STUPIDA RAZZA

venerdì 4 marzo 2022

Ignoranti compiaciuti e mancanza di guide hanno creato in Italia il deserto intellettuale

 

Una delle più
famose e infelici
battute del cine-
ma italiano con-
temporaneo è
quella pr onun-
ciata da Paolo Villaggio in Il
secondo tragico Fantozzi: «La
corazzata Potemkin è una ca-
gata pazzesca». Famosa per-
ché intercettò un potente
sentimento popolare; infeli-
ce perché il sentimento era
(indipendentemente dalle
opinioni o intenzioni di Vil-
l a g g io, che non mi interessa-
no né mai mi hanno interes-
sato) di compiaciuta ignoran-
za - analoga, a pensarci, a
quella dimostrata dai fautori
del regime fascista. La coraz-
zata Potemkin è un capolavo-
ro assoluto, e il suo autore
S e r g e j M i c h a j l o v i č E i -
zenštei n è forse chi più ha
contribuito a inventare il lin-
guaggio e il tempo cinemato-
grafic i .
Deriderne e insultarne il la-
voro aprì la strada (nel 1976)
al lanalfabetismo ruspante
che vediamo oggi intorno a
noi, un po come le Ragazze
Coccodè e le Cacao Meravi-
gliao di Renzo Arbore n eg l i
anni Ottanta aprirono la stra-
da alle tette e ai culi della tele-
visione postribolo dei nostri
tempi. Tutto fatto con ironia,
naturalmente, perché se qual-
cuno ci casca (e molti ci casca-
no) lironia è la tattica migliore
per non pagare pegno.
Però, però... Ricordo una
proiezione della Corazzata
Potemki n alla Cineteca San
Marco di Milano, di poco pre-
cedente l infame battuta di
V i l l a g g io, in cui il film era tra-
smesso con didascalie in ci-
rillico (si tratta di un film mu-
to, del 1925), senza traduzio-
ne. La sala era stracolma e
nessuno, me compreso, di
quelle didascalie capiva nien-
te. In fondo non importava,
perché le immagini del film
parlavano da sole, quindi il
successo che il film ebbe con
il pubblico poteva avere una
sua plausibile (e benevola)
spiegazione nel fatto che le
parole non erano necessarie,
ma rimane una perplessità:
come si può mostrare così po-
co riguardo per gli spettato-
ri? Come si può presumere
che, con il nome e il titolo giu-
sti, accetteranno di tutto?
Il tema è suggerito nel film
di V i l l a g g io: una platea nutri-
ta si rifiuta di applaudire il
miracolo di Ejzenštei nma ap-
plaude fragorosamente (per
42 minuti, veniamo informa-
ti) il volgare intervento di
Fantozzi. Il quale viene profe-
rito durante limmancabi le
dibattito che seguiva a proie-
zioni del genere, per cui la
platea mostra annoiato disin-
teresse e che nello stesso 1976
attirò lumorismo di Na nni
Moretti in quello che rimane
il suo film migliore, Io sono un
autarchico, con la reazione
«No! Il dibattito no!» urlata
quando si minaccia lesecrato
prolungamento del suppli-
zio. Alla pseudocultura come
strumento oppressivo e puni-
tivo, insomma, si risponde
con lincultura ostentata.
Era un meccanismo comu-
ne, allora. Nella cattedra di
logica dellUniversità Statale
di Milano, facoltà di lettere e
filosofia, dove mossi i miei
primi passi accademici, si in-
sistette per anni a usare, co-
me testo introduttivo alla ma-
teria, un manuale scritto ne-
gli Stati Uniti per studenti di
matematica, che era stato ap-
positamente tradotto e del
quale gli studenti non capiva-
no niente (come alla cinete-
ca), sebbene si richiedesse lo-
ro una minima parte di quel
voluminoso tomo. Siccome
logica era un esame di sbarra-
mento per psicologia, centi-
naia di ragazzi che volevano
occuparsi di ansia e psicosi
erano costretti a studiare un
testo in cirillico (pardon: in
simboli).
Le cineteche erano perlo-
più frequentate da persone di
sinistra (che furono basite
quando si mostrò loro La na-
scita di una nazione di David
Wark Griffith, un apologi a
del Ku Klux Klan) e alla Statale
dominavano (anche a logica)
docenti di sinistra; ma la stor-
tura di cui parlo non ha colore
politico, e non è limitata a un
particolare periodo storico.
«Quelli che ti spiegano le tue
idee senza fartele capire»,
per dirla con una persona
davvero intelligente (e di sini-
stra) come Enzo Jannacci,
hanno imperversato e conti-
nuano a imperversare ovun-
que, e sono laltra faccia della
medaglia dei Fantozzi di que-
sto mondo , lindispensabile
loro controparte. Insieme,
hanno lavorato decenni per
ridurci nelle condizioni in cui
siamo, e chi non accetta il loro
squallido dilemma è destina-
to a cadere fra due sedie, a
rimanere inascoltato.
La cultura richiede appli-
cazione e disciplina: che si
faccia del cinema o della poe-
sia, della fisica o della lettera-
tura classica, ci sono insegna-
menti, teorici e pratici, da ac-
quisire, sforzi pazienti da
compiere, giorno dopo gior-
no, cocenti frustrazioni da
tollerare. La cultura non ri-
chiede, però, oscurità e astru-
sità, che spesso celano, peral-
tro, mediocrità di idee e su-
perficialità di ragionamenti.
Richiede, o meglio richiede-
rebbe, la sapiente, accoglien-
te guida di un maestro (non
un Maestro, per carità) di bot-
tega, che guidi lappre n d i s ta
in modo lucido e serio, senza
sbavature ma anche senza
terrorismi, per la strada im-
pervia che ha deciso di intra-
prendere. Che non riduca la
chiarezza a banalità, la comu-
nicazione a caciara o a rito
iniziatico.
Se lItalia (e non solo) è di-
ventata da un punto di vista
intellettuale un deserto, è so-
prattutto per carenza di mae-
stri così. Agli altri, a quelli
che si parlano addosso, in
fondo sta bene una pernac-
chia alla Fantozzi; a ben ve-
dere, se la fanno da soli. Fan-
tozzi è la loro immagine allo
specchio.

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