Solo una famiglia su due riceverà l’assegno unico entro la fine di marzo. Tutte le famiglie, però, devono fare i conti già da questo mese con il taglio dei “vecchi” aiuti per i figli. I primi a imbattersi negli effetti del nuovo contributo sono i 17,7 milioni di lavoratori dipendenti che in questi giorni ricevono le buste paga. «I cedolini di marzo riservano diverse sorprese e, in moltissimi casi, non positive», afferma Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi Consulenti del lavoro. Il debutto dell’assegno unico incrocia infatti la partenza ufficiale della riforma Irpef, cioè la revisione di aliquote e scaglioni, che però potrà mitigare solo in parte gli importi netti più bassi percepiti dai genitori. Basta guardare lo stipendio di un operaio con coniuge e due figli minori a carico (l’esempio in grafica). La retribuzione netta, che a marzo 2021 è stata di 1.974 euro, questo mese scende a 1.668 euro. Vale a dire 306 euro in meno in busta paga, a fronte di un (potenziale) assegno unico da 350 euro, che spetterebbe ipotizzando un Isee del nucleo familiare da 11mila euro. Lo stesso operaio, però, a marzo potrà vedersi accreditato il nuovo contributo sul conto corrente solo se ha fatto domanda all’Inps entro fine febbraio. Insomma: a chi non si è mosso per tempo resta (per ora) solo il taglio delle agevolazioni; con la possibilità di recuperare gli arretrati dell’assegno facendone richiesta entro fine giugno. In queste ore uffici del personale, sindacati e consulenti del lavoro si preparano a raccogliere lo sconcerto dei tanti lavoratori che non hanno ancora compreso la portata dell’intervento: non sarà facile spiegare loro il mix di ritocchi che dà forma al nuovo importo netto più snello. Tra elementi positivi e negativi Assegno al nucleo familiare (Anf). Detrazione per i figli a carico minori di 21 anni. Bonus Renzi-Gualtieri di 100 euro. Nel mix di interventi sono queste le tre voci che vengono cancellate dai cedolini di marzo. Le prime due vengono di fatto “assorbite” dal nuovo assegno unico. La terza è il trattamento integrativo ex legge 21/2020, che nella fascia di reddito tra 15mila e 28mila euro – in cui si colloca l’operaio del nostro esempio – viene riconosciuta solo se la somma di alcune detrazioni (per carichi di famiglia, da lavoro dipendente, per interessi passivi, spese sanitarie rateizzate, lavori edilizi, eccetera) risulta superiore all’imposta lorda. Ma questa verifica finale potrà avvenire giocoforza solo con il 730 del prossimo anno; quindi gli importi saranno eventualmente regolati nelle buste paga di luglio 2023. A continuare a ricevere in automatico il trattamento integrativo, invece, sono i dipendenti con reddito fino a 15mila euro. Se questi sono gli elementi “penalizzanti”, ce ne sono altri che al contrario contribuiscono ad alzare il netto in busta paga. In primo luogo la nuova aliquota effettiva Irpef, che nell’esempio passa dal 24,28 al 23,65 per cento. In secondo luogo la modifica della formula di calcolo delle detrazioni per lavoro dipendente. Infine la decontribuzione dello 0,8% (valida per il solo 2022), applicata purché l’imponibile parametrato su 13 mensilità non superi i 2.692 euro. Il fattore Isee L’incrocio tra riforma Irpef e assegno unico non agisce per tutti allo stesso modo. «Dai calcoli effettuati nelle scorse settimane emerge chiaramente come vengano premiati soprattutto i redditi medio-alti», aggiunge De Luca. Sulle famiglie con redditi più bassi, in particolare quelle con figli, l’effetto della nuova Irpef viene ridimensionato in busta paga dal taglio degli aiuti alla famiglia. Ed è solo sommando anche l’impatto dell’assegno unico che può realizzarsi quell’«azione redistributiva» sottolineata dal Mef (nota n. 6 del 20 gennaio 2022). Ma qui entra in gioco anche il fattore Isee, che può nascondere delle insidie. «A parità di situazioni reddituali e familiari, un Isee più alto, condizionato ad esempio dalla presenza di immobili di proprietà, può determinare un rilevante peggioramento delle entrate mensili complessive», spiega Paolo Mancini, esperta di politiche familiari per la Fondazione studi Consulenti del lavoro. La platea e i ritardatari Dal 23 marzo sono iniziati gli accrediti degli stipendi per 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Da oggi cominciano ad aggiungersi quelli per i 14,5 milioni di lavoratori del settore privato. L’arrivo di una busta paga più leggera potrebbe risvegliare parte dei 3,5 milioni di nuclei familiari che a fine febbraio non avevano ancora fatto domanda per l’assegno unico. Su sette milioni di famiglie interessate secondo le stime del Governo, a muoversi per tempo sono stati infatti solo tre milioni. Altre 445mila famiglie, invece, sono quelle che già beneficiano del reddito di cittadinanza, a cui l’Inps erogherà direttamente gli importi spettanti non prima di aprile: perché manca ancora la circolare con le istruzioni operative.
