STUPIDA RAZZA

venerdì 31 dicembre 2021

L’anno del Dragone ci lascerà ferite indelebili

 

 È stato l’anno del Dragone. Il 2021 che domani si conclude è stato dominato, funestato, comunque pervaso dall’i n go m brante presenza fiammeggiante del Dragone. Bestia mitologica di gigantesche dimensioni, simbolo araldico che   indica potenza sovrumana, serpentone minaccioso dalle lingue di fuoco, il Dragone è la figura, il mostro, la definizione che più si addice a sintetizzare i volti poliedrici dell’anno che finisce. Innanzitutto sul piano geopolitico, il Dragone è per antonomasia la Cina, fin dai tempi del Celeste impero, che dedicava una memorabile festa all’Animale simbolico, tuttora vigente. Nel 2021 la Cina è diventata la prima superpotenza mondiale, sancendo la sua egemonia planetaria, non solo a livello commerciale, demografico ed economico, con la sua espansione nel mondo e nel sopramondo, colonizzando dall’Africa allo Spazio. Il Dragone cinese è diventato il modello globale di riferimento per instaurare un regime di sorveglianza e sanità nella nuova versione di comunismo sanitario, controllo capillare ed economia pianificata. Quest’anno il Dragone cinese si è rafforzato e potenziato come mai prima d’ora, proprio sulla scia di un virus partito dalla Cina stessa, probabilmente dai suoi laboratori. L’anno del Dragone fu il titolo di un film famoso asiatico-americano nella metà degli anni Ottanta ma diventò presto l’allegoria del crescente pericolo cinese. In versione nazionale, o meglio euro-italica, il Dragone è naturalmente lui, il presidente del Consiglio M a r io D ra g h i , e non solo per via dell’assonanza onomastica con l’animale mitologico ma perché D ra g h i alla guida dell’Ita - lia è il simbolo, la protesi e la proiezione del Dragone tecno-finanziario che ha esautorato la politica dal governo della nazione e controlla i rubinetti della finanza e dei piani di ricostruzione del Paese. Non sappiamo se il 2022 sarà l’anno della sua apoteosi o della rivalsa politica; qualcuno predice che lo stesso D ra - g hi invocato quest’anno in ogni ruolo come una specie di jolly istituzionale e internazionale, finirà col non andare al Quirinale e non restare nemmeno a Palazzo Chigi, gettando nel panico la nazione ma non la partitocrazia in via di restaurazione. Difficile fare previsioni, la partita si apre adesso e le variabili sono troppe; ma per ora possiamo dire con certezza, indipendentemente dal nostro giudizio, che l’anno morente è stato l’anno del Dragone, in cui D ra g h i premier e il dragonismo eurocratico, tecnico e finanziario hanno realmente dominato il nostro Paese e deciso le sue sorti. Ma il Dragone evocato per contraddistinguere l’anno in scadenza non è solo la Cina a livello planetario o il premier D ra g h i venuto dalla finanza a soggiogare l’Italia priva di sovranità politica, ma quell’oscura e impalpabile ombra che ha dominato il mondo nelle vesti della pandemia e di tutte le conseguenze che ne sono derivate; ma anche le minacce al pianeta, il pericolo climatico ed ecologico che sembrano aver acquisito priorità assoluta nel presente quando si pensa al futuro. Il Dragone è come l’om bra proiettata sul muro dall’i ntreccio di più sagome e più fattori d’i n qu ietud i n e. Così, nei suoi tanti volti, il Dragone è diventato la metafora poliedrica di quest’anno morente per indicare l’oscuro, serpeggiante malessere che avvolge il pianeta convalescente e i serpentoni finanziari, sanitari, farmaceutici, reticolari (nel senso del Web), sovranazionali che lo ghermiscono come i serpenti di Laocoonte. Il Dragone è il Leviatano della nostra epoca. Fuor di metafora, è il pericolo totalitario che si annida nel presente e che rischia di controllare radicalmente la sorte dei popoli a partire dai singoli individui e dalle loro pareti domestiche. Un totalitarismo subdolo, capillare, anzi molecolare, di massa, legittimato dalla paura eco-sanitaria in basso e dal dogmatismo scientista in alto, seppur temperato da rassicuranti messaggi di preoccupazione per la salute dell’u m a n i tà , la prevenzione dei pericoli climatici ed economici e la retorica dei diritti umani e della democrazia universale. Non sappiamo cosa partorirà l’anno del Dragone e cosa ne resterà nell’anno che si apre. Ma veniamo da un anno anomalo e speciale, in cui la principale minaccia si presentava al tempo stesso come il principale rimedio. Sicché la dannazione coincideva stranamente con la salvezza: consegnarsi al Dragone per non farsi divorare dalle sue fiamme. Il Drago ghermisce, il Drago guarisce. Se permettete, ci piacerebbe vivere senza Dragoni incombenti, siano essi minacciosi o premurosi. Con la vulnerabile, imperfetta, rischiosa libertà di uomini alle prese col loro destino.

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