STUPIDA RAZZA

giovedì 23 dicembre 2021

Prezzi alla produzione su del 22% Il boom rischia di diventare un botto

 

Dal boom del Pil al botto è un attimo. I dati Istat rivelano fatturati drogati dall’aumento delle materie prime e prezzi della produzione schizzati del 22%. I rialzi dei listini trasformeranno la decantata ripresa in quello che è: inflazione. Il rischio a questo punto è che pure il superbonus 110% diventi un boomerang. Costi irraggiungibi e forniture indisponibili.Atte n z ion e. Tra boom e botto c’è una differenza sottile ma abissale. I grandi giornali e la politica ci hanno fino a ora raccontato che l’economia italiana cresce. Il nostro Paese è finito sulla copertina dell’Ec o n o m i st come esempio dell’anno. Ci siamo crogiolati omettendo che nella classifica del magazine abbiamo superato Samoa, Zambia e Moldova. Mica Singapore o Svizzera. Celebrare un +6% di Pil è infatti un duplice azzardo e un mezzo inganno. Inganno perché è una percentuale e dunque va contestualizzata rispetto al mega calo del 2020. Duplice azzardo perché nasconde almeno due magagne. La prima sta nell’enorme liquidità messa in circolo che si tramuterà presto in nuovo debito pubblico e la seconda nel fatto che a tirare è la crescita dei prezzi. Il cui alter ego si chiama inflazione. Ieri l’Istat ha diffuso i dati dei prezzi della produzione industriale. Prosegue la crescita ininterrotta da dicembre 2020 con un’ulteriore accelerazione su base annua (+22,1%, da +20,4% di ottobre). La dinamica tendenziale è trainata ancora dagli incrementi di energia e beni intermedi. «Sia sul mercato interno - dove la crescita su base annua raggiunge il 27,1% (+25,3% a ottobre) - sia sul mercato estero, si rilevano accelerazioni dei prezzi diffuse a quasi tutti i settori manifatturieri», si legge nella nota. Ovviamente a spingere il tutto sono i rincari dell’energia di cui La Verità scrive da oltre un semestre tentando di lanciare un allarme fino a ora inascoltato nei fatti. Gli aumenti più marcati riguardano coke e prodotti petroliferi raffinati (+46,4% mercato interno, +18,1% area euro, +73,1% area non euro), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+24,3% mercato interno, +34,1% area euro, +26,9% area non euro) e prodotti chimici. Se ribaltiamo la medaglia e leggiamo il dato del fatturato de ll’industria dobbiamo fermarci ai dati di ottobre. Poco male perché il senso non cambia. Si capisce perfettamente che la crescita anche in questo caso è ovviamente drogata dal dato delle materie prime. Se si puliscono gli indici in base al calendario lavorativo, sempre l’Istat registra tendenziali molto marcati per l’ener - gia (+49%) e i beni intermedi (+28%), più contenuti per i beni di consumo (+10,9%) e quelli strumentali (+4,2%). Ta nt’è che se si prende il dato della crescita dei prezzi della produzione, il famoso 22% rispetto a novembre 2020, si vede che metà del picco rientra per intero nel caro bollette e l’altra metà rientra nel paniere reale dell’inflazione. Significa che molte aziende fino ad adesso hanno preferito assorbire gli aumenti nei margini, preferendo così privilegiare il fatturato agli utili. Anche la versione del Superbonus 110% inserito ieri in manovra rischia di essere un boomerang. Estesa quasi a tutti, la norma rischia di incagliarsi per il rincaro e soprattutto per la mancanza di materie prime. In generale, a gennaio, quando molte aziende si troveranno a rinegoziare i contratti elettrici, è probabile che per affrontare un anno intero di aumenti i rincari vengano scaricati verso il basso. Ed è qui che la linea sottile che separa il boom economico dal botto economico può spezzarsi. A quel punto l’inflazione reale schizzerà almeno al 10/11%. Purtroppo toccherà far notare che il governo ha perso sei mesi. Un semestre nel quale avrebbe dovuto correre ai ripari. Invece per almeno tre mesi si è preferito raccontare la favola dell’inflazione temporanea e non strutturale. (NON SONO DACCORDO !) Vale per il ministro Ro - berto Cingolani, ma anche per il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Salvo poi ammettere il contrario ma limitandosi a inserire in manovra altro denaro pubblico per calmierare gli aumenti. Non è così che si risolve il problema. Si crea solo altra inflazione. Ci saremmo aspettati già dall’estate il ripristino delle centrali a carbone e poi la riattivazione di tutte le concessioni e le attività di trivella. Poi ci saremmo aspettati scelte geopolitiche di peso. Esiste un accordo con la Francia, almeno varrebbe la pena sfruttarlo subito per la Libia. I giacimenti italiani vengono fermati. Non si sa da chi. Una situazione così instabile e pericolosa anche per il nostro Paese avrebbe almeno richiesto la discussione di un intervento militare. Boots on the g ro u n d . Stivali sul terreno per mettere in sicurezza i rifornimenti. I quali di per sé nemmeno bastano. Le tensioni sono anche in Algeria e, inutile dirlo, al confine con l’Ucraina e con la Polonia. Gazprom taglia i rifornimenti. Tutti questi colli di bottiglia, uniti alla guerra asimmetrica della Cina (che periodicamente con la scusa del Covid blocca i porti) causano aumenti esponenziali dei p rez z i . C’è una bellissima barzelletta che è anche vera. «Che cosa usavano per riscaldarsi i comunisti prima delle candele?». Risposta: «L’e l ettr ic i tà » . Che è esattamente il modello di decrescita che ha scelto per noi l’Unione europea. Certo, siamo ormai un continente che non produce più nulla. Al massimo trasforma. A un certo punto la spesa del welfare diventa insostenibile e quindi si aggredisce la ricchezza privata. Con l’inflazione e impoverendo la classe media. Un governo dovrebbe opporsi a tale scenario. E, senza andare troppo in là nel tempo, dovrebbe dire in modo chiaro come affronteremo l’inverno iniziato tecnicamente ieri. Evocare i blackout non dovrebbe essere la risposta...

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