STUPIDA RAZZA

martedì 12 aprile 2022

«Se non fossi a Strasburgo farei cadere questo governo»

 «Se il governo mettesse la fiducia sulla delega fiscale, io voterei contro». Cioè farebbe cadere il governo, in un momento come questo? «Se fossi a Montecitorio, sì: staccherei la spina senza nessun tipo di problema. Non posso, ma solo perché sono un parlamentare europeo». E perché arriverebbe a tant o? «Senta, Draghi diceva che questo “è il momento di dare non di prendere”. Mettiamoci d’accordo: lo ha detto davvero o me lo sono sognato?». Sarebbe un’umiliazione per il Parlamento se il governo forzasse la mano? «Sarebbe un accanimento terapeutico che certamente contribuisce ad alimentare i miei sospetti sull’aumento delle tasse». Intercettiamo l’europa rlamentare leghista Antonio Maria Rinaldi mentre scende in automobile da Strasburgo a Roma. «D’altra parte l’aereo non c’è», spiega. «Ma non si preoccupi: così ho più tempo per raccontarle un po’ di cose. A cominciare da quella mezza rissa sul decreto fiscale». Mi spieghi perché considera la legge delega come un assalto alle tasche del contribue nte. «Io faccio parte degli italiani diffidenti. E faccio bene a esserlo perché in passato non sono mai stato smentito. Mi creda: quando il governo mette le mani sul fisco, chi ci rimette sono cittadini e imprese. Così e sempre avvenuto e sempre avverrà. Sulla delega fiscale il centrodestra non fa bene a puntare i piedi: fa benissimo». Eppure il governo torna a ribadire che «il provvedimento non porta incrementi di imposizione fiscale degli immobili regolarmente accatastati. Non tocchiamo le case degli italiani, e lo stesso sarà per gli affitti e per i risparmi». Non si fida? «Non mi fido affatto. Anche la revisione degli estimi catastali porterà sicuramente a un innalzamento della tassazione. Non possiamo uniformare le tasse sulla casa a quelle in vigore negli altri Paesi, come chiede l’Eu ropa. E questo per un motivo molto semplice: l’Italia è geneticamente diversa. Il mattone italiano ha una valenza differente,visto che l’80% degli italiani è proprietario. Se utilizziamo i criteri della sinistra, domani potranno tassare cittadini che oggi si sono avvalsi del bonus casa, perché ha fatto aumentare il valore dell’abitazione. Sarebbe un’assurdità, ma con questa mentalità non escludo che accada». Sul pagamento delle utenze della luce e del gas ci sono oltre 4 milioni di famiglie in difficoltà, secondo la Cgia di Mestre. Immagino che i 5 miliardi a bilancio nel Def per il carobollette non la soddis f i n o. «Per bollette che stanno triplicando? È poco più che una mancia al bar. Ma lo scostamento di bilancio, chiesto a gran voce dai partiti, farebbe impennare lo spread, dicono dal minis te ro. «Lo spread dipende dall’a zio n e della Bce sui mercati. Noi possiamo tra n qui l la m e nte procedere con uno scostamento per aiutare famiglie e imprese, i problemi di spread derivano dalle scelte di Francoforte. E se la Bce non torna a compiere stimoli monetari poderosi, il futuro sarà fosco». Domanda cruciale: preferisce la pace o il condizionatore ac c e s o? «Draghi si è fatto un po’ prendere la mano, e gli è uscita questa frase “p o pu l i s ta”, inusuale per lui. Avrei preferito una dichiarazione di più alto profilo: stiamo lavorando per la pace e per continuare ad avere i condizionatori accesi. Temo invece che avremo la guerra con i condizionatori s p e nt i » . Comunque una metafora fuorviante, quella del prem ie r? «Il vero problema non è l’aria condizionata, ma le aziende in ginocchio, con le merci non più competitive. E il conto alla fine lo pagano le industrie, già tramortite dalla pandemia. A loro spettano giusti ristori, anzi, per l’esattezza sarebbe meglio chiamarli “r i m b o r s i”». Draghi ha anche detto che se in Europa si decide la rinuncia al gas russo, «l’Italia seguirà». «Allora mi auguro, da italiano, che Draghi abbia sul tavolo una credibile alternativa. Io credo che l’Italia non dovrebbe accettare sanzioni che fanno più male a noi che alla Russia. Ci sono Paesi commercialmente meno esposti rispetto a noi. L’Italia paga il prezzo più s a l ato » . E se l’embargo sul gas di Mosca partisse comunque? «Se si prende una decisione politica comune a livello internazionale, il governo ha il dovere di risarcire chi ci rimette. Sono tutti buoni a mettere sanzioni con il fatturato degli altr i » . L’Europarla me nto ha votato una risoluzione per lo stop al gas. E anche voi leghisti avete votato a favore.