C’è la guerra combattuta sul campo dagli eserciti. E c’è la guerra di trincea sui mercati finanziari tra Banche centrali. Combattuta non con i cannoni ma a colpi di sanzioni e sganciando siluri verso i capitali russi che però rischiano di fare male anche a chi li arma. Non a caso l’offensiva è stata lanciata contro la Banca centrale di Mosca, con il blocco delle riserve in valuta estera dei russi che si sono così dimezzate, e contro i patrimoni degli oligarchi ma sta tenendo fuori i canali di pagamento delle forniture di gas. Per ieri era infatti attesa la lista delle banche russe che saranno estromesse dal sistema di pagamenti internazionale Swift. Quando questo giornale è andato in stampa l’elenco non era stato ancora pubblicato ma sappiamo già che il blocco sarà comunque selettivo e che potrebbero essere «salvati» gli istituti da cui passano le transazioni per gas e petrolio. La scelta dei nomi di queste banche è infatti una decisione politica, non tecnica. E i negoziati non sono stati ancora conclusi: sul tavolo della riunione dei 27 ambasciatori Ue convocata nel pomeriggio una proposta della Commissione non è arrivata ma nulla esclude che possa essere ultimata già nella giornata di oggi. Lo slittamento dei tempi è dovuto, soprattutto, alla necessità di coordinarsi con gli alleati extra-europei: un allineamento delle sanzioni aumenta, infatti, l’e f f ic ac i a delle stesse. Il nodo resta quello del gas: cacciando dallo Swift la terza banca del Paese, Gazprombank, pagare le forniture sarà quasi impossibile. Per tutti, Italia inclusa. La Banca centrale di Mosca ha intanto dichiarato che il sistema di messaggistica finanziaria (Fms) russo «può sostituire Swift all’interno della Russia e permette la connessione di partecipanti stranieri» e che dovrebbe restare possibile «elaborare l’intero traffico delle carte di pagamento». Di certo, ieri è stato il giorno della riapertura delle Borse dopo la nuova raffica di sanzioni annunciate dalla Ue e dagli alleati della Nato. E non c’è stato il tracollo temuto alla vigilia, complice una tenuta dei listini di Wall Street. A Milano l’indice Ftse Mib ha chiuso in calo dell’1,39% a 25.415 punti, comunque piuttosto ampiamente sopra i minimi di giornata che hanno visto ribassi superiori ai tre punti percentuali. Ad accusare il colpo più duro sono state le big del credito: Unicredit ha ceduto il 9,4% e Intesa Sanpaolo il 7,4 per cento. Male anche Pirelli, negativa di oltre quattro punti percentuali, mentre sono stati fortissimi gli acquisti sui gruppi della Difesa, con Fincantieri balzata del 20,8% e Leonardo del 15% in scia all’annuncio dei piani di riarmo della Germania, che ha stanziato 100 miliardi per rafforzare l’e s erc i to. Quanto alle altre piazze europee, Parigi ha ceduto l’1,3%, Francoforte lo 0,7% e Londra lo 0,4%. Piatta Madrid (-0,1%), mentre Amsterdam ha concluso in rialzo dello 0,2%. A rimanere invece chiusa è stata la Borsa di Mosca per evitare di assistere a un crollo senza precedenti del suo listino. Quello che sarebbe potuto accadere nel caso in cui le contrattazioni si fossero svolte regolarmente lo si può desumere dal crollo dei depositary receipt (i certificati che rappresentano le azioni di una società estera) di alcuni grandi gruppi russi quotati a Londra e da quello di alcuni Etf che replicano l’andamento di indici azionari russi. Non solo. Sulla piazza londinese Sberbank ha perso il 74%, Gazprom il 51%, Lukoil il 62,8%, Rosneft il 42,3%, Magnit il 74%. Tra gli Etf, VanEck Russia sta perdendo il 26%, iShare Msci Russia il 23,4% mentre Lyxor Msci Russia il 51,7 per cento. Il rublo è affondato al minimo storico cedendo oltre il 20% sul dollaro e la Bce ha dichiarato a rischio fallimento le controllate europee proprio di Sberbank «per il deterioramento della loro situazione di liquidità». Per sostenere la moneta locale, Vladimir Putinha annunciato che vieterà ai residenti in Russia di trasferire divise straniere all’estero e imporrà agli esportatori russi di convertire in rubli l’80% dei ricavi realizzati in altre valute dal primo gennaio. Nel Paese però è già scattata la corsa agli sportelli con lunghe file davanti ai bancomat che non si vedevano dalla crisi del 2008. Il Regno Unito ha inoltre annunciato che congelerà gli asset sul suo territorio di tutte le banche russe «nei prossimi giorni». E anche la Svizzera ha abbandonato la sua neutralità per affiancarsi agli alleati occ id e nta l i . Si rompono, inoltre, alleanze consolidate da decenni sul fronte dell’energia. Dopo giorni di pressione da parte del governo britannico, il colosso energetico inglese Bp ha deciso che uscirà dalla compagnia petrolifera Rosneft, vendendo la propria partecipazione di quasi il 20 per cento. Anche il colosso Shell ha comunicato che intende uscire dalle joint venture con Gazprom e mettere fine al suo coinvolgimento nel progetto di gasdotto Nord Stream 2. Parallelamente, la major energetica norvegese Equinor ha deciso di sospendere i nuovi investimenti in Russia, dopo 30 anni di attività nel Paese, e di avviare il processo di uscita dalle sue joint venture nella regione.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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