STUPIDA RAZZA

venerdì 18 marzo 2022

LA GUERRA COLPISCE I NOSTRI OSPEDALI

Ciò che di buono, passateci il termine, ha portato il Covid alla sanità italiana sarà adesso fatto a fette dalla guerra in Ucraina e dagli effetti del caro energia. Due anni di pandemia hanno imposto maggiori investimenti  all’interno del servizio sanitario nazionale e dentro le strutture ospedaliere. A chiedere più soldi sono stati anche tutti quei politici che nel decennio prima avevano usato l’accetta per tagliare i fondi e mettere in ginocchio la nostra sanità. Pazienza per la faccia di bronzo, un cambio di passo sarebbe stato importante. Adesso, invece, gli ospedali italiani saranno costretti a pagare almeno il 30% in più per le bollette del riscaldamento e per l’energia elettrica. I fondi saranno sottratti proprio dal budget destinato agli investimenti, ai nuovi macchinari e alle attività necessarie per rendere il sistema più effic ie nte. A dirlo sono i vertici della Fiaso, federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. «Attualmente spendiamo 1,4 miliardi di euro in energia elettrica, circa 780 in corrente e il rimanente per riscaldare gli ambienti», spiega alla Ve rità il presidente Gio - vanni Migliore. «Abbiamo stimato che, visti i rincari, durante il 2022, andremo a toccare la cifra di 2 miliardi. Questo influenza il conto economico e i conseguenti investimenti, oltre che la vita lavorativa dei dipendenti sanitari e dei cittadini». Il riferimento è duplice. Da un lato, le strutture sanitarie hanno l’obbli go del pareggio e della sostenibilità finanziaria, dall’altro, dovrebbero intervenire solo dove i costi sono comprimibili. «Il 60% della spesa del servizio nazionale è destinato al personale e alle strutture, mentre il 30% circa si riconduce ai materiali e ai medicinali. Il 10% che rimane sarebbe destinato agli investimenti. Purtroppo la cifra», conclude M ig l iore, «è teorica, perché già viene abbattuta da tutti gli extra costi. Ad esempio il personale aggiuntivo impiegato per il Covid, gli straordinari e ciò che serve per far fronte agli imprevisti quest’anno finirà con l’erodere la quota già bassa. Gli effetti dell’inflazione e della guerra in Ucraina rischiano di essere il carico da undici». La speranza è che il governo prenda consapevolezza e soprattutto che la stima degli aumenti del 30% sia corretta. Una guerra che duri l’intero anno renderebbe ancora meno sostenibili i costi dell’energia e, a quel punto, il rischio sarebbe mettere in discussione pure i servizi sanitari e il welfare. D’altronde, il termine razionalizzazione spesso nasconde un altro termine molto meno presentabile: tagli. Una parola che sempre più spesso verrà accoppiata a razionamento (di cibo, materie prime o del riscaldamento stesso) e che rischia a sua volta di diventare il leitmotiv della pubblica amministrazione italiana. Basti pensare all’appello del sindaco di Milano, Beppe Sala. Ieri, ha fatto sapere di avere incontrato il ministro Daniele Francoe il premier, Mario Draghi per battere cassa. «Servono 200 milioni o Milano non chiude il bilancio», ha detto. La legge Finanziaria ha già permesso a città iper indebitate come Torino, Palermo, Pordenone e Napoli di rifarsi con i cittadini alzando al di sopra delle soglie consentite le aliquote locali. C’è da scommettere che dopo il capoluogo lombardo si unirà al coro una folta lista di Comuni, rendendo impossibile al governo mettere nel Def, documento di finanza pubblica, miliardi aggiuntivi per gli enti locali. Durante il primo anno di Covid ne sono stati erogati 6 e nel 2021 si è quasi fatto il bis. Quest’anno l’obiet - tivo di D ra g h i era sicuramente quello di chiudere i rubinetti del deficit. La guerra dovrebbe far cambiare idea, ma la scarsa propensione allo scostamento sembra dire il contrario. I Comuni italiani dal canto loro si finanziano anche con le partecipate. Solo che due anni di Covid hanno lasciato a terra gli aerei, svuotato le metropolitane e ridotto la richiesta di treni. Sono soldi che non entrano. Da fine febbraio si aggiunge quella che in molti chiamano già «economia di guerra». (BINGO !) Lo stesso Dra - ghi, pur negando che il Paese ci sia già scivolato dentro, ha ammesso che dobbiamo prepararci all’eventualità. L’i mpressione è invece che i rincari e lo stop ai consumi siano già in fase avanzata. Il governo, Bankitalia, Bce e tutti i vertici dell’Unione europea hanno negato fino allo scorso dicembre che l’inflazione potesse essere un problema strutturale. Nascondendo l’evidenza degli effetti della pandemia e della fine della globalizzazione come l’abbi a m o vissuta negli ultimi 20 anni. (🙏🙏🙏) La guerra inasprirà i problemi dell’Europa finendo con l’ac - celerare la crisi. Il racconto quotidiano della tragedia ucraina sta facendo finire sotto il tappetto anche l’enorme grana Pnrr. Il ministro Roberto Cingolani, che forse dovrebbe ridurre il numero delle sue esternazioni, ha detto che con un’i n f l a z io n e al 2% ce la caveremo. Ha ragione. Peccato che difficilmente l’inflazione scenderà sotto il 4/5% per l’intero anno. I cantieri del Pnrr sono chiaramente a rischio.  Nell’u l ti m o decreto Energia per sostenere i centri di spesa e andare incontro alle aziende Palazzo Chigi ha stanziato 100 milioni. Una nullità. Nel 2022 l’Italia si è impegnata a portare a casa 102 obiettivi con una spesa di 40 miliardi. Con rincari delle materie prime e inflazione al 5% ballano come minimo due miliardi. Per mettere a terra i progetti le imprese dovrebbero rinunciare alla marginalità. Impossibile. E dunque è molto probabile che i progetti saltino, trasformando i prestiti del Recovery in debito vero e proprio. Ecco, questa sarebbe la chiusura del cerchio malefico nel quale ci stiamo infilando. Una economia di guerra fatta da vita più cara e meno servizi ai cittadini.

Nessun commento:

Posta un commento