STUPIDA RAZZA

venerdì 29 aprile 2022

Russia e Cina vogliono un mondo multipolare È una richiesta folle?

 



Qualche giorno fa, e per la prima volta dall’inizio delle ostilità, cioè dal 24 febbraio, m’è capitato di ascoltare la voce dell’aggressore - bellamente ignorata, come accade nei migliori regimi - durante questa guerra di pazzi. Accadeva a Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro, ove era stato chiamato a intervenire il rappresentante della Repubblica di Lugansk (nel Donbass), una delle due prefetture che l’11 maggio 2014 votò un referendum ove l’86% della popolazione espresse la volontà di separarsi dal governo centrale ucraino. Abbiamo ascoltato due cose che meriterebbero maggiore attenzione. La prima cosa è che le ostilità non sarebbero cominciate il 24 febbraio con l’invasione della Russia in Ucraina, ma il 17 febbraio quando, secondo il rappresentante del Lugansk, l’esercito regolare ucraino cominciò a bombardare nel Donbass i separatisti che si erano separati con un referendum considerato illegittimo. La seconda cosa è che negli ultimi 8 anni il governo ucraino ha perseguitato la minoranza russa del Paese (che nel Donbass è maggioranza). Per dire la meno grave, citata dall’ospite di Po r ro: nelle scuole delle regioni russofone era proibito l’uso della lingua madre russa. Giova rammentare, almeno all’osso, la questione dei russofili. Nel 2010, con elezioni ritenute regolari anche dai perdenti, divenne legittimo presidente in Ucraina il russofilo Viktor Yanukovich . Costui nel 2014 si rifiutava, legittimamente, di firmare un documento che avrebbe portato il Paese nella Ue. Al legittimo rifiuto del legittimo presidente seguirono illegittime sommosse di piazza, note come EuroMaidan, che illegittimamente deposero Yanukov ich . In quello stesso 2014 nelle regioni russofone e russofile (Crimea e Donbass), ove non avevano gradito l’illegittimo rovesciamento del governo, furono indetti referendum - senza alcuna meraviglia, con la benedizione della confinante Russia - e i separatisti si autoproclamarono separati, con la Crimea parte della Federazione Russa e, come detto, Lugansk e Donetsk repubbliche indipendenti. In ogni caso, da quel 2014, cominciarono per i russofoni, e vieppiù per i russofili, persecuzioni, eccidi e stragi. Per dirla con le parole di Vladimir Putin: «a quanto pare l’Ucraina non ha bisogno del Donbass». Petro Poro s h e n ko, presidente eletto successivo a (e oppositore di) quello destituito, ebbe anche cura di rendere illegali i partiti di riferimento della minoranza russofila, e Vol odymyr Zelensky, che gli succedette nel 2019, s’è recentemente preoccupato di rendere illegali i partiti che gli si opporrebbero. Insomma: metà del Paese non avrebbe diritto di voto. In tutto ciò, la comunità internazionale è rimasta voltata dall’a l tra parte, per dirla nel lessico di Mario Draghi. Va aggiunto che la Russia, pur riconoscendo la validità dei referendum del 2014, non riconobbe l’indipendenza delle  due repubbliche se non nel 2022. Se così stanno le cose allora, l’azione della Russia in Ucraina andrebbe vista non come invasione contro un Paese sovrano ma come soccorso in aiuto di un popolo oppresso: prima (17 febbraio) avvenne l’azione oppressiva, poi (24 febbraio) l’intervento dei russi, cui gli oppressi avrebbero chiesto a i uto. Al rappresentante della Repubblica di Lugansk che rivendicava il diritto della propria gente di separarsi da un governo centrale che la perseguitava, uno degli ospiti di Po r ro, l’a m ba s c i ato re Giulio Terzi di Sant’A gata ,poneva una domanda. L’ambasciatore è un fervido sostenitore dell’intervento militare della Nato a favore di Zel e n s ky; e lo è con preoccupante fervore, visto che ritiene che bisognerebbe fare la guerra alla Russia e, se necessario, anche alla