STUPIDA RAZZA

martedì 15 marzo 2022

Chimica, Yara blocca le linee produttive di urea e ammoniaca

 

Si fermano gli impianti di Yara nel petrolchimico di Ferrara e questo significa che si ferma l'unico produttore di AdBlu in Italia, che controlla il 60% del mercato. A dare l'annuncio, due giorni fa, è stata da Oslo la stessa multinazionale - leader mondiale nei nutrienti per l'agricoltura e nella chimica per industria e ambiente, 17mila dipendenti in 60 Paesi e oltre 15 miliardi di euro di giro d'affari - che a causa del conflitto ucraino e dell'impennata del costo del gas metano ha deciso di «ridurre la produzione europea di ammoniaca e urea, arrivando al 45% della capacità entro la fine di questa settimana, interrompendo la produzione nei suoi impianti di Ferrara e di Le Havre, in Francia». Una notizia che sindacati e istituzioni hanno amplificato ieri, preoccupati non solo per il futuro dei 140 dipendenti del sito estense, ma per tutte le filiere manifatturiere del Paese, a partire dall'automotive, che non possono fare a meno della chimica e neppure del primo produttore di ammoniaca e urea del Paese (l'AdBlu è una soluzione acquosa al 32% di urea). Già cinque mesi fa, a causa del rincaro del gas, Yara aveva fermato per quattro settimane lo stabilimento che occupa quasi un quinto del petrolchimico di Ferrara (40 ettari su 250) e dove produce in tempi 1 milione di tonnellate di ammoniaca e 600mila tonnellate di urea, che alimentano via pipeline anche il sito di Ravenna, dove il colosso norvegese ha altri 160 addetti e produce acido nitrico, nitrati, concimi Npk e soluzioni di nitrato d’ammonio. Ma in ottobre si sapeva che lo stop era temporaneo, questa volta nessuno si sbilancia sui tempi. «Ammoniaca e urea sono commodities e a stabilire i prezzi non siamo noi ma il mercato - sottolinea il direttore dello stabilimento Yara di Ferrara, Giuseppe Piemontese -. Lo scorso ottobre l'urea si vendeva a 400 euro /tonnellata a fronte di un costo di produzione di quasi 800 euro, ma velocemente il prezzo della prima è salito e quello del gas è sceso e siamo tornati ad avere un margine di contribuzione. Oggi l'urea è quotata tra i 900 e i mille euro a tonnellata, a noi produrla costa dai 1.300 ai 1.400 euro, significa lavorare con perdite enormi e non sappiamo se e quando la situazione si riequilibrerà, siamo rimasti tutti spiazzati». La multinazionale rassicura sia sul fronte occupazionale sia su quello degli approvvigionamenti. I 140 lavoratori estensi saranno impegnati per ora in attività di manutenzione degli impianti e in formazione; mentre «per quanto possibile, Yara utilizzerà il suo sistema di produzione globale per continuare a rifornire i clienti e garantire la continuità delle catene di approvvigionamento alimentare, ma riducendo la produzione, se necessario, a causa delle difficili condizioni di mercato>, recita la nota ufficiale della casamadre. «Già in ottobre - precisa il direttore - abbiamo fatto arrivare navi di ammoniaca e urea dagli altri siti in Europa (oltre a Italia e Francia c'è un impianto in Olanda e uno in Germania), ma questa volta la disponibilità sarà ridotta, perché anche Le Havre chiude e terrà stretti i suoi serbatoi». Il conflitto russo-ucraino ha un duplice impatto per il mercato dell'ammoniaca, perché risente non solo del costo del metano da cui si sintetizza, ma perché attorno a Odessa si concentra la più grande produzione europea di questo composto azotato, che poi arriva in tutto il Vecchio continente attraverso il Mar Nero. «Se Yara Ferrara si ferma come previsto e hanno iniziato le manovre di chiusura degli impianti - conclude l'assessore alle Attività produttive dell'Emilia-Romagna, Vincenzo Colla - la ripartenza sarà difficile e lo stabilimento di Ravenna, collegato al petrolchimico estense, dovrà essere rifornito di ammoniaca direttamente dall'Algeria. Siamo preoccupati. La chimica è essenziale per la tenuta delle nostre filiere, a partire da agricoltura e automotive».

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