STUPIDA RAZZA

giovedì 23 dicembre 2021

Divisi in gruppi che si vogliono male, viviamo un sadico esperimento sociale

 

Negli anni Settanta del secolo scorso, lo psicologo Henri Tajfel condusse una serie di esperimenti che misero le fondamenta alla psicologia sociale. Tajfel era solito dividere i partecipanti in due gruppi, sulla base di criteri e parametri arbitrari. Le osservazioni portavano sempre a constatare che tra i due gruppi si costituisse una polarizzazione estrema, a tratti anche violenta, con gli appartenenti all’una e all’a l tra «parte» in netto contrasto, con atteggiamenti aggressivi. L’esatta rappresentazione di quello che sta succedendo ora in Italia.Negli anni Cinquanta del secolo scorso, lo psicologo Henri Taj fel (nato con il nome di Hersz Mordche; su questo punto tornerò) cominciò a condurre esperimenti psicologici in Inghilterra, prima nelle università di Londra e Oxford e poi, come direttore del dipartimento di psicologia sociale, in quella di Bristol. Il suo lavoro costituisce a tutt’oggi il fondamento della teoria dell’identità sociale e non ha mai cessato di mostrare straordinaria pertinenza e attualità, soprattutto di questi te m pi . I più famosi esperimenti di Ta j fel furono condotti a Bristol negli anni Settanta e riguardavano la formazione e il funzionamento dei cosiddetti i n g ro up s e o utg ro up s ( gruppi interni ed esterni, o gruppi di appartenenza e non appartenenza). In un esperimento di questo tipo, dei soggetti vengono divisi in due gruppi in base a criteri puramente arbitrari. Può essere la preferenza per i quadri di Ka n d i n s ky o di K l e e; può essere la risposta a una certa domanda (anche una risposta fittizia: siccome i soggetti non sanno come hanno risposto gli altri, potrebbero essere messi insieme con persone che hanno dato risposte diverse dalle loro); a detta di Ta j fel , potrebbe perfino essere il lancio di una moneta. Da quel momento in avanti, si dimostra che i soggetti sviluppano una netta preferenza per i membri del proprio gruppo interno: li considerano migliori di quelli dell’o utg ro up, fondano la propria autostima su questa presunta superiorità e si favoriscono reciprocamente, danneggiando al tempo stesso gli «avversari», nel caso di decisioni che distribuiscono beni e privilegi vari (eventualmente anch’essi fittizi). Gli esperimenti di Ta j fel sarebbero illuminanti, per esempio, nello spiegare il comportamento dei tifosi di squadre di calcio, i quali, distinguendosi fra loro per banalità come i colori delle loro maglie e dei loro stendardi, possono arrivare ad accoltellarsi l’un l’altro. Ma, come dicevo, sono anche illuminanti nella situazione in cui ci troviamo. Vediamo di spiegare. Negli ultimi due anni, gli italiani (è vero anche di altri popoli, ma limitiamoci a noi) sono stati divisi dal governo in base a criteri del tutto arbitrari e irragionevoli. All’inizio la distinzione era fra quelli (una grande maggioranza) che sostenevano lockdown, mascherine e altre misure insensate e gli altri (una sparuta minoranza) che le opponevano. Paesi come la Svezia che non le hanno adottate hanno avuto, percentualmente, meno danni da Covid dell’Italia, ma non importa: una volta definiti i ng ro up e o utg ro up, l’aggressività reciproca raggiunse livelli stratosferici. Ricordo un episodio accaduto verso l’i n i z io di questa follia, quando (a Padova, se non ricordo male) due farabutti, padre e figlio, pestarono a sangue uno che, da solo, stava facendo jog ging per la città, contravvenendo agli arresti domiciliari. Assurdo? Certo, ma perfettamente spiegabile con l’aiuto di Ta j fel . Ora siamo nell’era dei vaccini, dei green pass e super green pass, e i gruppi (un po’ meno sbilanciati numericamente) sono altrettanto ben identificati. Su basi altrettanto arbitrarie, perché, a dispetto delle avventate promesse e false informazioni fornite dal governo e dai suoi sicofanti, i vaccinati (oltre a morire spesso di malori improvvisi) contagiano e si contagiano tanto quanto i non vaccinati. Ma l’aggressività reciproca è comunque esplosiva, come io e altri abbiamo documentato per mesi. Perché non conta che la distinzione abbia senso: conta solo che si riesca a indurla; poi farà il suo sporco lavoro. Chissà, forse i geni del Comitato tecnico scientifico, che sembrano non aver azzeccato nessuna previsione e nessuna scelta politica, sono particolarmente versati in psicologia sociale ed esperti non tanto in biologia o medicina quanto nella manipolazione delle masse. Torniamo però, come promesso, a Ta j fel . Era nato in Polonia nel 1919, con il nome che ho detto, ed era (come il nome suggerisce) ebreo. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale era a Parigi, dove studiava alla Sorbona. Si arruolò nell’esercito francese e, quando questo fu rapidamente sbaragliato dai tedeschi, trascorse il resto del conflitto in un campo di concentramento. Alla fine della guerra, scoprì che tutti i membri della sua famiglia e la maggioranza dei suoi amici e conoscenti erano stati trucidati dai nazisti. Il suo lavoro di scienziato e studioso, dunque, non era guidato dall’ambizione accademica o dal desiderio di arricchirsi con scoperte e brevetti, ma dalla necessità di capire che cosa non avesse funzionato nella natura umana in quel tragico periodo: che cosa avesse spinto tedeschi e altri europei «normali» a commettere abiette crudeltà. Oggi avremmo bisogno di un altro Ta j fel . Ma i candidati plausibili sono perlopiù impegnati a prestare i loro servigi a finanzieri e dittatori.



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