STUPIDA RAZZA

giovedì 31 marzo 2022

Capolavoro americano: nasce il blocco Russia-Asia

 

Pur con qualche difficoltà, le re s p o n sabi l i tà occidentali e in particolare statunitensi nel divampare della crisi ucraina sono state analizzate a fondo, e da qualche giorno aleggia un nuovo interrogativo. Sono in molti a chiedersi quale sia il gioco dell’am m i ni s tra z ion e Biden e se sia effettivamente intenzionata a far cessare il conflitto. Forse, tuttavia, conviene allargare ulteriormente la visuale, e domandarsi se - dopo tutto - Kiev e dintorni non siano che un tassello di un grande mosaico bellico il cui intero disegno è per lo più nascosto. Certo, non è particolarmente originale sostenere che il vero scontro in atto sia quello tra Stati Uniti e Cina. Meno scontato, però, è esaminare i dettagli di questa partita e rendersi conto degli sconfortanti risultati ottenuti da B id e n . Nelle scorse settimane è circolata la tesi secondo cui l’obiettivo di Washington sarebbe stato l’allentamento dei legami fra Russia e Cina. Si pensava che - non potendo rinunciare ai rapporti commerciali con l’Occidente - Pechino non avrebbe mollato l’alleato moscovita, ma non avrebbe comunque fornito un sostegno di grande portata. Ecco, ammesso che questo fosse davvero lo scopo americano, non è stato per niente raggiunto. Una decina di giorni fa, Joe Biden eXi J i n pi n g hanno avuto una lunga telefonata, al termine della quale il presidente cinese ha dichiarato che «le guerre non sono nell'interesse di nessuno e la crisi ucraina è qualcosa che non avremmo mai voluto vedere». B id e n , dal canto suo, ha esibito toni vagamente minacciosi, dichiarando che ci sarebbero state «implicazioni e conseguenze» qualora la Cina avesse aiutato la Russia. Ebbene, nemmeno le uscite a muso duro hanno sortito grandi effetti. Anzi. Giusto ieri il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha incontrato il collega cinese Wang Yi a Tunxi, in Cina. L’agenzia Interfax ha diffuso il comunicato finale congiunto: «Sullo sfondo di una complicata situazione internazionale», si legge nella nota, «Russia e Cina continuano a rafforzare i partner strategici e a parlare con una sola voce negli affari globali». Non solo: le due nazioni hanno deciso di «rafforzare il coordinamento politico estero» e «ampliare i contatti bilaterali e multilaterali». Insomma, la compattezza dell’unione fra orso e dragone non sembra essere in discussione. Di più: l’asse Cina-Russia può contare sull’appoggio di una serie piuttosto nutrita di alleati esterni. Al centro della riunione di Tunxi c’era il futuro dell’Afghanistan, e al tavolo erano seduti pure i rappresentanti di nazioni quali Pakistan, Iran, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Scherzando con il pakistano Sh ah Mahmood Qureshi, L av rov ha pronunciato parole interessanti: «Quelli che hanno provato a fare dell’Afghanistan il centro della politica mondiale ora cercano di rimpiazzare l’Afghanistan con l’Ucraina. E capiamo tutti che cosa significhi» (grandi risate dei presenti). Di sicuro sappiamo che cosa significano per l’Eu ro pa queste esternazioni: che esiste un fronte piuttosto ampio il quale non gradisce per nulla la politica statunitense. Un fronte che sia i russi sia i cinesi stanno cementando con perizia. Come ha riportato il quotidiano cinese Pe o p le ’s Daily, tra il 22 e il 23 marzo la Cina «ha partecipato alla quarantottesima sessione del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Orga - nizzazione per la cooperazione islamica (Oic), tenutasi a Islamabad, in Pakistan. Il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri Wang Yi ha partecipato alla sessione su invito speciale dell’Oic. È stata la prima volta che la Cina è stata invitata a partecipare al forum di alto livello dell’Oic». Nei giorni appena successivi, inoltre, il ministro cinese ha incontrato le controparti indiane. In buona sostanza, si stanno vedendo (pubblicamente) e stanno rinsaldando i rapporti tutti coloro che all’Onu non hanno votato contro l’op era - zione militare russa in Ucraina. Il che ridimensiona notevolmente la lettura euroatlantica secondo cui «Mosca è isolata e Puti n è un paria». C’è poi un’altra prospettiva da tenere in considerazione. Forse l’amministrazione Biden non ha affatto cercato di staccare la Cina da Puti n per avvicinarla all’Occidente. Al contrario, sta provando ad alzare il livello dello scontro con Pechino immaginando un futuro di conflitto più aperto. In questo senso, l’asse Russia-Cina potrebbe essere mediaticamente rivenduto come una sorta di nuovo «Asse del Male». Continuano, poi, da parte americana, i paragoni fra l’Ucraina e Taiwan, anche se si tratta di due situazioni completamente differenti. Anche su questo versante non arrivano segnali incoraggianti. Martedì il ministero degli Esteri di Pechino ha dichiarato che «gli Stati Uniti non sono riusciti e non riusciranno a utilizzare Taiwan per contenere la Cina appoggiando le forze di “indipendenza di Taiwa n” con il pretesto della “de - moc razi a”». Perché questa uscita? Semplice, perché sull’isola si è presentato Da m o n Wilson, signore sconosciuto ai più il quale è a capo di una organizzazione non governativa chiamata National Endowment for Democracy. Gli osservatori più inclini al complottismo la considerano emanazione della Cia, quelli appena maliziosi ricordano il ruolo che questa organizzazione ha svolto proprio in Ucraina, con la rivoluzione arancione prima e con la preparazione del terreno per Maidan poi (curiosamente, sul sito del Ned le informazioni sull’azione su Kiev sono evaporate). A Pechino la presenza di Wilson a Taiwan non è certo sfuggita. «Il Ned, sostenendo di essere non governativo e senza scopo di lucro, è stato a lungo finanziato dal Congresso degli Stati Uniti e dalla Casa Bianca e si è impegnato in atti vergognosi come l’infiltrazione, la sovversione e la distruzione dei regimi di altri Paesi», hanno dichiarato le autorità cinesi, aggiunge che «l’organizzazione è dietro “ri - voluzioni colorate”, disordini e violenze, come la “rivoluzio - ne arancione” in Ucraina, la “rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia e disordini sugli emendamenti legislativi a Hong Kong». Tirando le somme, tocca notare che il primo risultato di B id e n è il compattamento dello schieramento che potremmo definire «russo-asiatico», e per l’Europa non è proprio una notizia positiva. Quello che dobbiamo temere di più, in ogni caso, è il secondo risultato possibile, e cioè l’apertura di una nuova crisi che coinvolga direttamente la Cina, già stuzzicata sull’Ucraina. Ritorna allora la grande domanda: ma il vecchio Joe vuole far finire la guerra nel cuore dell’Europa o vuole farla proseguire e nel frattempo iniziarne un’a l tra?

Nessun commento:

Posta un commento