STUPIDA RAZZA

mercoledì 16 marzo 2022

Auto, con la guerra a rischio paralisi un crocevia globale

 

L’auto, dopo la crisi dei semiconduttori (che proseguirà per tutto il 2022), l’esplosione dei prezzi di materie prime e componenti e le difficoltà della logistica causa Covid, si ritrova anche nella morsa dell’Orso russo. Sono pesanti le conseguenze dell’aggressione militare di Mosca ai danni di Kyiv. E il perché è subito evidente, se si guarda ai dati: l’industria automobilistica europea importa ogni anno fino a 3-4 miliardi di dollari dall’Ucraina, principalmente per componenti. «Gli effetti incrociati sulla disponibilità di materie prime e di componenti amplificheranno il problema di un'industria già impegnata in una trasformazione profonda e tesa: oltre alle ripercussioni sul prezzo e sulla disponibilità di energia, l'Europa nel 2019 importava dalla Russia 18 miliardi di dollari di materie prime destinate anche all'auto: ferro e pig-iron (ghisa grezza utilizzata nella produzione di ghisa grigia); alluminio (2,8 miliardi); platino e nickel (2,3 e 1,8 miliardi rispettivamente) usati nei catalizzatori e nelle leghe; gomma e nero di carbone (1,7 miliardi) utilizzato negli pneumatici; neon utilizzato nella produzione di microchip», commenta Dario Duse, managing director della società di consulenza globale AlixPartners. Non solo. Le connessioni industriali con questa parte di Est europeo sono molto strette: dai primi anni duemila, in Ucraina, più di venti fornitori internazionali dedicati all’industria dell’auto hanno aperto circa 40 stabilimenti produttivi. Ancora l’Ucraina è uno dei principali produttori di cablaggi e fasci di cavi fondamentali per l’elettronica di ogni automobile. Alix Partners ha stimato per Il Sole 24 Ore che nel 2019 l’industria europea dell’auto ha importato dall’Ucraina cavi isolanti e altri conduttori elettrici per circa 1 miliardo di dollari, principalmente in Germania, Polonia e Romania. Secondo Leoni, uno dei principali fornitori di sistemi di cablaggio automobilistico, con due siti produttivi in Ucraina, il conflitto sta generando importanti ripercussioni sulla capacità di rifornire diverse case automobilistiche, prime fra tutte le tedesche. Questa difficoltà nel reperire i componenti necessari rallenta a sua volta i siti produttivi. I cavetti però sono soltanto una parte del problema. Va ricordato che l’Ucraina non è solo il Paese che ha dato all’allora Unione Sovietica il programma di riarmo nucleare (dopo il crollo dell’impero di Mosca, infatti, era la terza potenza mondiale, con 1.800 ordigni nucleari) e l’aviazione civile, grazie ai celebri aerei Antonov. Storicamente l’Ucraina è il maggiore esportatore di gas neon, cruciale per produrre semiconduttori. Il conflitto in atto potrebbe quindi creare nuovi seri intoppi nella produzione di microchip, di cui è sempre più affamata l’industria automobilistica, oltre che quella dell’elettronica di consumo, dai tv agli smartphone. Anche se, dal 2014, anno dell’occupazione russa della Crimea, il mercato ha messo in moto un processo di diversificazione della catena di fornitura, per evitare dei cul-de-sac. Guardando poi alla Russia, è uno dei principali esportatori di materie prime per la catena di approvvigionamento dell’industria europea dell’auto: dall’alluminio (per la carrozzeria), al nichel per le batterie (si veda altro articolo in pagina). Il gigante russo Norilsk Nickel, fornitore di palladio e nickel, dichiara di fornire il 30-40% del palladio prodotto nel mondo e il 12-15% del nickel, che può raggiungere il 40% se si tratta del nickel di alta qualità utilizzato per le batterie di motori elettrici per trazione. Questi dati sono ancora più impressionanti se si considera che circa l’80% del