STUPIDA RAZZA

venerdì 18 marzo 2022

Bond pagati in dollari Mosca scansa l’ombra del default

 

 La Russia scansa all’ultimo il default sovrano. Ieri sera Mosca ha pagato le cedole obbligazionarie denominate in valuta americana del valore di 117 milioni di dollari. Fino all’ultimo c’erano stati grandi dubbi sulla capacità della Russia di pagare i bond in valuta estera, tanto che il ministro delle finanze russo A nto n S i lua n ov aveva già fatto sapere che, in seguito alle sanzioni, l’ex Unione sovietica sarebbe stata pronta a pagare in rubli decretando di fatto il default della nazione. In realtà, il pagamento di 117 milioni non dovrebbe costituire un problema per uno Stato in salute, non si tratta di una cifra particolarmente onerosa. Il problema è che in molti davano (e danno) Mosca per s pac c i ata . Il motivo è chiaro: le riserve monetarie russe in dollari sono al minimo storico a causa delle sanzioni imposte per contrastare l’invasione ucraina ed è solo questione di tempo, se la crisi continuerà, prima che lo Stato finisca a gambe all’aria. Il pagamento è avvenuto ieri intorno alle 19, alle 21 ora di Mosca. Ma, cosa sarebbe successo se il governo russo non avesse pagato in dollari? Come ha fatto notare l’a ge n z i a di rating Fitch, in caso di mancato pagamento, sarebbe scattato un periodo cuscinetto di 30 giorni dopo il quale le due obbligazioni sarebbero state declassate a D con il rating in valuta estera a lungo termine della Russia portato a «Restricted Default». Quello che è certo è che la più grande nazione al mondo per estensione è a corto di valuta estera e, nonostante il pagamento avvenuto nelle ultime ore di ieri, ha ormai a disposizione le ultime cartucce prima di fallire. D’altronde, questa non è la prima volta che Mosca vede da vicino il rischio di un default. Il primo fallimento in valuta estera è avvenuto quando i bolscevichi hanno rifiutato di servire o riconoscere i debiti dello zar un secolo fa. Inoltre, nel 1998, la Russia è andata in default sul debito in valuta locale e ha dichiarato una moratoria sui pagamenti delle sue obbligazioni in valuta estera. Oggi, a causa delle sanzioni, il rischio è tornato a essere molto concreto. Anche perché - e questo vale per tutte le cedole in valuta estera - nessuno vuole prestare denaro in una valuta forte come il dollaro americano per poi vedersi ripagare in rubli, una moneta che nell’ultimo meso ha ceduto il 47% rispetto ai biglietti verdi dello Zio Sam: solo un mese fa per avere un dollaro bastavano 73 rubli, oggi siamo intorno ai 100. Ieri, insomma, la Russia si è slavata in extremis, ma non è dato sapere per quanto tempo riuscirà a tenere fede ai suoi impegni nel reddito fisso. La scelta di invadere l’Ucrai - na, insomma, sta costando caro alle tasche della Russia. Come ha reso noto Fitch, già prima della scadenza obbligazionaria di ieri, i bond russi avevano un rating basso, il C, coerente con l’incapacità della Russia di pagare agli investitori stranieri le cedole delle obbligazioni in valuta locale che erano in scadenza il 2 marzo s c o r s o. Il problema, però, è che queste obbligazioni sono spesso in pancia a società di gestione del risparmio europee o americane e, come spesso accade, le sanzioni comminate alla Russia hanno sempre una ripercussione sul mondo occidentale In particolare, il gruppo americano Pimco, parte della galassia Allianz, ha diversi miliardi di dollari di debito russ o. Come ha spiegato il Finan - cial Times, l’asset manager avrebbe un miliardo di dollari di derivati e 1,5 miliardi in debito sovrano russo, dopo aver puntato sul fatto che Mosca passerà questa crisi, sotto il profilo finanziario. Il problema, però, è che questi prodotti di reddito fisso fanno parte di fondi comuni di investimento acquistati dai risparmiatori italiani. In poche parole, chi più chi meno, anche gli investitori ne pagheranno le conseguenze. La maggior parte di questi bond, come spiega il quotidiano inglese, si trova nel fondo da 140 miliardi gestito dal capo degli investimenti di Pimco, Dan Ivascyn, insieme ad A lfred Murata e Joshua Anderson. Gli altri prodotti esposti al rischio russo sono il fondo obbligazionario Total Return, il Diversified Income e il Low Duration Income. Ma non c’è solo Pimco, le obbligazioni russe sono presenti anche in prodotti di abrdn, Carmignac, AcomeA, Vontobel, Invesco, M&G, Aviva, Capital Group, Credit Suisse, Franklin Templeton e chi più ne ha, più ne metta. Tutte società di gestione del risparmio che hanno fatto di tutto per mettersi al riparo dalla crisi russa il più in fretta possibile cercando di limitare i danni.

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