STUPIDA RAZZA

sabato 23 ottobre 2021

Truccano i dati per prolungare l’emergenz a

 

Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario del Galeazzi di Milano, tra le più note virostar italiane, è entrato in modalità Massimo Decimo Meridio. Con l’elmo sottobraccio, tenta di motivare la truppa: «Ora ci aspetta una nuova battaglia», dichiara al Fa tto Q uo tid ia n o. Già, cari compagni, a breve dovremo affrontare il «colpo di coda del virus», e speriamo di non ritrovarci nei Campi Elisi. Il gladiatore della virologia ribadisce il concetto da giorni: «Ora siamo in fase calante ma arriverà l’i nve r n o, freddo, più vita al chiuso, influenza stagionale, altre infezioni respiratorie. Tutti elementi che creeranno un po’ di a g i ta z io n e » . A dirla tutta, a creare agitazione ci sta abbondantemente pensando Preg l i a s c o che, come molti altri suoi colleghi, assicura: «Avremo a che fare con il Covid ancora per qualche anno, anche se il virus diventerà molto probabilmente endemico». È proprio questa idea del «qualche anno» a suscitare un vago senso di terrore. Perché, traducendola in pratica, si ottiene uno scenario inquietante: un «fine siero mai» con contorno di sorveglianza esercitata tramite lasciapassare verde e altre amenità del genere. Ormai è evidente più o meno a tutti, persino agli stessi promotori, che il pass non serva. Mario Draghi si è complimentato con sé stesso dichiarando che la campagna vaccinale ha dato «risultati molto soddisfacenti». Tuttavia i dati, come il nostro direttore Mau - rizio Belpietro scrive da giorni, raccontano una storia diversa. Martedì le terze dosi sono state oltre 55.000, contro 36.000 prime dosi. In sostanza, ci sono sempre meno persone disposte a vaccinarsi. Il cosiddetto zoccolo duro contrario alla puntura non ha intenzione di mollare. Certo, i corifei del regime sanitario gongolano ugualmente, vantandosi dell’e l evato numero di green pass scaricati negli ultimi giorni. Di nuovo, guardiamo i dati di martedì: su 800.000 tessere verdi, circa 600.000 derivano da tamponi. Sono le cifre di un fallimento: il lasciapassare è nato come obbligo vaccinale surrettizio, ma non ha fatto aumentare le vac c i n a z io n i . Ascoltando il professor Pre - g li as co, poi, scopriamo che non serve neppure ai fini del tracciamento. «Continuiamo a monitorare una quota a parte della popolazione, di fatto testiamo sempre gli stessi», spiega il virologo. «Non è proprio la condizione migliore: un tracciamento va fatto su base casuale». A queste considerazioni potremmo aggiungerne u n’altra: visto che chi ha il lasciapassare non è tenuto a tamponarsi, può persino darsi che i casi di positività siano molto più elevati di quelli effettivamente emersi (lo ha suggerito Andrea C r i s a nti ). Dunque, nuovamente, dobbiamo constatare l’inutilità della tessera verde. Ma ecco che, per giustificare la persistenza della restrizione, arriva Preg l i a s c o Deci - mo Meridio a evocare la nuova battaglia. Proviamo a seguire il suo ragionamento. Prima il dottore biasima gli inglesi per aver aperto tutto senza precauzioni. Ora, dice, si ritrovano con tantissimi contagiati. L’Italia, continua, ha invece seguito la linea «della prudenza». Il senso è chiaro: non siamo ridotti come gli inglesi perché abbiamo il green pass. Bene, ma allora perché, nella frase successiva, Preg l i a s c o spie - ga che i contagi aumenteranno anche qui? In pratica, egli dice: dobbiamo tenere il lasciapassare perché altrimenti finiremo come gli inglesi. Poi però spiega che, in realtà, come gli inglesi rischiamo di finirci lo stesso, anche con il green pass. Capolavoro di logica: la carta verde non funziona, ma dobbiamo tenerla nella speranza che abbia effetti che sappiamo già non avrà. Allo scopo di mantenere in vigore la discriminazione sanitaria, in ogni caso, occorre mantenere il doppio binario retorico: da un lato si magnificano i successi delle politiche governative; dall’altro si instilla ancora il terrore di un «colpo di coda» della pandemia. In questo modo, oltre a sostenere il lasciapassare, si può anche cominciare a far entrare nella zucca degli italiani l’idea che la terza sia necessaria (e magari pure la quarta e via di seguito ) . A questo scopo, i nostri guerrieri sanitari citano spesso il cumulo di morti accumulati dall’inizio della pandemia. Posto che molti si sarebbero potuti evitare se il ministero della Salute avesse seguito le linee guida internazionali (piani pandemici) e avesse spinto sin dall’inizio sulle cure precoci, anche su questo tema vale la pena dare un’o c c h i ata ai dati. Come ha notato ieri sul Te m p o Franco B e ch i s (e come vari osservatori a partire da Claudio Borghi scrivevano da un po’), i numeri forniti dall’Istituto superiore di sanità rivelano che solo il 2,9% dei 130.468 decessi registrati a partire da febbraio 2020 sarebbe dovuto ai soli effetti del virus. Quindi 3.783 persone avrebbero perso la vita causa Covid, mentre le restanti sarebbero state portate via da un accumulo di patologie. Il 67,7% dei defunti, infatti, pare avesse tre malattie in contemporanea, il 18% almeno due. Ipertensione arteriosa, demenza, diabete, fibrillazione atriale, malattie polmonari, cancro, scompensi e cardiopatie, obesità: chi si è preso il Covid soffrendo di alcuni di questi mali, alla fine non ce l’ha fatta. Se ci soffermiamo soltanto sulle persone «sane in partenza», i numeri dei morti sono quelli di una brutta influenza. Figuriamoci, non vogliamo mica mettere in dubbio la pericolosità del virus o tirare acqua al mulino terrapiattista, per carità. Ci limitiamo a notare che la narrazione messa in campo fino a ora comincia seriamente a mostrare la corda. Ci viene detto che grazie al green pass abbiamo riaperto (ed è falso), ma contemporaneamente ci informano che lo stesso green pass non eviterà nuovi disastri, per cui occorre mantenerlo benché inutile. Si prosegue a evocare lo spauracchio dell’ecatombe e, parallelamente, si getta un’ombra di sospetto sulle cure, persino quelle approntate da fior di specialisti. Si sostiene che con il virus bisogna imparare a convivere, ma intanto limiti, restrizioni e discriminazioni persistono, se ne stanno lì pronti a essere attivati. Tutto concorre a produrre una sorta di realtà artificiale in cui la popolazione è totalmente in balia dell’esecutivo, il quale può decidere se allungare o meno la catena, però mantiene sempre ben stretto il collare. Futuro distopico? Magari no. Ma un po’ dispotico sì.

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