STUPIDA RAZZA

sabato 2 aprile 2022

Ita, il governo stringe: privatizzazione a giugno

Il governo vuole stringere sulla vendita di Ita per chiudere la partita entro metà giugno. Il percorso di privatizzazione della compagnia, tratteggiato dal decreto arrivato in Gazzetta a inizio mese, entra dunque nel vivo. E il prossimo step, che dovrebbe scattare al più tardi entro un paio di settimane, è l’apertura della data room. Al momento, sul tavolo, ci sarebbe una sola proposta concreta, con annesso piano industriale, che è quella firmata dal gruppo crocieristico Msc di Gianluigi Aponte e dalla tedesca Lufthansa e che valorizza la compagnia di bandiera tra 1,3 e 1,5 miliardi di euro. Ma al ministero dell’Economia sarebbero arrivate anche altre due manifestazioni di interesse non accompagnate però da un’offerta vera e propria. La prima sarebbe quella del fondo di private equity americano Indigo Partners, già azionista di alcune low cost europee tra cui Wizz Air. L’altra, invece, ritenuta la meno interessante, conduce a un piccolo fondo, sempre americano e specializzato sul turismo, Certares, che porterebbe nella partita una cordata composta da Air France-Klm e Delta, disponibile però solo a un impegno di tipo commerciale. Il ministero ha incaricato quindi gli advisor (Equita e Gianni & Origoni), nominati la scorsa settimana, di rivedere le manifestazioni per decidere chi sarà ammesso allo step successivo per poi arrivare alla cessione. La vendita, in base al decreto, potrà avvenire anche in più fasi, con un’offerta pubblica di vendita o con trattativa diretta. Un percorso puntuale, quindi, le cui coordinate sono state ulteriormente chiarite, qualche giorno fa, in un question time, anche dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, che ha precisato come la valorizzazione della società avverrà non solo guardando al prezzo più alto ma anche alla coerenza tra il progetto industriale predisposto dagli eventuali compratori e il business plan redatto da Ita. Quest’ultima ha riunito martedì il cda per l’approvazione dei conti 2021 che, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, si sarebbero chiusi con un risultato economico in linea con le previsioni e con una cassa nettamente migliore delle attese. A valle del board, si sono poi registrate le dimissioni di sei consiglieri su nove (Fornabaio, Piazza, Giordani, Martuccelli, Fratini e Girelli). Sul passo indietro sono circolate quindi alcune voci che attribuivano la mossa dei consiglieri a presunti dissidi sulle trattative per la privatizzazione e i costi dei consulenti (anche il board, a fine gennaio, ha infatti nominato i suoi advisor, Jp Morgan, Mediobanca, Grande Stevens e Sullivan & Cromwell). Dissidi però smentiti dalla stessa società che ha fatto filtrare, attraverso le agenzie, una diversa ricostruzione dei fatti collegando la scelta dei sei membri all’avanzamento dell’iter di cessione. «Il cda aveva l’obiettivo di traghettare la creazione della società, questo è stato fatto e adesso si avvia la privatizzazione, quindi parte del cda, come era programmato, fa un passo indietro dimettendosi». La precisazione, però,non ha stoppato le polemiche con sindacati ed esponenti politici che hanno espresso preoccupazione per il futuro della compagnia.


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