«In realtà sappiamo tutti che la rinuncia al gas russo non sarà materialmente possibile nel breve periodo. Quella risoluzione è un chiaro messaggio politico. Dobbiamo intenderla come un pressante invito ai governi nazionali perché trovino al più presto forme alternative di app rov v i g io n a m e nto » . Insomma, è una sorta di ultim atu m? «Esatto, il Parlamento europeo esorta i Paesi membri a cercare altre fonti. Non avverrà dalla sera alla mattina, ma occorre recuperare il tempo perso. Non possiamo restare alla mercé di un solo Paese sul piano energetico, che sia la Russia o chiunque altro». Come spiega questa dipend e n za? «La classe politica italiana in 35 anni non è stata in grado di scrivere un piano energetico ragionevole. Abbiamo avuto una ventina di governi che hanno i mp e d ito qualsiasi tipo di programmaANTONIO MARIA RINALDI zione. E poi altrettanti anni di ambientalismo in monopattino hanno aggravato il disastro. In Italia ci sono 752 pozzi inattivi che potrebbero essere messi a regime in un tempo relativamente breve. Presumo ci siano resistenze ideologiche di alcuni partiti a impedirlo. A tal proposito, per me sarebbe anche giunto il momento di riaprire seriamente, con tutte le cautela del caso, un ragionamento sul nuc l ea re » . Un governo duro nei patri confini, e troppo morbido in Europa sulle questioni strategich e? «In questo momento Mario Draghi, da uomo di mondo, sa che in Europa ci sono posti liberi. Dopo il ritiro della Merkel, e con Macron dei guai, per il premier si aprono opportunità di leadership. E lui, sfumato il sogno del Quirinale, aspira a questo. Anche per restituire all’Italia un ruolo internazionale». Purché non ci sia una sorta di baratto sulle questioni di interesse nazionale, come le forniture di gas. Arriva a pensarlo? «Questo magari no. Ma pur essendo un novello della politica, ho una certa età. E so che il gioco politico è esclusivamente una questione di do ut des». Chi guida la carovana europea in questi tempi cupi? «La Germania senza la Merkel ha perso molto della sua leadership. Se aggiungiamo una Francia che arranca, stesa sulle esigenze elettorali di Emmanuel Macron, ora più che mai in Europa si procede in ordine sparso. Ognuno per sé e Dio per tutt i » . Bisogna mettere da parte le ideologie e riscrivere di corsa il Pn r r? «Assolutamente sì. Dobbiamo rivisitare completamente i piani nazionali del Pnrr. Era già obsoleto dopo due anni di pandemia, con questa guerra e il rincaro delle materie prime, dobbiamo stravolgerlo. Altrimenti rischiamo di non fare arrivare queste risorse preziose a chi ne ha bisogno. La quota prestiti del Piano nazionale l’ha richiesta soltanto l’Italia, mentre gli altri Paesi hanno puntato sul debito autonomo andando sul mercato». Anche il fiscal compact andrebbe rivisitato? «A oggi il fiscal compact dovrebbe ritornare in vigore, con tutta la sua forza, dal 1° gennaio dell’anno prossimo. Il che è assurdo. Se lo abbiamo sospeso durante la pandemia, a maggior ragione oggi dovrebbe essere cestinato, o perlomeno pesantemente rivisitato. Ci sono tante ipotesi a parole: ma fatti niente. Il 1° gennaio è dietro l’angolo, e su questo punto siamo ancora al “caro amico”. Se non c’è chiarezza adesso sulle regole, come possono gli Stati programmare gli investimenti in maniera prof ic u a? » . Insomma il patto di stabilità non è scolpito nella pietra? «Il fiscal compact non è un trattato, ma un accordo intergovernativo. E come è stato costruito, così può essere smontato » . L’Europa ha dormito sul fronte ucraino? «Decisamente. Il problema ucraino si trascina dal 2014. La diplomazia europea allora era condotta dalla Mogherini, quindi figuriamoci. Mi meraviglio come i padroni del vapore - Francia e Germania - non siano riusciti a prendere in mano la situazione. A Strasburgo abbiamo perso tempo dietro ai diritti gender, mentre le urgenze che avevamo sotto gli occhi non interessavano a nessuno».


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