STUPIDA RAZZA

domenica 20 marzo 2022

«Uscire dalla guerra si può soltanto se si tratta sul gas»

 

Demos tenes Floros è senior energy economist presso il Cer-Centro Europa ricerche di Roma. E autore di Guerra e pace dell’e n e rg ia ( D i a rko s ) . Professore, sembra che si stia combattendo una «gue r - ra del gas». Possiamo fare a meno di quello russo? «Per capire che stia accadendo dobbiamo fornire qualche dato. Il gas naturale nel 2020 ha soddisfatto circa il 25% dei consumi energetici dell’Ue, dato che per il nostro Paese sale al 41%. L’Ue e l’Ita - lia hanno importato circa il 40% del loro fabbisogno dalla Federazione russa, nostro primo fornitore.Nel 2021 ci ha fornito 185 miliardi di metri cubi di gas (all’Europa intera), con un aumento del 5,6% rispetto al 2020. Dati che mostrano come molto difficilmente potremo fare a meno del gas della Federazione russa, anche nel medio periodo». I prezzi stanno aumentando da prima della crisi ucraina. Colpa della Russia? «I prezzi aumentano dal marzo 2021 per tre motivi: ragioni di mercato, di geopolitica e transizione ecologica. Quella su cui mi focalizzo di più riguarda il cambio dei contratti di acquisto del gas, avvenuto per esplicita volontà dell’Ue. I russi ci hanno da subito sconsigliato di siglare contratti cosiddetti gas to gas sul breve e brevissimo periodo, perché questo avrebbe potuto comportare un aumento dei prezzi. Gazprom ci aveva anticipato che sarebbe stato un disastro. Questi contratti li fanno gli Usa, che però sono tendenzialmente indipendenti energeticamente, mentre noi dipendiamo al 60% dall’e s te ro » . L’Italia ci ha anche messo del suo per farsi male da sola. «Non ci troveremmo in queste condizioni se non ci fosse stata la cancellazione di South Stream, il gasdotto che doveva unire Russia e Italia tramite il Mar Nero e che avrebbe fornito 63 miliardi di metri cubi di gas. Ci avrebbe reso l’hub gasiero d e ll ’Europa centro-meridionale, e sarebbe stato complementare a Nord Stream». Ma… «Ma è saltato, a contratti già firmati, per le pressioni americane sulla Bulgaria. E Nord Stream 2, che unisce Russia e Germania, ha raddoppiato la capacità di trasporto». Ora però è bloccato. «Era già bloccato prima per ragioni burocratiche che sarebbero state presto risolte, ma la guerra ha fermato tutto. Quando finirà - speriamo il prima possibile - l’Italia sarà senza South Stream, e la Germania avrà due gasdotti e sarà l’hub del gas russo per tutta l’Europa. Ripeto: non potremo fare a meno del gas russo, a meno di non voler distruggere la nostra manifattura». Quindi siamo nei guai. « L’Italia ha un vantaggio: può contare su una ampia diversificazione, ma non è sufficiente a permettere la sostituzione totale delle importazioni dalla Russia, cosa che il ministro Roberto Cingolani aveva inizialmente fatto balenare. La produzione di gas europea è in calo da 15 anni, e ad aprile l’Olanda prenderà la decisione finale sulla chiusura di Groningen, il principale polmone di approvvigionamento europeo. Da Nord la Norvegia sta pompando al massimo, a Sud l’Algeria ha aumentato le forniture, ma ha dei limiti dovuti alla mancanza di investimenti e alla domanda interna, mentre in Libia... Le forniture dall’Azerbaigian - la Tap, per intendersi - con il loro intero ammontare coprono giusto il calo di fornitura nordeuropea». Ci sarebbero gli Usa… «Rimane il gas naturale liquefatto che viene da Qatar e Usa, più costoso. Si parla molto di sostituire il gas naturale con il fracking, di produzione americana e canadese. Il problema è che il fracking è del 15- 20% più caro rispetto al gas via tubo. Non è poi detto che la produzione di gas liquefatto da Qatar, Usa e Australia sia sufficiente per soddisfare il nostro fabbisogno. Per costruire un rigassificatore ci vogliono 5 anni, per una nave metaniera due e mezzo». Alcuni analisti sostengono che tra le cause del conflitto in Ucraina ci si a no proprio le pressioni statunitensi per spingere gli Stati europei a sostituire il gas russo appunto con il fracking. «Questo accade da anni. Gli Usa spingono per