STUPIDA RAZZA

lunedì 27 dicembre 2021

La lezione che arriva dall’inflazione tedesca di un secolo fa

 

«P er tanti anni ho potuto solo scrivere, ora posso
parlare». È quanto si legge nell’ultimo lavoro
di Antonio Fazio su L’inflazione in Germania
nel 1918-1923 e la crisi mondiale del 1929,
(Treves Zeitgeist, 2021). Questo volume, a
parte l’attenta disamina storico-economica di
un ventennio che ha visto svalutazioni e rivalutazioni delle più
importanti monete dell’Occidente industrializzato, è
rappresentativo delle criticità che hanno accompagnato – e
accompagnano – la nascita e l’evoluzione della moneta unica
europea. Ma si tratta di un accostamento e di un confronto svolto
con garbo ed eleganza, basato su di un solido bagaglio culturale da
economista e privo di sovrastrutture di carattere politico o
ideologico. Questo rende il lavoro di Fazio particolarmente
interessante, oltre che per i contenuti esposti, per quanto non
scritto nelle, ma tra le righe, ricorrendo al confronto tra quanto
molti Paesi furono costretti a sopportare deflazione e/o
sovrapproduzione (ORA,TUTTI E DUE !) per mantenere le loro monete vincolate al gold
standard
, similmente a quanto accade oggi con la moneta unica,
che, in quanto tale, non permette alcuna flessibilità di cambio
rispetto a condizioni strutturali e di crescita diverse delle nazioni
che la condividono. In questa cornice, lo scopo sotteso appare forse
ancor più ampio di quello esplicito: paragonare l’architettura
interpretativa degli eventi degli anni Venti e Trenta del Novecento a
quella attuale dell’Unione monetaria europea, dove, in presenza di
un tasso di cambio predeterminato e di moneta unica, un aumento
di competitività potrà ottenersi solo riducendo in misura
significativa il costo del lavoro.
D’altronde Fazio, sin dal suo ingresso in Banca d’Italia nel 1960 con
una borsa di ricerca presso il Servizio studi, quando ignorava che
sarebbe arrivato ai vertici di quello che è uno dei più prestigiosi
istituti internazionali come governatore nel 1993, volle con
determinazione approfondire il tema della moneta, sia sotto
l’aspetto empirico che teorico, coniugandolo, a latere, con
l’econometria; connubio che lo condurrà, sotto il magistero di Guido
Carli, all’elaborazione del modello econometrico dell’economia
italiana, testato nel 1974 al tempo della prima crisi petrolifera.
Sono e saranno gli anni della maturazione dei suoi studi sulla teoria
monetaria, grazie agli insegnamenti di premi Nobel quali Paul
Anthony Samuelson e Franco Modigliani, oltre che di Robert Solow,
e al costante confronto con Baffi e Ciampi, entrambi governatori
della Banca d’Italia, e con Savona, Vicarelli, Tarantelli e tanti altri. È
anche il periodo della frequentazione di prestigiosi centri di ricerca
quali il Mit e di difficili raffronti professionali con il Fondo monetario
internazionale, sempre su temi e problemi riguardanti l’inflazione, il
corso dei cambi, i tassi di interesse, i prezzi e il costo del lavoro. È su
queste basi di teoria e prassi che Fazio affronta i temi della
iperinflazione in Germania e della grande crisi del 1929.
Dopo una puntuale disamina delle cause che provocarono un
vertiginoso aumento dei prezzi e la svalutazione del marco in
Germania dal 1918 al 1923, Fazio si sofferma sulla deflazione che
seguì per tutti gli anni 30 alla grande crisi del 1929, causata,
quest’ultima, da una sovraproduzione che ebbe origine nel settore
primario
e dalla speculazione che causò il crollo di Wall Street. (BINGO !)
Significativamente, a proposito della Germania, Fazio ricorda
quanto scritto da Costantino Bresciani Turroni per motivare il
perché la politica economica tedesca «si è sempre preoccupata della
stabilità monetaria a qualunque costo, anche a prezzo di
ripercussioni
temporaneamente dannose per l’economia».
Perciò, il già governatore della Banca d’Italia sottolinea che «la Storia
economica ci aiuta a meglio analizzare avvenimenti e congiunture
del nostro tempo», al pari di quanto sostenuto da Samuelson che
considera questa disciplina come tutto ciò che documenta
l’esperienza empirica. Lo studio degli accadimenti contemporanei
deve allora essere considerato esso stesso Storia economica, la cui
finalità, aggiunge Antonio Fazio, è di «trarre dai fatti e loro
conseguenze qualche insegnamento di teoria e politica economica».
Ed è proprio la Storia economica che ci permette, specularmente, di
confrontare le politiche del rigore volute dalla Germania, nel ricordo
dell’iperinflazione, e quelle deflazionistiche subite da Paesi del Sud
dell’Unione, anche a seguito del deflusso di risorse verso le nazioni
del Nord
quale conseguenza dei loro surplus commerciali.
E pensare, a riprova di quanto Fazio ci insegna tra le righe di questo
volume, che nel 1997 il premio Nobel per l’economia Milton Friedman predisse che se la moneta unica fosse stata realizzata così

