NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
sabato 12 marzo 2022
Draghi: «Non è economia di guerra» Ma scatta il piano termosifoni spenti
Abbassate i
termosifoni e
spegnete la luce:
così batteremo
Putin. Ecco lo
s trao rdi n a r io
piano strategico per sconfiggere lo zar di tutte le Russie e
di tutte le guerre: restare al
freddo.Occhio, non ho scritto
restare freddi, cioè non perdere la calma, come è richiesto nei momenti più difficili
per poter conservare la necessaria lucidità. No, bisogna proprio abituarsi a mettere la maglia di lana, se
occorre anche una doppia
maglia della salute, così da
poter meglio sopportare le
temperature più rigide. Purtroppo, non è consigliabile
usare la boule dell’ac qu a
calda perché dovremmo
mettere il bollitore sul gas
oppure attaccarlo alla presa
elettrica, con relativo consumo di energia. Già, perché
sia prepararsi una tisana
che farsi una pasta al pomodoro, d’ora in poi rischia di
essere un aiuto indiretto a
Mosca, in quanto ogni metro
cubo di metano o chilowattora che consumiamo è un
incentivo all’invasione in
Ucraina. Ovvero munizioni
per i cannoni russi.
Sì, lo so che chi si fa una
doccia calda non può sentirsi in colpa per ciò che accade
a mille chilometri di distanza, ma il clima è questo e,
visto che a seguito della
guerra dichiarata da V l ad i -
mir Putin il prezzo dell’energia è schizzato alle stelle,
con risultati devastanti sulle
bollette di famiglie e imprese, l’unica soluzione al momento è risparmiare. O meglio: abbassare i caloriferi,
spegnere i lampadari e ridurre al minimo i consumi
di corrente. Insomma, meno lavatrici e più lavaggi a
mano, possibilmente con
acqua fredda o al massimo
tiepida, per ridurre al minimo l’uso di gas e di energia
elettrica. Il presidente del
Consiglio dice che non siamo ancora in un’economia
di guerra, però a leggere gli
annunci del Comune di Roma, che si prefigge di abbassare di due gradi la temperatura delle abitazioni nella
Capitale, si capisce che se
non siamo a una parsimonia
obbligata da un conflitto,
poco ci manca. Anche perché il Campidoglio «minaccia» di anticipare di un paio
di settimane l’ordinanza per
lo spegnimento dei termosifoni, infischiandosene del
vento gelido che spira da
No rd .
La Regione guidata da Nicola Zingaretti ha già deciso
di rinunciare a due ore di
riscaldamento, un po’ per
risparmiare e un po’ per essere solidale con gli ucraini,
mentre le Regioni del Nord,
forse temendo un colpo di
coda dell’inverno, per ora
preferiscono rinviare, ma
nessuno sa dire fino a quando, perché il contatore di gas
e luce corre, così come corrono i prezzi. La memoria va
a ll ’indietro, cioè al 1973,
quando il governo guidato
da Mariano Rumor, a seguito dell’aumento del prezzo
del petrolio e dell’e m ba rgo
deciso dai Paesi arabi contro
gli alleati di Israele, impose a
tutti gli italiani l’au s te r i ty,
ovvero un periodo di risparmio energetico. Nei giorni
festivi fu vietata la circolazione alle auto private e la
velocità fu limitata a 100
chilometri orari, allo scopo
di consumare meno carburante. Le insegne luminose
vennero spente per decreto
e i lampioni ridotti del 40
per cento, lasciando le città
al buio o quasi. Di cinema e
bar, fu ordinata la chiusura
anticipata e un limite fu posto perfino alle trasmissioni Rai, così da poter mandare a letto gli italiani prima
delle 23.
«Non siamo ancora a
u n’economia di guerra», dice D ra g h i , ma mi pare evidente che ci si stia arrivando. Dopo aver promesso
u n’autonomia energetica in
quattro e quattr’otto, spedendo Giggino Di Maio ad
Algeri, per convincere il
Paese africano a venderci
più gas, e aver sguinzagliato
que l l ’altro fenomeno di Manlio Di Stefano, sottosegretario grillino agli Esteri, per
farsi dare un po’ di metano
dall’Azerbaijan, siamo letteralmente alla canna del gas.
E il Gnl, cioè il metano liquido che doveva arrivare dagli
Stati Uniti? Non abbiamo rigassificatori per immagazzinarlo. Le centrali a carbone che dovevamo riavviare
per sopperire alla carenza di
gas e comunque ridurre la
dipendenza da Mosca, oltre
a inquinare richiedono di
essere alimentate da coke di
cui la Russia è il nostro principale fornitore, nel senso
che importiamo da loro i
due terzi di ciò che ci serve.
Risultato, dopo esserci illusi
di poter diventare in tempi
rapidi indipendenti da Pu -
ti n e poter meglio interpretare il ruolo di difensori delle legittime aspirazioni dell’Ucraina, ora ci rendiamo
conto che i problemi sono
più complicati di quanto imm a g i n ava m o.
A causa del caro gas, le
aziende stanno chiudendo e
per l’aumento del prezzo del
gasolio i trasportatori minacciano di bloccare il Paese
e di conseguenza di non rifornire né supermercati né
imprese. Già ora sugli scaffali scarseggiano alcuni prodotti e in qualche caso i negozi hanno disposto il razionamento. In pratica, nonostante le rassicurazioni del
governo, ci stiamo avviando
verso la recessione e un’economia di guerra, che la sanzioni alla Russia certo non
possono lenire. Ieri, Joe Biden ha annunciato che per
fermare Putin e le sue truppe imporrà l’embargo di
vodka e caviale: se non ci
fossero di mezzo migliaia di
morti e un mondo che sta
andando in pezzi, ci sarebbe
da ridere di fronte a una
classe politica occidentale
che si rivela giorno dopo
giorno inadatta al ruolo che
è chiamata a svolgere. Io sono preoccupato per la guerra, ma ancor di più per la
crisi delle democrazie che
nel momento peggiore dimostrano di essere in mano
a politici imbelli.
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