontro di sabato con la de-
legazione governativa». I la-
voratori che si oppongono al
green pass hanno esposto in
un video le loro sacrosante
ragioni: «Cerchiamo di non
passare dalla parte del tor-
to», hanno spiegato. «Ci sono
delle persone con la testa cal-
da, e se questi (la polizia, ndr)
ci caricano va a finire che passiamo dallaparte del torto». Senz’a l tro
la decisione di rinunciare al-
la opposizione in strada è un
segno di grande responsabi-
lità da parte dei portuali.
Non vogliono farsi strumen-
talizzare, non vogliono cade-
re nelle trappole già scattate
altrove, per cui una mino-
ranza di esagitati compro-
mette un’intera manifesta-
zione e seppellisce le ragioni
della protesta.
C’è però un tema su cui
vale la pena riflettere, e cioè
la progressiva restrizione
degli spazi concessi al dis-
senso. A ben vedere, infatti, i
portuali hanno evitato trap-
pole, ma hanno comunque
subito un ricatto. Perché
hanno rinunciato al corteo?
Semplice: perché hanno ca-
pito che la responsabilità di
eventuali scontri con la poli-
zia sarebbe inevitabilmente
stata addossata a loro. Ecco il
messaggio che arriva dal si-
stema politico mediatico:
non importa se protestate
pacificamente, qualora av-
vengano violenze sarà co-
munque colpa vostra.
Nei giorni scorsi, in alcuni
talk show, abbiamo sentito
giornalisti pronti a sostene-
re che i portuali avrebbero
dovuto mettere in piedi un
servizio d’ordine, come fece
il sindacato negli Anni di
piombo. Altri hanno propo-
sto di addebitare ai manife-
stanti eventuali danni a piaz-
ze e strade. Si tratta, ovvia-
mente, di richieste che non
sono mai state avanzate
quando a calare nelle città
erano gli antagonisti, i quali
da sempre teorizzano e pra-
ticano la violenza come for-
ma di lotta politica, giudi-
candola legittima anche sul
piano filosofico. In realtà, la
tutela dell’ordine pubblico
non spetta ai cittadini che
manifestano, bensì allo Sta-
to. Anzi: lo Stato deve garan-
tire l’incolumità anche di chi
esprime critiche e contesta-
zione. Proprio per questo le
sfilate e i cortei vengono au-
torizzati dalle istituzioni: si
trova un compromesso che
eviti la distruzione dello spa-
zio pubblico e, allo stesso
tempo, consenta la legittima
espressione della protesta.
Oggi, però, assistiamo alla
costante criminalizzazione
del dissenso. Prima di tutto,
viene praticata in maniera
estensiva la cosiddetta re -
ductio ad Hitlerum. Di che si
tratti lo ha ben spiegato An-
drea Zhok in Critica della
ragione liberale. Una volta
stabilito apoditticamente
che il nazismo sia il male
assoluto, «trovare il modo,
nel corso di un’a rgo m e nta -
zione, di associare un tema,
un argomento, un termine
altrui al nazismo hitleriano
consente di ottenere una vit-
toria dialettica, mettendo
l’altro in una posizione dove
gli argomenti diventano im-
potenti, coperti da anticipa-
to discredito». Così è andata
a Roma: migliaia di persone
protestano, ma 200 militanti
di Forza nuova (o comunque
riconducibili a essa) trasfor-
mano tutta la protesta in «fa-
scista», e tanto basta per
screditarla e per giudicare
inaccettabili le istanze di chi
critica il governo.
Il discorso sul fascismo,
tuttavia, è un po’ u su rato,
dunque lo si sta sostituendo
con un altro leggermente più
generico. Si indica come ma-
le assoluto «la violenza», poi
si compie la stessa operazio-
ne: si accusa chi protesta o
critica di favorire/avere lega-
mi/supportare i violenti. In
questa maniera, di nuovo, il
dissenso viene sminuito o
screditato. La categoria di
violenza è volutamente fu-
mosa: chi è il violento? Chi
mena e distrugge? Chi usa
parole forti e grida? Chi in-
sulta? Chi spara con un
idrante un getto d’acqua in
faccia a un manifestante se-
duto? All’interno della ma-
nipolazione del diritto a cui
assistiamo, tutto - potenzial-
mente - può essere giudicato
violento. Basti pensare a ciò
che ha detto l’altro giorno in
Parlamento Luciana Lamor-
ge s e: ha deprecato il «carat-
tere sfidante della protesta,
intenzionata a non fermar-
si». Beh, caro ministro, se la
protesta non fosse «sfidan-
te» non sarebbe protesta.
A quanto pare, è proprio
qui che si vuole arrivare: al-
l’eliminazione totale della
protesta. Pensateci: se con-
testi la gestione della pande-
mia sei un no vax; se critichi
il governo (dal Parlamento)
sei un fascista e se è acclara-
to che non sei fascista allora
- come ha detto un altro mi-
nistro - sei «sovranista» e vai
martellato ugualmente; se
eserciti il tuo diritto costitu-
zionale a non vaccinarti sei
un sabotatore che merita di
essere discriminato e ridot-
to alla fame; se vai in piazza
a urlare slogan sei un violen-
to; se ti siedi per terra a sgra-
nare il rosario sei un violen-
to lo stesso perché potresti
aizzare altri, dunque ti me-
riti di essere spazzato via. Il
ricatto è perenne, sempre
più smaccato e sempre più
s o f fo c a nte.
L’opposizione parlamen-
tare, se vuole avere il diritto
di svolgere il suo compito,
deve prestarsi ad assurde
abiure (ma resta comunque
colpevole). I contestatori, se
vogliono scendere in strada,
d e vo n o p re o c c u p a r s i d i
prendere le distanze da chis-
sà quali movimenti aggressi-
vi, e ancora non basta. Il ri-
sultato finale è, appunto,
l’azzeramento degli spazi di
libertà. Dalla sorveglianza si
è passati all’auto s o r veg l i a n -
za e all’autocensura: al citta-
dino non si impone esplici-
tamente l’obbligo vaccinale,
lo si mette nelle condizioni
di dover «scegliere» il vacci-
no, come se fosse una sua
decisione e non un obbligo
surrettizio; al manifestante
non è vietato marciare, lo si
mette nelle condizioni di
evitare la piazza; al dissen-
ziente non è impedito di par-
lare, gli si fa capire che è
meglio se sta zitto. Per l’en-
nesima volta, si scarica tutto
sul popolo: la responsabilità
dei contagi, del controllo so-
ciale, della campagna vacci-
nale, della ripresa economi-
ca mancata, dei danni all’ar-
redo urbano. Non c’è oppres-
sione: c’è una coercizione
m a s c h e rata .
Amici portuali, fate un ge-
sto contro la violenza: spara-
tevi gli idranti in faccia da
soli, uscite nel parcheggio e
testate in autonomia la forza
ondulatoria della vostra au-
to. E, mi raccomando: se vi
viene un brutto pensiero sul
governo, correte in questura
ad autodenunciarvi: non do-
vete invocare la Costituzio-
ne, ma costituirvi.
Nessun commento:
Posta un commento