come era stata programmata se ne sarebbero avvantaggiati
soprattutto Germania, Benelux e Austria, «perché i cambi flessibili
rappresentano
potenti meccanismi di aggiustamento... e dunque
bisogna riflettere bene
prima di scegliere soluzione alternative».
A conferma, l’anno successivo un gruppo di economisti neo
keynesiani di livello internazionale, tra i quali il Nobel Franco
Modigliani, in un Manifesto dal significativo titolo “Contro la
disoccupazione nell’Unione europea”, sosteneva che l’obiettivo
della Banca centrale europea – il cui statuto fu voluto dalla
Germania
ad immagine di quello della Bundesbank – non doveva
limitarsi al controllo dell’inflazione non superiore al 2%,
benanche
di tenere «la disoccupazione sotto controllo», come previsto dallo
statuto della Fed.
In quel periodo, il coraggio istituzionale di Antonio Fazio a difesa del
nostro Paese fu dimostrato, altresì, nel tutelare il sistema bancario
italiano da incursione straniere. Nel 1997, in un’audizione
parlamentare, dichiarò che con l’introduzione dell’euro non avremmo
più avuto terremoti monetari, ma una sorta di bradisismo, le cui
conseguenze si sarebbero evidenziate nel tempo perché «ogni anno
perderemo qualcosa in termini di crescita rispetto agli altri Paesi».
Questo atteggiamento a difesa dell’Italia gli era già costato una critica,
poi amichevolmente ritirata, da Jean-Claude Trichet, all’epoca
governatore della Banca di Francia, che lo accusò di ricattare gli altri
banchieri centrali europei quando, nella notte del 24 marzo del 1997,
notte in cui si doveva decidere quali nazioni avessero avuto i requisiti
per entrare nell’euro, pur ricordando le sue perplessità, Fazio accettò
l’ammissione del nostro Paese al prospetto della moneta unica.
Dall’esclusione sarebbe sicuramente derivato un attacco speculativo
contro la valuta italiana, ma anche un rischio di crollo dell’intero
sistema. Tutto ciò, non certo per un atteggiamento precostituito – è
nota, infatti, la posizione non favorevole di Fazio alla immediata
partecipazione dell’Italia alla moneta unica – ma in base a una attenta
analisi economica, mostrando, ancora una volta, la sua dedizione e il
suo spirito di servizio per il nostro Paese. È bene infatti ricordare che il
regime internazionale della moneta non è una prerogativa della Banca
centrale, ma una competenza del Governo e del Parlamento.
Uno dei più attenti filosofi del Novecento, Benedetto Croce, scrisse
che la storia è sempre contemporanea. Questo volume di Antonio
Fazio ne è una ulteriore conferma poiché, come egli scrive, se
l’Historia è Magistra Vitae non dobbiamo ripetere in Europa gli errori
del passato.

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