Inflazione che continuerà a salire, ripresa dell'economia a rischio, con una crescita del primo trimestre che sarà attorno allo zero o negativa. Uno scenario preoccupante, determinato dai rischi e dai timori degli sviluppi e delle conseguenze della guerra d’aggressione della Russia in Ucraina, delineato dal presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in un’intervista a Sky Tg24. «Come statistiche ufficiali non siamo in grado di poter dare un’indicazione rispetto a qualcosa che non è sotto controllo» ha detto riferito parlando all’inflazione. «Viviamo praticamente alla giornata» ha detto, definendo il livello dei prezzi «preoccupante», soprattutto per le famiglie meno abbienti. Non c’è nulla che faccia sperare che le cose possano migliorare». A febbraio prezzi al consumo sono cresciuti del 5,7% (4,8% a gennaio), spinti dai prodotti energetici, saliti di oltre il 45%: l’inflazione acquisita – quella che resta anche se i prezzi ora si bloccano - sale a +4,3%. Blangiardo spiega: il ruolo che la Russia esercita come fornitore di beni per l'Italia, in realtà, non è altissimo nel complesso copre circa il 3%. «Naturalmente se poi andiamo a vedere la parte inerente il gas questa è al 40%, così come al 10% per i prodotti petroliferi raffinati. È evidente, quindi, che questo blocco degli scambi crea inevitabilmente dei problemi di approvvigionamento rispetto, appunto, a dei prodotti che sono vitali, e naturalmente, questo poi si riflette al discorso legato alla crescita dei prezzi soprattutto nell’area energetica, con tutto quello che ne segue» ha detto il presidente Istat riferito a quanto la chiusura dei canali con Mosca potrà impattare sulla nostra crescita e, soprattutto, in che modo ci penalizzerà. Poi il tema dell’andamento dell’economia. Dallo scoppio della guerra tutte le stime – partite a gennaio almeno sopra il 4% per il 2022 – sono saltate. Blangiardo è chiaro: con lo scoppio della guerra «c’è stato un blocco rispetto alla speranza di ripresa». La previsione era di arrivare ad aprile al Pil prepandemia, «ma non sarà così» e ribadisce la stima dell’Istituto su un possibile impatto negativo del conflitto di 0,7 punti di Pil annuo, e per il primo trimestre del 2022 «diciamo che è verosimile una variazione molto vicina allo zero» ha detto all’Agi. Che il quadro fosse meno ottimistico era chiaro sin dalla fine del 2021, e poi sono arrivati dati duri, come il calo del 3,4% della produzione industriale a gennaio. Il rischio, avverte Blangiardo, è però che i valori possano diventare «decisamente più grandi». Ieri è arrivata la stima Prometeia: -1,1 sul primo trimestre e +2,3% sull’anno (che è il dato acquisito Istat di fine 2021). Con l’impatto negativo della pandemia alle spalle «si era immaginato, ma in maniera molto realistica, con dei dati che in qualche modo confermavano ciò che si pensava, che saremmo stati in grado di rialzare la testa rispetto al colpo subito per effetto del Covid: sia dal punto di vista del Pil che di quelle che sono le grandi variabili di natura economica come il fatturato, la produzione industriale, la stessa occupazione».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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