Come impatta il nuovo
assegno unico sulle buste
paga di marzo?
A partire da questo mese
l’assegno unico è stato
erogato dall’Inps a chi ne ha
fatto richiesta entro fine
febbraio, andando a
sostituire le altre misure di
sostegno alle famiglie con
figli a carico, a prescindere
dall’occupazione dei genitori
(dipendenti, autonomi,
disoccupati, incapienti).
Per i genitori lavoratori
dipendenti, dunque, dalle
buste paga di marzo
spariscono alcune voci: oltre
al “vecchio” Assegno al
nucleo familiare (Anf), anche
la detrazione per i figli a
carico minori di 21 anni
(incluse le maggiorazioni per
figli minori di tre anni e per
quelli con disabilità) e la
detrazione per famiglie
numerose. In più vengono
cancellati altri aiuti erogati
dall’Inps, come il premio alla
nascita (o adozione) e il
bonus bebè. Resta vivo il
bonus nido.
Le modifiche in busta paga
valgono anche per chi non
ha chiesto l’assegno?
Sì, queste voci vengono
eliminate per tutti. Le
somme che prima erano
riconosciute o anticipate dal
datore di lavoro in busta
paga vengono infatti
“assorbite” definitivamente
dal nuovo assegno unico,
anche per chi ancora non lo
ha richiesto.
Vengono cancellate tutte
le detrazioni per i familiari?
No. Restano la detrazione
per il coniuge a carico e
quella per i figli a carico con
età uguale o superiore a 21
anni. Inoltre, per i figli under
21 – anche se non spettano
più le detrazioni per figli a
carico – continuano a valere
detrazioni e deduzioni
previste per oneri e spese
sostenute nel loro interesse.
Oltre a quelle per i carichi di
famiglia, ci sono altre
modifiche nei cedolini?
Sì, sulle buste paga impatta
anche la nuova Irpef:
cambiano le aliquote (che
passano da cinque a quattro
scaglioni); sparisce il bonus
Renzi-Gualtieri di 100 euro,
assorbito nella detrazione
per lavoro dipendente con
l’eventuale aggiunta del
trattamento integrativo per i
lavoratori incapienti; si
alleggerisce il prelievo
contributivo (per il 2022 c’è
la decontribuzione dello 0,8
per cento).
Anche la riforma Irpef
è scattata a marzo?
La riforma delle aliquote e
degli scaglioni Irpef è
entrata ufficialmente in
vigore il 1° gennaio 2022.
I primi cambiamenti, quindi,
si sono visti già sui cedolini
di gennaio, ma a marzo ci
sono le variazioni più
evidenti. Anche se il Fisco
dà comunque tempo ai
datori fino ad aprile per
applicare le novità 2022,
facendo poi «un conguaglio
per i primi tre mesi»
(circolare 4/E/2022).
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