palladio esportato è utilizzato per i sistemi di scarico delle auto. Poi c’è il capitolo pneumatici. La Russia è uno dei principali produttori di gomma sintetica. I principali produttori globali - Bridgestone, Continental, Nokian, Pirelli, Michelin - hanno stabilimenti in Russia. Proprio ieri, il leader mondiale, Bridgestone, ha deciso di sospendere tutte le attività produttive in Russia, «fino a nuovo avviso». La decisione «entrerà in vigore - ha spiegato il colosso nipponico - venerdì, una volta terminati i preparativi necessari». Congelati gli investimenti e sospese tutte le esportazioni verso la Russia. I mille dipendenti dello stabilimento di Ulyanovsk saranno sostenuti economicamente. Diverse case stanno fermando la produzione, non solo in Russia e Ucraina, ma anche in alcuni stabilimenti europei, a causa della mancanza di componenti. Volkswagen ha fermato la produzione di diversi modelli elettrici nei siti di Dresda e Zwickau, in Germania; stop per Skoda negli impianti di Kaluga e Nizhny Novgorod dove produce Octavia, Karoq, Kodiaq e Rapid. Audi taglierà la produzione tedesca dello stabilimento di Ingolstadt per i modelli A4, A5, A6 e A7 in marzo; Mercedes sta riducendo i turni in diversi stabilimenti; Bmw avrà difficoltà nel garantire continuità in diversi stabilimenti, sia Monaco che Dingolfing. Stop produttivi anche per il sito Mini di Oxford. Tra i marchi ad aver sospeso le vendite in Russia Honda, Mercedes, Porsche, Volvo, Jaguar Land Rover, General Motors e Daimler Truck. «La pandemia ha determinato una revisione della strategia di approvvigionamento dei produttori auto. Prevediamo che la crisi Ucraina la spingerà oltre», commentano da Alix Partners. I principi di globalizzazione e contenimento ai minimi dei costi lasciano da tempo spazio a priorità quali la resilienza della catena di fornitura e la vicinanza. I principali motivi che spingono in questa direzione sono la crescita dei costi di logistica (e la difficoltà a ricevere consegne puntuali) e la progressiva crescita dei costi produttivi in paesi che una volta venivano considerati in via di sviluppo (come la Cina). La strategia per contrastare i forti venti contrari sono l’accorciamento della catena di fornitura e l’incremento del controllo diretto sui fornitori, se possibile vicini geograficamente per pianificare la produzione con maggiore flessibilità, ridurre i costi di logistica e ridurre il fabbisogno di scorte. Questo trend è in atto da diversi anni, ma l’esposizione verso fornitori est europei è rimasta ancora alta, perché proprio queste aree sembravano un compromesso accettabile tra vicinanza (rispetto alla Cina) e costi.Un’ulteriore conseguenza del conflitto sui fornitori europei di componenti è, come noto, l’esplosione dei prezzi del gas e dell’energia, che sull’industria auto è un fenomeno devastante perché è energivora. «L’aumento dei costi - commenta Emanuele Cordone, director di AlixPartners - è un trend in atto da diversi anni, a partire dalla transizione verso la mobilità elettrica, che comporta investimenti molto rilevanti (circa 330 miliardi di dollari tra il 2021 e 2025 a livello mondiale, secondo il più recente studio di Alix Partners, ndr) e un costo del motore elettrico rispetto al motore termico che è ancora più del doppio». Covid e crisi dei semiconduttori - conclude Duse - hanno messo in grave tensione la catena di fornitura; il conflitto russo-ucraino sta ponendo ulteriore pressione inflazionistica e rischi di fornitura. L’aumento senza fine dei costi potrebbe quindi essere difficile da mitigare, impattando sul prezzo e l'accessibilità dei veicoli». Traduzione: i listini cambieranno, in peggio per chi acquista. Prepariamoci.

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