la sostituzione del gas russo con il gas naturale liquefatto. Ma non esiste un ammontare sufficiente. Il mercato del gas, peraltro, non è unico a livello globale. Esistono tre mercati regionali, e gli Stati Uniti vendono soprattutto su quello asiatico, più redditizio. Questa tendenza si è leggermente invertita negli ultimi tre mesi, perché in Europa si sono alzati i prezzi, ma restano molti problemi. Se anche riuscissimo, in via teorica, a spostarci sull’acquisto del gas liquefatto, l’aumento del prezzo potrebbe mettere fuori mercato le nostre imprese». Quindi secondo lei in questa lotta per l’energia qual è l’obiettivo americano? «Rompere il rapporto energetico quindi, commerciale, fra le principali economie europee e la Federazione russa. Da cui dipendono soprattutto le manifatture tedesche e italiane. Nel 2021, il gas è aumentato del 400% nel mercato regionale europeo. A quei prezzi, rischia di saltare il 60% delle imprese tedesche e il 70% di quelle italiane. La situazione era già grave prima della guerra, figuriamoci ora». La sensazione è che l’Euro - pa sia il vaso di coccio tra Usa, Russia e Cina. «Siamo quelli che ci rimettono di più. Rischiamo di andare a fondo assieme alla Russia, se non di più. Paghiamo la grande contraddizione delle economie europee: da una parte abbiamo interessi politici-militari (leggasi Nato) legati agli Stati Uniti. Dall’altra interessi commerciali ed energetici in Eurasia». Qu i n d i ? «Ci sono due strade. Quella che abbiamo imboccato ora ci conduce al disastro. L’altra è utilizzare l’energia come bandolo della matassa, come tema principale per portare la Russia e gli altri al tavolo delle trattative. È l’unica strada che va bene per noi. Gli Usa sanno benissimo che con le sanzioni siamo noi a pagare più caro. La Russia, nel frattempo, ha già implementato le p ip el i n e con la Cina e sta firmando accordi con Pakistan e India su gas, petrolio e carbone». Sembra di assistere alla formazione di due nuovi grandi blocchi a livello globale. «Bisogna leggere con molta attenzione il primo voto all’Onu sulla questione ucraina. Guardiamolo da un punto di vista energetico. Dopo quanto avvenuto in Siria, l’Opec è guidata da russi e sauditi, e i Paesi produttori di energia si sono quasi tutti astenuti dal voto contro la Russia. Persino gli Emirati Arabi si sono astenuti (al Consiglio di sicurezza allargato), e questo ha fatto scrivere ad alcuni siti americani molto influenti che il peso dell’asse russo-cinese in Medio Oriente ha superato quello degli Stati Uniti. È indicativo che tre giorni fa emiratini e sauditi non abbiamo risposto a Biden proprio sul tema dell’e n e rg i a » . Torniamo al discorso dei «blocchi globali». «Si è creato un blocco eurasiatico capitanato dalla Federazione russa e dalla Cina che sta spostando gli equilibri verso est. E presto ciò farà esplodere le contraddizioni interne alla Ue». Qua l i ? «Ma secondo lei è possibile che nessuno qui abbia pensato al fatto che la diversificazione dalle forniture russe tenteranno di farla tutti e non soltanto l’Italia? Da dove prenderemo quel gas e a quale prezzo?». Abbiamo appena firmato un accordo con la Germania sulle forniture di gas in caso di d i f f ic oltà … «Sì, ma se il gas non c’è che si fa? Da chi lo compriamo? Siamo punto e a capo». Si parla del raddoppio delle forniture dall’A ze r ba i g i a n tramite il Tap. «Ho molti dubbi, non so se sia possibile raddoppiare le forniture. In ogni caso, non sarebbe risolutivo». Come si esce da questa gue r ra? « L’energia può essere la strada. Tra il 23 e il 28 febbraio, rispettando i contratti, i russi hanno raddoppiato la quantità di gas inviato in Europa. Sono passati da 53 a 109 milioni di metri cubi al giorno in maniera costante. E per lo più hanno inviato il gas tramite gasdotti ucraini. È un messaggio chiaro, ci dice che i russi non vogliono rompere il legame energetico-commerciale con l’Eu - ropa. Credo che sia un suggerimento che sarebbe bene cogliere. Un punto su cui costruire la trattativa».

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