Il settore dell’energia è responsabile di quasi tre quarti delle emissioni globali di anidride carbonica. Per centrare gli obiettivi sul clima fissati dagli accordi di Parigi è necessaria, dunque, una trasformazione radicale dei sistemi energetici che sostengono le nostre economie, passando da un mix centrato sui combustibili fossili a uno a basse emissioni di carbonio, basato principalmente sulle fonti rinnovabili. Limitarsi a investire sulle rinnovabili potrebbe però non essere sufficiente a garantire un approvvigionamento energetico stabile, sicuro e a prezzi accessibili. Come conciliare, dunque, la sfida della transizione con quella del benessere e dello sviluppo? Il nostro più potente alleato è la tecnologia, quella disponibile già oggi e quella che verrà. SVO LTA Di recente la ricerca ha aperto infatti la strada verso una tecnologia rincorsa dagli scienziati da oltre mezzo secolo: la fusione nucleare. La svolta è arrivata lo scorso settembre, quando Cfs (Commonwealth fusion systems), società spin out del Massachusetts institute of technology di cui Eni è il maggiore azionista, ha messo a punto e testato un superconduttore che assicurerà il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica, avvicinando il momento in cui questa tecnologia potrà essere impiegata in impianti dimostrativi. La fusione magnetica, che riproduce il processo che avviene nelle stelle, rappresenta un vero e proprio game changer del panorama energetico mondiale perché, una volta applicata a livello industriale, consentirà di ottenere energia pulita, virtualmente inesauribile e sicura. Basti pensare che un grammo di combustibile per la fusione contiene l’e n e rg i a equivalente a quella di oltre 60 barili di petrolio senza che questo comporti nessun tipo di emissioni di gas serra . Sul fronte impianti, la fusione a confinamento magnetico contribuirà a realizzare centrali molto più piccole e compatte, semplici ma allo stesso tempo efficienti. Piccole centrali saranno più facili da distribuire sul territorio e più comode da connettere alla rete elettrica riducendo quindi di molto il problema di creare nuove infrastrutture dedicate per il trasporto energet ic o. Entro il 2025 Cfs costruirà Sparc, il primo impianto sperimentale a produzione netta di energia e in seguito la ro ad m ap prevede la costruzione di Arc, il primo impianto capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica, disponibile, secondo le previsioni, nel prossimo decennio. «Il risultato straordinario ottenuto durante il test dimostra ancora una volta l’importanza strategica delle nostre partnership di ricerca nel settore energetico e consolida il nostro contributo allo sviluppo di tecnologie game changer», ha commentato l’ammin istratore delegato di Eni Claudio Des ca l z i . In un’ottica di innovazione profonda, che possa condurre nel medio termine a disporre di una forma di energia sicura e pulita, Eni ha avviato da tempo un programma che prevede impegni su più fronti. Oltre alla partecipazione in Cfs, il Cane a sei zampe collabora direttamente con il Mit a un programma scientifico, denominato Lift (Laboratory for innovation in fusion technology), volto ad accelerare l’individuazione di soluzioni in termini di materiali, tecnologie superconduttive, fisica e controllo del plasma. Eni partecipa insieme a Enea, inoltre al progetto internazionale Dtt (Divertor tokamak test), sviluppato all’interno del programma Eurofusion. Tale progetto prevede la realizzazione di un tokamak per studiare soluzioni al problema dei carichi termici all’interno della camera a vuoto. Nella fusione a confinamento magnetico, il plasma caldo è racchiuso in una camera a vuoto a forma di ciambella, chiamata per l’appunto tokamak: il plasma è generato, sostenuto e confinato grazie all’al to campo magnetico prodotti da superconduttori. Lo scopo primario del campo magnetico è evitare la deriva delle particelle del plasma verso le pareti del recipient e. IL TOKAMAK Un altro progetto internazionale di ricerca sulla fusione nucleare, a cui contribuisce anche l’Ue, è Iter (International thermonuclear experimental reactor). Il progetto nasce da un accordo del 2006 da sette partner: Cina, Euratom (rappresentata dalla Commissione europea), India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti e punta a sviluppare un reattore gigante che dovrebbe produrre dieci volte più energia di fusione rispetto all'energia termica immessa nel plasma. I lavori di costruzione sono iniziati nel 2007 a Cadarache, nel Sud della Francia, in un sito di 42 ettari che ospita oggi il tokamak, diversi edifici, infrastrutture e impianti di alimentazione. Nel 2020 è cominciata la fase di assemblaggio del tokamak, che durerà cinque anni. Nel 2025, Iter dovrebbe creare il suo primo plasma super riscaldato, per poi raggiungere la piena potenza entro il 2035, al fine di dimostrare che è possibile produrre più energia di quanta non ne venga utilizzata per il processo.
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