Cina. L’ambasciatore chiedeva al separatista russofilo se le Repubbliche avrebbero mantenuto la propria indipendenza o aderito alla Federazione Russa. Il tono era: voi ci volete fregare. Ma la domanda stessa è oziosa: se ammetti la possibilità che, magari ripetendo il referendum, a Lugansk e Donetsk si possa concedere l’i nd i pe nd e nza (visto che Kiev non ha concesso loro alcuna autonomia ma le ha perseguitate), non puoi poi limitare la loro volontà di aderire o meno alla Federazione Russa. Sennò che indipendenza è? Evidentemente l’ambasciatore ritiene che la richiesta dell’Ucraina di far parte della Nato (che è un soggetto militare) è prerogativa della indipendenza di questa, mentre sarebbe irricevibile l’eve ntu a l e richiesta di una piccola provincia di far parte della Federazione russa (che è un soggetto politico). Ecco: questo atteggiamento supponente è ciò che ha condotto Puti n eXi Jinping a stipulare gli accordi del 4 febbraio scorso. Senza aggiungere commenti, ne riporto qualche stralcio. Dico solo che la parola-chiave, a me sembra, «multipolare», che ricorre spesso nel documento: Russia e Cina non intendono più accettare un mondo ove v’è una parte che dica a tutti cosa è giusto e cosa no, quale governo è democratico e quale no e, men che meno, che qualcuno si arroghi il diritto di esportare la «propria» democrazia. «Alcuni attori che, sulla scala internazionale, rappresentano solo una minoranza, continuano a sostenere approcci unipolari per affrontare questioni internazionali e fanno ricorso alla forza; essi interferiscono negli affari interni di altri Stati, violando i loro legittimi diritti e interessi. Noi, Federazione Russa e Repubblica popolare della Cina, invitiamo tutti gli Stati a rispettare i diritti dei popoli a determinare in modo indipendente il percorso di sviluppo dei loro Paesi e la sovranità e la sicurezza e gli interessi di sviluppo degli Stati». «Non c’è un modello unico, buono per tutti, per guidare i Paesi a stabilire la democrazia. Una nazione deve poter scegliere, per raggiungere la democrazia, quelle forme e quei metodi che meglio le si addicano, a seconda del sistema sociale e politico, del retroterra storico, delle tradizioni, e delle caratteristiche culturali». «Alcuni Stati cercano d’imporre i propri “standard dem o c rat ic i” ad altre nazioni, di monopolizzare il diritto di stabilire il livello di conformità a quegli standard democratici, di tracciare linee di confine su basi ideologiche. Questi tentativi di egemonia pongono serie minacce alla pace globale e locale e alla stabilità dell’ordine mondiale». «La Cina apprezza gli sforzi compiuti dalla Russia per stabilire un giusto sistema multipolare di relazioni internazionali. Chiediamo che sia stabilito, tra le potenze mondiali, un nuovo tipo di relazione, fondato sul mutuo rispetto, sulla coesistenza pacifica e su una cooperazione di beneficio per tutti. Riteniamo che queste nuova relazioni tra Russia e Cina sono superiori alle alleanze politiche e militari dell’e ra della Guerra fredda». Ora, alla luce di tutto questo, la mia personale preoccupazione è questa: cosa succederà al 9 di maggio? Puti n lancia una bomba H? Trovo preoccupante che la cosa sia presa, almeno a sentire i tiggì, alla leggera. Quando gli si fece osservare che l’uso di armi nucleari avrebbe potuto significare la distruzione del pianeta, Putin ris pos e: «Alla Russia non interessa un pianeta senza la Russia». Oppure al 9 di maggio Puti n potrebbe suicidarsi. Prendere questa eventualità sottogamba – o addirittura auspicarla – mi sembra ancora più preoccupante, oltre che ingenuo: Puti n non è solo, ci sono 150 milioni di Russi dietro di lui. E poi c’è la Cina e gli accordi del 4 febbraio. Un motivo in più per essere prud e nt i .

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