Alla guerra sul campo in Ucraina, si affianca quella scatenata dal Cremlino verso le aziende energetiche di “Paesi ostili”, con l’ultimo annuncio del Presidente russo Vladimir Putin di obbligare al pagamento in rubli tutti gli acquirenti, soprattutto europei, di combustibili fossili, in particolare gas e petrolio. La Russia sarebbe in procinto di adottare un atto normativo con un doppio effetto: imporre alle imprese dell’energia, controllate per lo più da Stati, di versare, in cambio di gas e petrolio, essenziale per molti Paesi europei, gli importi in rubli e, al tempo stesso, obbligare le aziende russe a incassare solo nella moneta sovrana russa. L’obiettivo è duplice: da un lato politico/ simbolico con un tentativo di piegare così le aziende operative in Stati Ue all’utilizzo del rublo e aggirare le sanzioni imposte sulla Russia e, dall’altro lato, economico favorendo l’apprezzamento del rublo, in caduta libera a seguito delle misure finanziarie ed economiche che Mosca proverebbe così ad arginare. Se il Cremlino andasse avanti su questa strada, con un cambiamento unilaterale, in via diretta o indiretta, dei contratti, si avrebbero effetti immediati sulla fornitura di gas, ma anche a lungo raggio con un intrigo giudiziario con al centro l’adempimento dei contratti internazionali di fornitura conclusi da società di “Paesi ostili”, tenuti alla prestazione monetaria e aziende russe tenute alla fornitura di gas e petrolio. Con una serie di problemi da risolvere: individuazione dei contraenti non così scontata perché potrebbe trattarsi sia di società di diritto russo sia con sede in altri Stati; individuazione del giudice competente; legge da applicare e norme di applicazione necessaria. Per quanto riguarda i contratti internazionali, non c’è dubbio che sia necessaria una verifica caso per caso. In via generale, questi contratti prevedono non solo la specifica prestazione e le modalità di esecuzione ma, tra queste ultime, anche la valuta nella quale il destinatario della fornitura deve effettuare il pagamento. A seguito dell’annuncio russo, sia i Governi di molti Stati, sia i vertici delle aziende hanno già comunicato che i contratti in vigore tra aziende europee operative nel settore dell’energia e aziende russe, con al centro una prestazione di fornitura di gas e petrolio, individuano l’euro o il dollaro come valuta nella quale corrispondere gli importi. Se fosse presente una clausola con la scelta della valuta, il cambiamento unilaterale e non rinegoziato dalle parti comporterebbe una modifica delle modalità di prestazione contrattuale e, quindi, una violazione del contratto e una responsabilità del contraente russo per inadempimento. Tuttavia, andrebbe anche valutato l’impatto della norma interna russa che, in sostanza, impone per legge quella modifica contrattuale e che, pertanto, potrebbe essere considerata o come norma di applicazione necessaria o come norma che regola le modalità di esecuzione imposte dallo Stato, con conseguente incidenza sulla originaria clausola concordata dalle parti. Dai singoli contratti potrebbe arrivare anche la soluzione sull’individuazione del giudice competente a risolvere eventuali controversie sui cambi di valuta, aspetto essenziale anche per l’effettività dei provvedimenti e gli accertamenti delle responsabilità. La valutazione, anche in questa ipotesi, va fatta caso per caso, anche se è facile presumere che non sia stato indicato il giudice dello Stato dei contraenti e che sia stata inclusa una clausola arbitrale, ad esempio indicando, come avvenuto in altre occasioni, la Camera arbitrale commerciale di Stoccolma, probabilmente accompagnata dall’individuazione della legge da applicare. Se le parti non hanno indicato la legge toccherà al collegio arbitrale individuare le norme applicabili alla controversia, che esso ritenga più appropriate. Non è da escludere, in via di ipotesi e nei limiti dell’oggetto della controversia, che possa venire in rilievo la legge russa come legge dello Stato di pagamento. In tutto ciò occorre poi stabilire se il contratto di fornitura vede come contraenti società di diritto russo o società con sede in altri Stati. Va detto, però, che è necessario considerare separatamente le conseguenze giuridiche dell’inadempimento contrattuale e delle responsabilità dei contraenti rispetto a quelle pratiche. In quest’ultimo caso, infatti, almeno per il periodo in cui continua a essere in corso il conflitto, le aziende potrebbero/dovrebbero rifiutarsi di pagare in rubli ma, dall’altro lato, potrebbe essere rifiutata la fornitura, in violazione del contratto, ma con scarsi mezzi per ottenere il suo effettivo rispetto, almeno in via immediata. Ed è difficile che le imprese europee cedano, anche in considerazione degli effetti politici che questo potrebbe avere e degli effetti giuridici su questi e altri contratti.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento