STUPIDA RAZZA

venerdì 29 aprile 2022

Gas russo a rischio Timore per nuove ritorsioni di Gazprom


Il nodo del gas in rubli sta venendo al pettine. Gazprom ha ufficialmente sospeso le forniture alla Polonia e alla Bulgaria, dimostrando che Mosca faceva sul serio quando minacciava la chiusura dei rubinetti per chiunque non si fosse adeguato alle nuove istruzioni di pagamento dettate dal Cremlino. E il mercato ha ripreso a tremare. Nel resto d’Europa, Italia compresa, il gas russo continua ad arrivare con regolarità: non abbondante ma comunque in linea con le richieste dei clienti, che al momento (per valutazioni non solo politiche ma anche sull’attuale convenienza economica) sono moderate. Gli ultimi sviluppi hanno però fatto impennare il prezzo del combustibile, spingendolo fino a 125 euro per Megawattora in mattinata al Ttf, in rialzo del 28%, prima di attestarsi a 108 euro. Le quotazioni sono entrate in tensione anche negli Usa, con punte di rialzo fino all’8% all’Henry Hub sull’attesa di nuove, forti richieste di Gnl americano in Europa. Polonia e Bulgaria ricevevano da Gazprom circa 1 miliardo di metri cubi di gas al mese, che ora bisognerà sostituire con forniture di altra provenienza, non senza difficoltà nel caso di Sofia, che a differenza di Varsavia non si è ancora dotata di infrastrutture adeguate per voltare le spalle a Mosca. I due Paesi «stanno ricevendo gas dai loro vicini europei», ha rassicurato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che in precedenza si era scagliata contro l’«ennesimo tentativo della Russia di usare il gas come strumento di ricatto». (SOLO VOI POTETE RICATTARE ?🤔🤔🤔) Se non ci saranno ulteriori riduzioni dei flussi l’Europa potrebbe riuscire a gestire la situazione: «D’ora in poi ci arriveranno al mas simo 10 miliardi di metri cubi al mese da Gazprom, ma a gennaio e febbraio ce l’abbiamo fatta con flussi inferiori», osserva Thierry Bros, analista indipendente e professore a Sciences Po a Parigi. Il problema tuttavia diventerebbe serio se Mosca decidesse di “castigare” altri Paesi come ha fatto con Polonia e Bulgaria. In tal caso sarebbe a rischio la sicurezza energetica dell’Europa, che nel breve – nonostante gli sforzi di diversificazione e la frenata dei consumi – non è ancora in grado di sostituire del tutto il gas russo. Grandi clienti e ritorsioni I timori sul mercato ieri si sono ridimensionati quando è emerso che alcuni tra i grandi clienti di Gazprom dovrebbero essere al riparo da ritorsioni, in quanto si sono adeguati al nuovo meccanismo di pagamento: sono venuti allo scoperto l’Austria, l’Ungheria e il maggiore acquirente di gas in Germania, Uniper, secondo cui «le modifiche al processo di pagamento non violano le leggi sulle sanzioni», come ha spiegato la cfo Tiina Tuomela. Uniper ha anche escluso un impatto sui volumi di gas russo che transitano dalla Polonia.
Anche Eni, a quanto risulta al Sole 24 Ore, sta esaminando la pratica per aprire – quanto meno in via precauzionale – un doppio conto corrente presso Gazprombank, uno in euro e uno in rubli, in modo da poter continuare a onorare i contratti con Gazprom. Ma la compagnia italiana, che preferisce non commentare le indiscrezioni, può permettersi di prendere tempo visto che il prossimo pagamento per le forniture all’Italia è dovuto solo nella seconda metà di maggio. Nel frattempo tutto potrebbe cambiare. Il doppio conto Decifrare gli eventi sul mercato – e soprattutto prevederne l’evoluzione – è sempre più difficile per chiunque, in uno scenario estremamente fluido, in cui si accavallano notizie, indiscrezioni, ambiguità e tanta propaganda (russa e non solo). E l’incertezza è terreno fertile per la volatilità dei prezzi del gas, che rischiano di rimanere alti e instabili a lungo. Secondo fonti Bloomberg, sono in tutto dieci le società europee che hanno già aperto il secondo conto presso Gazprombank, come richiesto dai russi, in modo da consentire il cambio della valuta di pagamento del gas e quattro di queste hanno saldato il conto per le forniture di aprile. Ma Gazprom esporta in ben 23 Paesi europei e non tutti i clienti hanno la medesima scadenza per pagare: come per Eni, anche per molti altri la deadline è nella seconda metà di maggio e solo a quel punto si avrà il quadro completo dalla situazione. La stessa Bloomberg riferisce inoltre che Gazprom Marketing & Trading Ltd – società ora sotto controllo tedesco, che opera anche sul mercato retail – si sarebbe vista respingere il versamento per alcune forniture di aprile e maggio, anche se non aveva preclusioni verso l’impiego dei rubli. Sarà difficile da spegnere anche l’apprensione sulla possibile interruzione del transito del gas russo via Polonia e Bulgaria. Gazprom – confermando ieri in una nota di aver lasciato a secco i due Paesi perché «non hanno pagato secondo la procedura stabilita» – ha lasciato intendere che potrebbe non compensare eventuali forniture “perdute” durante il trasporto: «In caso di prelievo non autorizzato del gas russo dai volumi in transito verso Paesi terzi, le forniture in transito saranno ridotte del medesimo volume», afferma la nota. L’incognita politica In ultimo, ma da non sottovalutare, c’è l’incognita politica. La Commissione Ue si avvicina a decretare l’embargo contro il petrolio russo, dopo l’accelerazione di Berlino nel diversificare i rifornimenti. Mosca potrebbe vendicarsi in modo trasversale, con l’arma del gas. Nel frattempo Bruxelles – che solo la settimana scorsa con un parere legale aveva sdoganato il nuovo sistema di versamenti a Gazprom – è tornata a tuonare contro il «ricatto del pagamento in rubli». In realtà nessuno ha dovuto piegarsi ad usare la valuta russa, perché il decreto firmato il 31 marzo dal presidente Vladimir Putin, molto annacquato rispetto alle iniziali rivendicazioni del Cremlino, non lo richiede. Oggi il tema è tornato scottante. Così scottante che il cancelliere austriaco Karl Nehammer – dopo aver detto che Vienna si è adeguata alle richieste di Gazprom – si è visto costretto a precisare, «prima che le fake news sulla propaganda russa vengano diffuse ulteriormente», che i versamenti sono sempre stati in euro perché «l’Austria si attiene alla lettera alle sanzioni concordate dall’Ue».


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