STUPIDA RAZZA

giovedì 28 aprile 2022

La conquista del social divide l’America

 

Elon Musk non ha lesinato iperboli da neo-proprietario di Twitter. «Migliorato come mai prima», ha promesso. Perché «la libera espressione è il pilastro su cui poggia una democrazia funzionante e Twitter è la piazza digitale dove questioni vitali per il futuro dell'umanità sono discusse». Non tutti concordano. La sua operazione ha scatenato un vespaio di polemiche, con interrogativi sul futuro del social media che si intrecciano ai rischi d’una gestione Musk, uomo più ricco al mondo e prono a comportamenti erratici e strappi a regole e convenzioni. I sostenitori non mancano («sola soluzione per estendere la luce della coscienza», parole del co-fondatore di Twitter Jack Dorsey). Ma altrettanti sono i detrattori, che fremono per una piattaforma usata da policymakers e celebrità dall’influenza superiore allo (scarno) business: lo dipingono nelle vesti d’un oligarca americano, che togliendo la società di Borsa (e con board acquiescenti) non dovrà rispondere a nessuno. «Pericoloso per la democrazia», ha sentenziato la senatrice democratica Elizabeth Warren. «Miliardari come Musk giocano con norme diverse da tutti, accumulando potere per vantaggio personale». Una ragione in più per dar vita a «forti regole su Big Tech». Se i suoi toni sono caustici, non è isolata in critiche e scetticismi. Ostacoli antitrust sono improbabili, Musk non controlla altri media. Ma il New York Times, nella sua copertura, apostrofa il deal come ultimo esempio di diseguaglianza estrema di un «mondo in mano a miliardari»: Musk si è aggiudicato un social network che lo irritava. Citando associazioni quali Media Matters for America, sottolinea i rischi insiti nel suo stesso proclamato «assolutismo» della libera espressione, che liberi il content da troppi sforzi di moderazione: la complessa esperienza dei social network mostra piuttosto come la libertà d’espressione di qualcuno possa diventare abuso, incitamento alla violenza , disinformazione nociva, manipolazione da parte di governi. Zittendo altre voci. Senza contare la prospettiva di passi falsi innocenti, frutto di inesperienza in un settore delicato e comunque governato da volumi di regole e miriadi di decisioni su singoli contenuti. Differenze affiorano anche con un altro controverso magnate che ha rilevato un infuente media: Jeff Bezos che comprò il Washington Post. Bezos, al contrario di Musk, chiarì che non avrebbe influenzato scelte editoriali. E proprio Bezos, spesso ai ferri corti con il patron di Tesla, ha insinuato lo spettro di conflitti poco esplorati: con i vasti interessi di Tesla in Cina, Pechino peserà sui cinguettii? A rendere ancor più acceso il dibattito, è il mistero sulle riforme concrete volute da Musk. Piani di business accompagnano le acquisizioni, ma anche qui il magnate ha violato la norma. Tra le poche certezze, l’ex Presidente messo al bando Donald Trump non sembra cercare una riammissione su Twitter. Altra certezza: «Non sappiano in che direzione la società andrà», ha ammesso il Ceo Parag Agrawal ai dipendenti.

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