STUPIDA RAZZA

venerdì 24 dicembre 2021

Il governo dà la colpa ai cittadini per occultare i suoi sette fallimenti

 

Screening di massa, messa in sicurezza delle aule, accordi con istituti privati, interventi sul Tpl, potenziamento della sanità, tracciamento, prezzo dei tamponi. Sette fallimenti pubblici. Ma si è scaricata la responsabilità sui cittadini.Diceva Albert Einstein che la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Eppure, le autorità politiche, passando per corti e coorti di virologi e comitati tecnici, sembrano insistere in modo ossessivo-compulsivo nel ripetere i medesimi errori. Come si spiega questa irragionevole perseveranza? Certo, gioca un ruolo la scarsa propensione di qualsiasi burocrazia all’auto c r i t ic a . Ma forse c’è anche dell’altro, e si tratta di un cinico calcolo politico. Così facendo, lo scrutinio continua a essere indirizzato sul cittadino e mai sul potere. Il capro espiatorio è lì (cioè, siamo noi), pronto a essere colpevolizzato e immolato. Al contrario, il decisore pubblico si autoesonera da qualunque onere della prova, da ogni meccanismo razionale di verifica del suo operato. E così, dopo due governi e due anni di emergenza pandemica, si prosegue (con l’a i uto della maggior parte dei media) a gettare la croce addosso agli italiani, per meglio occultare almeno sette macroscopici fallimenti pubblici. Primo, il mancato screening di massa attraverso i tamponi rapidi, salivari o nasali. Per mesi, La Verità ha insistito con una proposta uovo di Colombo, valida per le scuole e per le aziende, che avrebbe consentito non solo un monitoraggio costante della situazione, ma avrebbe anche sdrammatizzato molte tensioni. Prendiamo l’esempio di un istituto scolastico: l’uso sistematico e non invasivo di un tampone orale avrebbe consentito di far proseguire l’attività senza esporsi a un andamento a singhiozzo delle lezioni. E invece? Si è limitata l’ad oz io - ne di questo strumento a pochi istituti-campione, vanificando l’o p e ra z io n e. Secondo, il nulla di fatto sulla messa in sicurezza delle aule attraverso impianti di ventilazione meccanica controllata. Era scontato che, dovendo fare i conti con la circolazione del virus in ambienti chiusi, la purificazione e il riciclo dell’aria fossero carte decisive. E invece? Si sono buttati più di 300 milioni dei contribuenti per i banchi a rotelle, limitandosi per il resto alla raccomandazione di aprire le finestre. Come se in pieno inverno fosse una soluzione intelligente far morire di freddo gli alunni. Terzo, ancora sulle aule. Sempre qui sulla Ve rità , sin dall’inizio, si era caldeggiata u n’intesa con gli istituti privati, finalizzata ad aumentare le aule disponibili. Un po’ per motivi ideologici, un po’ per disorganizzazione, non risultano passi concreti. Così come ben poco si è fatto per lo scaglionamento di orari e ingressi e la moltiplicazione dei turni. Quarto, il trasporto pubblico. Un’altra campagna del nostro giornale - ragionevole quanto praticabile - aveva incoraggiato accordi massicci e sistematici con le compagnie private di trasporto turistico per il potenziamento dei bus. Certo, un’intesa con queste compagnie non avrebbe potuto aumentare le linee di treni e metropolitane (ovvio), ma avrebbe certamente portato a un poderoso aumento dei mezzi su gomma da destinare ai ragazzi per raggiungere le scuole e tornare a casa. Quinto, terapie intensive e ricoveri ordinari. Già appare curioso che con dati di ricovero di poco superiori al 10%, si gridi al collasso. Ma resta il fatto che si sarebbe potuto fare molto di più (in considerazione della massa di denaro pubblico spesa in ventiquattro mesi) per potenziare gli organici di medici e infermieri (con particolare riguardo al personale addetto alla rianimazione). Così come non si capisce perché ci si sia fermati a circa 9.000 posti di terapia intensiva, con voci insistenti (mai smentite in modo definitivo) secondo cui non tutti sarebbero effettivamente attivabili. Così come non si capisce perché sia rimasto senza seguito il progetto di strutture mobili, eventualmente spostabili nell’una o nell’a l tra zona critica, in base all’andamento delle emergenze sui territori. Sesto, il tracciamento. La vicenda della mitologica app Immuni è ormai consegnata alla storia. Ma resta il fatto che è contraddittorio - nei giorni pari - gloriarsi per il «vantaggio» di due settimane che l’Italia vanterebbe rispetto ad altri Paesi europei rispetto alla diffusione dell’una o dell’altra variante, e poi - nei giorni dispari - scoprire che non ci siamo dotati di un efficace meccanismo per accorgerci in tempo della diffusione delle linee di c o nta g io. E infine settimo, il prezzo dei tamponi. Per mesi (si pensi al leggendario «costo psichico» teorizzato da Renato Brunetta, con tanto di evocazione sadica del lungo cotton fioc che doveva arrivare fino al cervello), si sono branditi i tamponi come clava per punire i non vaccinati. A questa linea di pensiero ha fatto da pendant il costo elevato dei tamponi, nonostante l’insistenza sul fatto che i prezzi fossero «calmierati»: come se spendere 15 euro per 15 volte al mese (225 euro mensili) fosse una cosetta da niente per il budget degli italiani. E invece? Joe Biden ha preannunciato la consegna (gratuita) di mezzo miliardo di test agli americani, mentre già da mesi Boris Johnson, costantemente aggredito dai media nostrani, ne fa consegnare sette a famiglia ogni settimana. Come si vede, l’i n s i s te n za ossessiva su alcuni errori ha un motivo preciso. Celare ciò che le autorità non hanno saputo, potuto, voluto fare.

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