STUPIDA RAZZA

sabato 30 aprile 2022

Gender e follie green Ue penalizzano le Pmi

 

Alzi la mano chi non ha sentito, almeno una volta negli ultimi anni, parlare di investimenti sostenibili in società che seguono i cosiddetti criteri Esg. L’acronimo di environmental (ambientale), social (inclusione sociale), governance (la gestione di una società, che non può escludere la parità di genere) è diventata una sorta di etichetta che serve per distinguere le aziende «etiche». Con la tassonomia finanziaria della Ue, si è già deciso di «bollinare» come Esg il finanziamento dell’i n dustria nucleare e del gas in quanto energie di transizione, dietro il rispetto di alcune c o n d i z io n i . Ma c’è una nuova direttiva proposta da Bruxelles che rischia di avere un impatto anche sulle Pmi, le piccole medie imprese rimaste fino a oggi fuori dai radar delle normative sui «bollini» della sostenibilità. Lo scorso 23 febbraio la Commissione europea ha predisposto lo schema di una norma comunitaria che per favorire un comportamento sostenibile dei grandi gruppi industriali li chiama ad essere responsabili anche della sostenibilità delle aziende che compongono la supply chain. Se entrerà in vigore, le Pmi, per continuare ad essere fornitori o distributori delle big, dovranno dimostrare di essere anch’esse «Esg complaint», ovvero di rispettare tutti i criteri di sostenibilità, con costi di adeguamento molto elevati. Verranno dunque imposti, seppur indirettamente, nuovi paletti alla certificazione della filiera dei grandi gruppi sia a monte sia a valle. Pensiamo ai distretti, al settore della moda, con le piccole concerie o pelletterie che lavorano per le griffe, o a quelle del comparto alimentare, per non parlare dell’edilizia. L’id e nt i - tà Esg non dipenderà più, dunque, da quello che tu grande azienda fai per rispettare i criteri nei tre ambiti della sostenibilità, ma anche dalla capacità di monitorare o correggere quello che fanno i tuoi fornitori e distributori. Un colosso come l’Eni si è già preparato: a febbraio 2021 ha creato Open-es, una piattaforma per le informazioni Esg di filiera. In sostanza, il fornitore entra e può ottenere gratuitamente un report di sostenibilità, basato sul consolidamento delle informazioni inserite. Una specie di autocertificazione Esg che gli consentirà di partecipare ai nuovi bandi o di continuare a lavorare con il Cane a sei zampe. In molti settori questa bollinatura rischia però di essere più complicata e anche costosa. Soprattutto quando verrà richiesta per legge. Ma se e quando la nuova direttiva Ue entrerà in vigore, ci sarà anche un’altra svolta dirompente dagli effetti più «politici». Le aziende dovranno infatti creare anche un modello interno di controllo e ascolto degli stakeholder anche di quelli delle Pmi con cui si interfacciano. E tra questi nella direttiva vengono menzionati esplicitamente i sindacati. Nell’a rt i - colo 9 della proposta di direttiva c’è un richiamo al cosiddetto stakeholder capitalism (ovvero quello guidato da relazioni reciprocamente vantaggiose tra l’azienda e i dipendenti, i clienti, i fornitori e le comunità dove opera), dedicato alle procedure di reclamo. I reclami possono essere presentati da: «persone interessate o che hanno ragionevoli motivi per ritenere che potrebbero essere colpite da un impatto negativo; sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano persone che lavorano nella catena del valore in questione; organizzazioni della società civile attive nei settori collegati alla catena del valore in questione». Insomma, una rappresentazione didascalica del concetto di stakeholder. Non solo. «Viene espressamente previsto che l’azienda dia risposta a queste segnalazioni e, soprattutto, che chi ha reclamato possa incontrare i rappresentanti dell’azienda a un livello appropriato per discutere gli impatti negativi gravi potenziali o reali che sono l’oggetto del reclamo. Quindi si arriva a una sorta di concertazione allargata sulla soluzione dei problemi», spiega Luca Testoni, cofondatore di Et group, cui fanno riferimento Eticanews ed Esg business review. «Certo, i leader dei singoli settori industriali hanno tutto l’interesse che questo meccanismo funzioni ma l’i mporre all’azienda una Esg identity relazionale, cioè legata all’insieme delle sue relazioni, apre orizzonti completamente nuovi. Tanto che nella proposta di direttiva è prevista, di fatto, l’i s t i tu z io n e anche di una nuova Authority europea composta dai rappresentanti delle autorità di vigilanza», aggiunge Te s to n i . Che il prossimo 15 giugno con Et group presenterà i risultati dell’Igi (Integrated governance index) realizzato ogni anno presso le società quotate e che approfondisce le modalità con cui le quotate stanno affrontando i temi legati alla Esg. Sarà dunque interessante capire come le Pmi sapranno adeguarsi alle nuove norme. Il tema era stato già accennato in due domande del sondaggio fatto per il rapporto 2021 da cui veniva fuori che metà delle società intervistate attuavano una due diligence sui fornitori per i temi ambientali e sociali e oltre la metà applicava modelli di compliance Esg. «Ma alla luce delle novità arrivate da Bruxelles quest’anno le risposte saranno sicuramente più ponderate», conclude Te - s to n i .

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