Per garantire la stabilità finanziaria globale è necessario regolamentare il settore delle criptovalute e delle stablecoins ma anche il mondo delle Fintech che operano «nei segmenti di attività più rischiosi», soprattutto quelle sprovviste di licenza bancaria che sono «soggette a una regolamentazione meno stringente». Il doppio monito arriva dal Global financial stability report del Fondo Monetario Internazionale e fa parte dell’ampio rapporto che esamina le vulnerabilità del sistema finanziario globale, dominato dalle analisi sui rischi indotti dall’invasione della Russia in Ucraina e dalle ricadute su inflazione e prezzi delle materie prime. Il report evidenzia, anche a seguito delle sanzioni occidentali alla Russia, l’ulteriore diffusione delle criptovalute e l’esigenza di regolamentarle. Un obiettivo che va di pari passo con quello del Financial Stability Board (Fsb) che, in una lettera firmata dal presidente Klaas Knot e inviata a ministri economici e banchieri centrali del G20, ha ribadito la necessità di «lavorare alla regolamentazione e supervisione di criptoasset e stablecoin» anche attraverso una valutazione «degli impatti sulla stabilità finanziaria della crescente diffusione della finanza centralizzata (DeFi)» e sui connessi rischi di cybersicurezza. Materia su cui il Fsb ha preannunciato che elaborerà proposte da portare all’esame del prossimo G20 di ottobre. Se sui rischi e sulle necessita di regolare il mondo delle criptovalute i moniti del Fmi non sono nuovi, la novità del rapporto riguarda piuttosto le preoccupazioni per le vulnerabilità al sistema finanziario che possono arrivare dal fintech, o meglio da una parte di esso. Pur dopo avere ammesso il ruolo positivo che a livello generale ha il fintech nel rafforzare la competizione nel settore finanziario e l’inclusione sociale dei cittadini non bancarizzati, il Global Financial Stability Report di aprile 2022 evidenzia i rischi di vulnerabilità per il sistema finanziario globale che emergono dalla forte crescita delle fintech non bancarie (e quindi «con regolamentazioni meno stringenti») nel settore del credito. In particolare il rapporto illustra un caso di studio condotto sul mercato dei mutui negli Usa. Un settore in cui le fintech sono cresciute rapidamente «grazie al loro modello di business basato sulla tecnologia». Dalle analisi condotte risulta che «i mutui concessi dalle fintech sono più diffusi tra i creditori più giovani che hanno bassi redditi e sono stati concessi - in particolare nel periodo 2018/2020 - con elevati loan-to-value». L’aumento delle quote di mercato nei mutui da parte delle fintech riguarda tutte le aree geografiche, anche quelle più presidiate dalle banche tradizionali. Se da un lato la concorrenza sta determinando una riduzione dei costi per i clienti (il Fmi stima una riduzione dello 0,4% dei tassi sui mutui per ogni punto percentuale di aumento della quota di mercato delle fintech), «la competizione sta ponendo anche sfide crescenti per la stabilità finanziaria». La preoccupazione principale del rapporto riguarda la forte crescita dei mutui fintech «nelle zone in cui è più basso il merito di credito della clientela e dove è più alto il tasso di rifiuto» nella concessione di mutui da parte delle banche tradizionali. Una tendenza che risulta confermata dal fatto che, in un settore che ha conosciuto un incremento generalizzato, la forte crescita delle quote di mercato dei mutui fintech è avvenuta in contemporanea all'aumento di quote anche delle banche tradizionali. Il che lascia supporre che le fintech siano cresciute soprattutto grazie alla concessione di mutui a clienti «rifiutati» dalle banche a causa del basso merito di credito. Questi nuovi mutui “subprime”, che nella precedente crisi finanziaria furono tra gli elementi di contagio a livello globale, si starebbero dunque cumulando nelle fintech non bancarie e quindi le meno regolamentate. Soggetti che quasi mai, si legge nel rapporto presentato al Fmi, hanno una propria raccolta diretta dalla clientela ma si finanziano presso intermediari esterni. Circostanza che, in caso di crisi, può portare a un rapido effetto contagio e a vulnerabilità per il sistema finanziario.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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