STUPIDA RAZZA

mercoledì 27 aprile 2022

L’Ue in ordine sparso sulle sanzioni Per il tetto ai prezzi è appesa a Biden

Nemmeno oggi sarebbe il giorno buono affinché la Commissione renda noto il contenuto del sesto pacchetto di sanzioni alla Russia. Tante e troppe sono le difficoltà da superare, per consentire ai tecnici di Ur su l a von der Leyen di portare sul tavolo negoziale una proposta che accontenti tutti i 27 Stati membri. Fonti diplomatiche Ue hanno riferito al Fi n a n c ial Ti m es che, nel migliore dei casi, è tutto rimandato alla settimana prossima e i colloqui sono ancora allo stadio iniziale. Da giorni l’ipotesi di lavoro più concreta che circola tra Washington e Bruxelles è quella di un tetto predeterminato al prezzo del petrolio russo, notevolmente inferiore all’attua - le livello di mercato, imposto d’imperio dalla Ue. È lo scenario illustrato ieri sul Corriere della Serada Fede - rico Fubini, la cui chiave di successo risiede però nel ruolo di «sceriffo» che dovrebbe rivestire l’amministrazione Biden. Poiché il gruppo delle 37 economie avanzate che hanno imposto le sanzioni è certamente rilevante, ma copre solo il 55% del Pil mondiale, è elevata la probabilità che in giro per il mondo non mancheranno Paesi che vorranno comprare il greggio russo, non rispettando il prezzo calmierato imposto da questo cartello internazionale. A quel punto interverrebbe il potere sanzionatorio degli Usa, che imporrebbero delle sanzioni di secondo livello - consistenti nell’e s c lu s io n e dagli affari con il ricco mercato americano - destinate ai soggetti che si rendessero complici dell’aggiramento del tetto. Tale complesso meccanismo è stato già accolto con scetticismo soprattutto dai tedeschi, che hanno sottolineato la difficoltà di fissare una soglia di prezzo e, in ogni caso, che tale soglia sarebbe una palese violazione contrattuale. Da non trascurare anche l’aspetto della sostanziale subordinazione dell’efficacia di una scelta politica della Ue alla capacità di deterrenza delle sanzioni Usa. Una conclamata ammissione di impotenza, in assenza del pugno di ferro dell’alleato di Oltreoceano, che non è molto gradita in numerose capitali europee. Allora, anziché inerpicarsi per sentieri scoscesi, il vicecancelliere tedesco Rober t H a b e ck , in visita ieri a Varsavia, ha annunciato che la Germania ha già ridotto la dipendenza dal petrolio russo dal 35% al 12% del proprio fabbisogno ed è sulla buona strada per la completa indipendenza, che potrebbe arrivare in giorni. La linea di difesa tedesca è da tempo attestata sulla richiesta di una gradualità sul fronte degli acquisti di petrolio e di nessuna concessione sul fronte del gas, il cui embargo per Berlino è fuori discussione. Anche perché il petrolio russo incide per il 25% degli acquisti Ue, mentre il gas è pari al 45%, con la Germania su livelli ancora più alti. La finalità di tutto questo prolungato tramestio - su cui da tempo ci interroghiamo e solleviamo dubbi - non è né quella di far terminare la guerra in Ucraina e né tanto meno quella di provocare malcontento che porti al rovesciamento del regime di V l ad i m i r Puti n . Non lo diciamo noi, ma lo scrive sul Wall Street Journal Nicholas Mulder, professore di storia alla Cornell University, testata e autore certamente non tacciabili di filoputinis m o. Mu l d e r evidenzia che la politica del presidente Joe Biden - secondo cui i danni arrecabili dalle sanzioni economiche contro la Russia avrebbero rivaleggiato con quelli arrecati dalla forza militare - non ha avuto successo. La Russia non è uno staterello «canaglia» qualsiasi. È un’economia del G20 fortemente interconnessa al resto del mondo, nei confronti della quale le sanzioni, bene che vada, costituiscono u n’arma di logoramento, anziché di deterrenza. Negli anni Venti del secolo scorso, le sanzioni spaventarono piccoli Stati come Grecia e Jugoslavia, ma non intimorirono la potenza imperiale giapponese e il regime fascista italiano. Le dimensioni contano, e «se l’obiettivo è quello di paralizzare un paese ricco di risorse naturali e con un grande esercito, come la Russia, allora le sanzioni hanno una limitata utilità». Dopo due mesi di guerra, a Bruxelles stanno prendendo amaramente atto dell’esisten - za di una secca alternativa tra sanzioni e armi, che inizialmente credevano essere sostituibili. La guerra si combatte ancora con le seconde, sottolinea Mu l d e r. Chi impone sanzioni deve tenere anche conto dei contraccolpi e Mu l d e r evi - denzia come molti Paesi africani, sudamericani e asiatici siano riluttanti, perché non possono permettersi di restare senza grano, rame e petrolio russo, e allora è necessario che Usa e Ue si impegnino a mitigare lo shock economico per quei Paesi. Muld er osserva che le sanzioni torneranno utili come contropartita per concessioni durante i negoziati di pace. In questo caso però va considerato che è vero che ci sono 400 miliardi di dollari di asset della Banca centrale russa congelati, ma è altrettanto vero che ci sono 446 miliardi di investimenti diretti esteri in Russia e altri 120 di investimenti finanziari, che Puti n potrebbe nazionalizzare in un att i m o. Una guerra combattuta con queste armi potrebbe condizionare le relazioni con Mosca per molti anni a venire e alla fine le potenze occidentali dovrebbero non solo ricostruire l’Ucraina, ma anche una Russia distrutta dalle sanzioni ma pronta a riavvicinarsi all’Occi - dente. Serve una lungimirante diplomazia, conclude Mu l d e r, perché «ci vorranno mesi, se non più, per sentire il morso delle sanzioni».


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