STUPIDA RAZZA

venerdì 29 aprile 2022

L’euro cade ai minimi dal 2017 sul dollaro: pesano Fed, gas e crisi

 



L’euro scivola sui minimi dal 10 gennaio 2017, sotto la soglia di 1,06 contro il dollaro. La notizia è arrivata ieri non certo come un fulmine a ciel sereno, dato che il super-dollaro corre su tutte le valute del mondo ormai da mesi: il biglietto verde è infatti sui massimi dal maggio 2002 sullo yen, dall’aprile del 2021 sullo yuan, dal luglio 2020 sulla sterlina e in generale è al top dal marzo 2020 su tutte le principali valute globali secondo il dollar index. Tante sono le cause di questa galoppata. Ma tante sono anche le conseguenze. Una, effimera, è emersa ieri: la debolezza dell’euro è stato uno dei motivi che hanno sostenuto le Borse europee (nonostante l’incertezza sul gas russo), dato che le aziende qualche beneficio lo ricavano nelle esportazioni. Così in serata - anche per questo motivo - tutti i listini hanno chiuso col segno più: Milano +0,63%, Parigi +0,48%, Francoforte +0,27%, Madrid +0,46%, Londra +0,53%. Partiamo dalle cause del superdollaro. Il principale motivo è legato alle aspettative sui tassi d’interesse. Tutto nasce dall’inflazione, che negli Stati Uniti ha raggiunto l’8,5% e in Eurozona il 7,5%. Se i numeri sembrano simili, le cause sono però molto diverse tra le due sponde dell’Atlantico. In Europa - secondo i calcoli di Intesa Sanpaolo - due terzi dell’inflazione che eccede l’obiettivo Bce del 2% sono causati dal rincaro dell’energia. Dunque in Europa l’inflazione è principalmente importata. Diverso il caso degli Stati Uniti, dove la componente energia ha causato solo un terzo del rincaro, mentre la parte più pesante è costituita dall’aumento del prezzo delle automobili. Inoltre negli Usa il mercato del lavoro è ben più solido e i salari salgono. Queste diverse “inflazioni” hanno causato differenti reazioni delle due banche centrali in Usa ed Eurozona. La Fede è ben più aggressiva: ormai il mercato dà per scontati tre rialzi dei tassi di fila da 50 punti base l’uno a partire da maggio. Sarebbe la più veloce stretta monetaria dal 1982. La Fed ha anche annunciato la riduzione dei titoli acquistati durante la pandemia per 95 miliardi al mese. In Europa, a causa della diversa natura dell’inflazione stessa e dell’incertezza economica derivante dalla guerra in Ucraina, la Bce è invece ben più cauta. Morale: questa divergenza tra le banche centrali ha causato un rialzo dei tassi di mercato molto più consistente negli Stati Uniti che in Europa. Il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa biennali e quelli tedeschi è infatti passato dai 136 punti base di inizio anno ai 245 attuali. Questo fenomeno attira capitali negli Usa. Dunque rafforza il dollaro a scapito dell’euro. Ci sono poi altri fattori. Per esempio il fatto che ad aprile 2022 le entrate fiscali negli Usa abbiano registrato un forte aumento: «Dato che le tasse si pagano il 18 aprile - osserva Antonio Cesarano di Intermonte - c’è stato probabilmente un rimpatrio di denaro proprio per questo». Se si conta, poi, che l’economia europea è gravata dalla situazione in Ucraina molto più che quella statunitense, si capisce che di motivi per veder salire il dollaro ce ne sono parecchi. Il super-dollaro può però diventare un problema per l’Europa. È vero che un euro più debole aiuta le esportazioni (questo è stato uno dei motivi che hanno tenuto ieri a galla le Borse), ma è anche vero che importa ulteriore inflazione. E dato che il costo della vita è la grande piaga del 2022, questa non è una notizia positiva. Vedremo cosa farà la Bce e se questo darà più voce ai «falchi». In attesa di saperlo, le preoccupazioni hanno contribuito a far salire lo spread tra BTp e Bund fino a 178 punti: massimo da giugno 2020.

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