STUPIDA RAZZA

venerdì 24 dicembre 2021

Energia record, terremoto sulla filiera Operatori sull’orlo del fallimento

 

La folle corsa dei prezzi dell’energia rischia di travolgere centinaia di società che operano sui mercati del gas e dell’elettricità: grossisti, trader e più in generale tutti i soggetti che comprano forniture sulle piattaforme del Gme, il Gestore dei mercati energetici italiani, per poi trasferirle ai consumatori i attraverso le reti di Terna, Snam e altri. Il nostro Paese non è affatto immune ai problemi sperimentati dalla Gran Bretagna, dove si contano 27 fallimenti in quattro mesi, con oltre 4 milioni di clienti coinvolti. Anche in Italia, a quanto risulta al Sole 24 Ore, c’è già almeno una decina di società “saltate” perché non più in grado di integrare le garanzie finanziarie richieste per operare. E molte altre rischiano di fare presto la stessa fine, vanificando oltre dieci anni di sforzi per liberalizzare il mercato. Le banche sono infatti sempre più restie ad allargare i cordoni della borsa, concedendo le fideiussioni. E in alcuni casi, stando ai rumor, starebbero anzi chiedendo il rientro anticipato sui crediti. Sull’orlo del default non ci sono soltanto piccoli operatori. I rumor indicano che tra i soggetti che vacillano ci sia anche una multiutility non quotata, ex municipalizzata del Nord Italia. Inoltre denunciano difficoltà persino i produttori di energia, alle prese con strategie di copertura ormai troppo costose: avevano bloccato vendite di elettricità a prezzi enormemente più bassi di quelli attuali. Tra le vittime del mercato sono pochi finora i nomi emersi pubblicamente. Tra questi c’è Cura (Consorzio Utility Ravenna), che a fine novembre ha subito la risoluzione del contratto di dispacciamento da Terna e subito dopo di quello per il bilanciamento gas da Snam. Più recente è il caso Alpherg, joint venture Enoi-Trafigura, che secondo Staffetta quotidiana ha interrotto l’attività di trading dopo aver accumulato un’esposizione miliardaria, creando difficoltà a molte controparti. Ma la lista dei potenziali default si allunga di giorno in giorno, anche se in Italia – a differenza che in Gran Bretagna – sono vicende che tendono a sfuggire ai riflettori della cronaca: qui non ci sono obblighi di pubblicità al riguardo e nessuno rischia di restare al freddo o al buio, perché il sistema di salvaguardia previene interruzioni del servizio ai danni di cittadini e imprese. Tra gli operatori l’allarme è sempre più forte, alimentato dalla spirale rialzista. Il valore del gas è quintuplicato in tre mesi e decuplicato in dodici, trainando il prezzo dell’elettricità. Anche la volatilità è estrema, con oscillazioni fino al 30% in una sola giornata. Le garanzie per operare sui mercati devono crescere di pari passo ai prezzi, adeguandosi nel caso del Gme su base quotidiana. E a molte società, anche con rating elevato, le banche ormai chiedono di depositare il 100% del collaterale «Ci troviamo in una situazione fino a poco tempo fa inimmaginabile, le soluzioni ordinarie non bastano più a tutelare il sistema», denuncia Massimo   Bello, presidente di Aiget , associazione di grossisti e trader di energia, suggerendo ad esempio di concedere garanzie Sace, almeno pro tempore, agli operatori più solidi. «Non siamo per il liberi tutti, ma oggi rischiano di fallire imprese sane, gestite in modo corretto». «Questa è una crisi energetica di dimensioni epocali», (🙏🙏🙏) gli fa eco Diego Pellegrino, portavoce di Arte (Associazione reseller e trader di energia), descrivendo come un’odissea la ricerca di finanziamenti: «Per operare dobbiamo accantonare milioni di liquidità o fornire fideiussioni a prima richiesta, sia con il Gme che con i distributori e la dogana. Tranne rari casi non è permesso rivolgersi a compagnie assicurative, ma solo alle banche con il rating più elevato». Un elenco ristretto di istituti, per cui i crediti nel settore oggi scottano. Sono soprattutto i trader o i retailer del libero mercato di dimensioni ridotte a rischiare di essere stritolati, vittime di un meccanismo che negli ultimi anni hanno sfruttato molto: approvvigionarsi al prezzo di mercato, che fino a pochi mesi fa appariva in continua decrescita, e vendere elettricità o gas a prezzo fisso al cliente finale, senza proteggersi con possibili coperture. I rincari record hanno trasformato molti di questi contratti in perdite secche, innescando una reazione a catena che destabilizza gli operatori meno solidi. Non solo le banche, ma anche gli importatori e i grandi grossisti hanno infatti alzato l’asticella delle garanzie. Certo, l’aumento degli approvvigionamenti si riflette in bollette più elevate, ma anche in questo caso per gli operatori non mancano le incertezze: la materia prima va pagata subito, i tempi medi di incasso dai clienti si stanno allungando fino a 120 giorni. Tutto ciò avviene in un contesto – quello italiano – in cui l’80% dei retailer sono piccole realtà, con volumi ridotti e portafogli clienti di dimensione sub ottimale (non oltre 30mila utenze). Sono proprio questi i soggetti che oggi scontano le difficoltà maggiori. «La diretta conseguenza di questo scenario è duplice – commenta Gianpaolo Chimenti, partner PwC ed esperto di Energy & Utilities – Da un lato per i retailer di minori dimensioni si profila un contesto nel quale la crescita sostenibile appare complessa da perseguire, dall’altro si conferma la centralità dell’M&A come leva strategica per la crescita delle aziende di maggiori dimensioni, più strutturate sia in termini di integrazione di filiera, sia in termini di dimensione del portafoglio (e connesse economie di scala) e capacità finanziaria». Non è allora un caso che soggetti come Edison, Iren, A2A o Hera negli ultimi mesi si siano mossi sul filone delle acquisizioni e le aspettative nel breve termine appaiono rafforzare ulteriormente il trend.

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