n Per spiegarmi
il suo punto di
vista in merito
alle sanzioni al-
l a Ru s s i a , u n
amico, grande
esperto di cose internazio-
nali e di sicuro non sospetto
di tifare per Putin, mi ha cita-
to una frase, attribuendola a
Winston Churchill. L ’uo m o
che guidò la Gran Bretagna
dal 10 maggio del 1940 fino
alla conclusione della seconda guerramondiale, un giorno, osser-
vando la visibilità ridotta a
zero nel canale che separa
Inghilterra e Francia, avreb-
be detto: «Oggi c’è nebbia
sulla Manica: il continente è
isolato». Ecco, secondo il
mio amico, noi occidentali
con Mosca ci culliamo più o
meno nella stessa illusione,
convinti che il Cremlino e gli
oligarchi siano completa-
mente isolati, condannati
dal disprezzo del mondo e
dalle misure finanziarie
adottate dopo l’invasio n e
dell’Ucraina. In realtà le co-
se non stanno esattamente
come ci vengono descritte,
ma sono un po’ più comples-
se, perché alcuni Paesi, pur
non essendosi schi erati
apertamente a favore di Pu-
ti n, di fatto non stanno ap-
plicando le sanzioni, na -
scondendosi dietro la man-
cata risoluzione di condan-
na dell’Onu. Come tutti san-
no, è stata la Russia a oppor-
si a una decisi one che l’a-
vrebbe messa ai margini, ap-
profittando del suo potere di
veto. Tuttavia, una serie di
Paesi, anziché sostenere la
proposta avanzata da Stati
Uniti e Europa, si sono aste-
nuti e quasi tutti coloro che
hanno preferito non espri-
mersi sono Stati che intrat-
tengono rapporti commer-
ciali con Mosca. In pratica,
più dei diritti all’auto d ete r-
minazione dei popoli, più
della sofferenza dei civili
ucraini, nella decisione han-
no pesato gli affari. Il mio
amico ha fatto un calcolo
semplice: considerando la
popolazione dei Paesi che
hanno deciso di non appli-
care le sanzioni, tra i quali ci
sono Cina, India e Turchia, a
sostenere le misure contro
la Russia è meno della metà
del mondo. È vero che la par-
te schierata contro l’invasio-
ne, che cioè ha varato prov-
vedimenti che incidono sul-
l’economia reale di Mosca,
rappresenta quella più avan-
zata, ossia quella il cui Pil
pesa di più. Però non si può
ignorare che, per opportu-
nismo o cinismo (o forse per
tutti e due), più della metà
del mondo, se non sta con
Puti n, quanto meno chiude
gli occhi. Altro che isola -
mento: ci sono Paesi che
continuano a intrattenere
relazioni con Mosca, sfrut-
tando la guerra per ottenere
migliori condizioni com -
merciali nell’acquisto di
carburanti, ma anche per
avere sconti sulle materie
prime. Il blocco delle transa-
zioni finanziarie è sì un pro-
blema, ma molti stanno ag-
girando i divieti ricorrendo
alla moneta cinese, oppure
con operazioni in bitcoin
che sfuggono ai controlli.
Del resto, passando dalla Ci-
na all’India, dalla Turchia al-
l’Arabia Saudita, molti han-
no bisogno di petrolio oppu-
re sono interessati agli ar-
mamenti e soffrono il predo-
minio americano, sognando
di poter riequilibrare i rap-
porti grazie a un’alternativa .
È vero che il mercato occi-
dentale è quello che garanti-
sce il maggior numero di
consumi, ma è altrettanto
vero che alcuni Paesi sogna-
no l’indipendenza. Non sol-
tanto quella politica, ma an-
che quella economica. Del
resto, nonostante i missili
sparati contro le città ucrai-
ne, recidere la dipendenza
da Mosca non è facile. Basti
pensare che a tutt’oggi, no-
nostante l’invasione, Gaz -
prom, ossia la compagnia
statale russa, non solo conti-
nua a erogare il gas a tutta
Europa, nonostante questa
abbia condannato la guerra
e rifornisca di armi l’e s e rc i-
to di Kiev, ma non ha neppu-
re chiuso i rubinetti con cui
alimenta la stessa Ucraina.
Detto in termini più chiari,
non soltanto l’Italia e gli altri
Paesi della Nato, da un lato si
oppongono al conflitto e dal-
l’altro lo finanziano, pagan-
do ogni mese le forniture di
metano; ma fino a ieri, e for-
se anche o ggi, lo stesso ha
fatto Kiev, per evitare che
tutto il Paese rimanesse al
freddo, ma soprattutto al
buio. Sono i paradossi di una
guerra che in apparenza
nessuno vuole, ma che tutti
evitano di fermare? Sì. Ma
sono anche i paradossi di un
conflitto in cui ci sono più
affermazioni di principio
che ragionamenti di buon
senso. A leggere i nostri gior-
nali, ma anche quelli inter-
nazionali, Puti nè ormai alle
corde, isolato nel suo stesso
Paese, con un ’opposizio ne
crescente nella classe diri-
gente russa. Noi tutti ci au-
guriamo che lo sia e che con
un colpo di mano sia depo-
sto. Però, ragionando con il
metro del mio amico e so-
prattutto con quello di inte-
ressi che non muovono gli
ideali ma il mondo, forse le
cose non stanno come ci
vengono raccontate. Se c’è
nebbia sulla Manica non è
l’Europa a essere isolata, ma
la Gran Bretagna. E se la me-
tà della popolazi one mon -
diale non applica le sanzioni
alla Russia, forse non è que-
s t’ultima a rischiare l’isola-
mento. Il dollaro oggi è anco-
ra predominante nelle tran-
sazioni internazionali, ma
siamo sicuri che sarà sem-
pre così? E siamo certi che
spingere Russia, Cina e In-
dia a sostituire il bigliettone
verde del vecchio zio Sam
con lo yuan non sia un auto-
go l?
Ps. Ieri il portavoce di Pu-
ti n ha alzato i toni contro
l’Italia. Il senso è chiaro: se il
nostro Paese prenderà la
stessa strada intrapresa dal-
la F rancia, Mosca potrebbe
dichiararci guerra. Non
penso che la Russia voglia
colpirci con i missili, ma con
il gas sì. La nostra economia
dipende e dipenderà dal me-
tano russo e un blocco sa-
rebbe per noi un danno ine-
stimabile. Insomma, lo zar
del Cremlino sarà pure iso-
lato, ma può ancora far ma-
l e.
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