STUPIDA RAZZA

giovedì 28 aprile 2022

Industria, 218 miliardi di ricavi messi a rischio dalla guerra

 

Sessantotto miliardi quest’anno, altri 101 persi il prossimo. Se tutto va bene, perché nello scenario più cupo il costo per le imprese salirebbe ancora, quasi 220 miliardi in termini reali nel biennio. Le stime di Cerved sugli effetti della destabilizzazione del quadro internazionale seguita all’invasione della Russia in Ucraina, insieme ai consistenti rincari dei prezzi delle materie prime, evidenziano il forte impatto di questo quadro sulle prospettive di ripresa dell’economia italiana. Nuovo scenario che costringe ad una revisione al ribasso delle attese, con il tasso di crescita dei ricavi delle imprese in termini reali in discesa al 3,2% (quasi la metà rispetto alle stime preguerra), per poi attestarsi al 2,2% nel 2023. Questo nell’ipotesi di una soluzione del conflitto entro giugno e di un rientro dell’emergenza-prezzi. Diversamente, in uno scenario peggiore, i margini di ripresa sarebbero ancora più esigui: con una crescita del fatturato industriale in termini reali limitata al 2,5% nel 2022 e all’1,6% nel 2023. Anno in cui i ricavi reali sarebbero appena in linea con il livello preCovid vanificando così una crescita reale di cinque punti, quanto ipotizzato prima del manifestarsi della crisi. La differenza, nel biennio, è di 218 miliardi in valori costanti, livello che lievita di molto se si tiene conto dell’inflazione. Effetti complessivi che tengono conto delle restrizioni sull’import (grano, olio di semi, cuoio, fertilizzanti) e sull’export (abbigliamento, calzature, arredo casa), così come dei problemi di approvvigionamento di alcuni input produttivi (ammoniaca, ghiaia, carta, legno, metalli), situazione che si innesta sul trend di rincari delle materie prime ora amplificato dallo shock sui mercati del gas e dei combustibili fossili. A generare conseguenze ancora più severe sulla nostra economia - spiegano gli analisti Cerved - potrebbero però essere altri effetti indiretti del conflitto, come il generale clima di incertezza, la forte volatilità dei mercati e il peggioramento della fiducia. Rallentamento delle principali variabili macro che potrebbe anche togliere slancio alla traiettoria di rimbalzo dei settori più fortemente colpiti dalla pandemia, come turismo, ristorazione e sistema moda. Frenata che sarà comunque disomogenea, con le previsioni settoriali a mettere in evidenza andamenti divergenti nel sistema produttivo. Considerando gli effetti del triennio 2021-23, in un mix che tiene conto di rimbalzo post-Covid ed effetto-guerra, a realizzare le crescite più robuste rispetto ai livelli del 2019 sono costruzioni (+20,2% nello scenario base e 19,3% nello scenario peggiore), metalli (+14,9% e +14,3%), dei mezzi di trasporto (+10,7% e +10,3%) e dell’elettrotecnica e informatica (+9,3% + 8,4%). All’estremo opposto, invece, si trovano carburanti (-8,8% e -10,2%), servizi non finanziari (- 4,8% e -5,6%) e sistema moda (-4,0% e -5,1%). Nello scenario peggiore, in sintesi, a fine 2023 saranno ben dieci i settori ancora in rosso rispetto al 2019, più della metà dei comparti monitorati. E non stupisce, a livello disaggregato, vedere come siano le categorie del turismo (come trasporti  aerei, agenzie di viaggio, gestione aeroporti, alberghi e strutture ricettive) quelle soggette al maggior ridimensionamento delle aspettative, tenendo conto degli effetti diretti e psicologici dell’invasione russa. Le agenzie di viaggio, che nel biennio avrebbero potuto quasi raddoppiare i ricavi, si limiterebbero così ad un recupero del 55%. Se dal punto di vista dei ricavi non si può sorridere, altrettanto accade dal lato dei margini: i prezzi più alti di materie prime, componenti ed energia frenano la dinamica della redditività lorda, soprattutto dei settori più esposti, rallentando gli effetti della ripresa. Secondo le stime di Cerved, in uno scenario di mancato riassorbimento dei rincari, il Mol in rapporto al fatturato delle imprese italiane potrebbe calare di 1,3 punti nel 2022 e di altri 1,9 nel 2023 rispetto ai valori previsti prima dello shock materie prime (8,4% nel 2022 e 8,6% nel 2023). Restringendo l’analisi ai settori maggiormente impattati dai rincari gli effetti sarebbero ancora più consistenti, con cali nell’ordine di 1,7 punti nel 2022, di 2,6 nel 2023.


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