STUPIDA RAZZA

mercoledì 27 aprile 2022

Il trucco per aggirare l’embargo a Mosca

 

Il triangolo no, non l’aveva n considerato. Invece è proprio grazie a relazioni di un certo tipo che le aziende di almeno tre settori: il mobile di lusso, il lusso soprattutto tessile e il calzaturiero, cardini del made in Italy stanno cercando di aggirare le sanzioni per sopravvivere. È ancora in corso e si concluderà tra due giorni a Mosca l’edi - zione primaverile dell’O buv Mir Kozhi(letteralmente scarpe e accessori di cuoio) a cui partecipano – come ha scritto ieri La Verità – con la benedizione di Confindustria, l’orga - nizzazione di Fiera Bologna 31 delle 48 aziende presenti della Regione Marche. Spiegano gli industriali della scarpa che per loro il mercato russo è questione di vita o di morte: ci sono sei milioni di paia di calzature in ballo, ci sono soprattutto da riscuotere tre mesi di fatturato rimasti bloccati dall’esclusione delle banche di Mosca dal sistema di pagamento Swift. Come spiega il presidente degli industriali fermani Arturo Venanzani: «Hanno bloccato non i soldi dei russi, ma i nostri soldi». E così il tam tam del dribblare le sanzioni si è fatto strada in gran parte dell’alto artigianato italiano. In particolare dalla Brianza partono tentativi di resistenza alle sanzioni attraverso le triangolazioni. Tutti ricordano il tavolone bianco con a capo da una parte Vladi - mir Putin e dall’altra Emma - nuel Macron. Quel tavolo che doveva essere un ponte di trattativa lo hanno costruito allo Oak di Cantù. Una lavorazione di massimo pregio: sei metri di lacca bianca con intarsi in foglia d’oro. Il distretto del mobile brianzolo ha nella Russia forse il suo miglior cliente estero. Ed è quel polo una delle massime espressioni del nostro design, oltreché dell’abilità artigiana. Lo stesso vale per il mobile imbottito e per il comparto dei divani che ha le sue roccaforti anche tra Puglia e Basilicata. È tutta l’Italia dell’arti - gianato evoluto che sta cercando un nuovo spazio commerciale a Mosca. La Camera di Commercio brianzola conferma che la Russia ha rappresentato nel 2021 entrate per oltre 175 milioni di euro in crescita del 17% rispetto al 2020 quando la Brianza ha esportato verso Mosca per 150.270.320 euro. La stessa Camera di Commercio ligia alle sanzioni pubblica l’elen - co dei clienti diciamo così non frequentabili, ma allo stesso tempo si trovano i moduli per certificare che quello che si sta esportando non è nell’elenco delle merci sottoposte ad embargo. Così dall’inizio del conflitto oltre 180 su 1350 aziende si sono fatte avanti chiedendo il permesso di esportare. E la ragione è semplice: sta nei numeri. Secondo Assolombarda solo per il distretto brianzolo del l’arredolegno il mercato russo vale il 3,5% di fatturato, peraltro un tempo pagato cash. Lo conferma uno degli imprenditori di più solida tradizione: Andrea Turi. La sua famiglia gestisce da quattro generazioni la Turri srl e dice: «Per noi il mercato russo e ucraino vale il 20% del fatturato, lavoriamo su progetti chiavi in mano, molti dei nostri clienti oggi sono nella black list dei soggetti colpiti da sanzioni, ma anche chi potrebbe acquistare non lo fa perché c’è in corso una guerra e loro stanno arredando una seconda, terza o quarta casa quindi possono aspettare. Sono comunque gli stessi clienti o rivenditori a cercare strade alternative per importare prodotti italiani tramite la Turchia o il Kazakistan». Eccolo che si manifesta il triangolo che appunto i politici con la faccia contrita e il pugno di ferro non avevano considerato. Non c’è solo l’in - teresse delle imprese italiane ad esportare in Russia ma c’è prima di tutto la domanda russa che chiede di essere soddisfatta. Così gli importatori di Mosca hanno trovato il modo di triangolare le merci. Aprono società di import in Paesi non soggetti ad embargo, ma che non aderiscono alle sanzioni e da lì fanno transitare le merci. Una porta privilegiata per il tessile abbigliamento è l’Azerbaijan. Lì si concentra il mercato del lusso da sempre. È anche il Paese dove Luigi Di Maio e Rober to Cingolani – ministri degli Esteri e ella transizione energetica - sono andati a chiedere più gas con la benedizione di Mario Draghi. Gas da far passare attraverso il Tap, il tubo contestato violentemente dai Cinque Stelle pugliesi ma anche da Michele Emiliano pre - sidente della giunta regionale e autorevolissimo candidato alla segreteria nazionale del Pd. Ebbene lo stesso Paese da cui compriamo il gas anti Pu - tin è la porta attraverso la quale passa il made in Italy diretto a Mosca. Altri Paesi porta girevole per dribblare le sanzioni sono il Kazakistan dove sia gli italiani, ma soprattutto i russi hanno aperto delle società di trade e l’Armenia che da sempre è una delle teste di ponte del business degli oligarchi. Siamo al fallimento delle sanzioni? Siamo probabilmente di fronte alla resistenza delle imprese. Come conferma Andrea Delmonte della Albed di Nova Milanese: «In questi anni l’Ucraina è cresciuta molto più della Russia», spiega, «a febbraio stavo per aprire a Mosca con un partner locale. Pensavo che si sarebbe bloccato tutto e invece ho ricevuto il saldo del pagamento della merce e il progetto sta continuando. In Ucraina invece il mio agente è anche un caro amico: allo scoppio della guerra il primo pensiero è stato quello di mettere in salvo la sua famiglia e ho ospitato moglie e figli a casa mia». E comunque il clima di business resta. A lessan dro Maroni, titolare di Maroni Extreme Woodwoorking di Cabiate illustra: «I contatti commerciali si mantengono», spiega. «Il problema vero è l’approvvigionamento di materie prime. Il 9% del legname lavorato in Brianza arriva dalla Russia».

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