In ginocchio da te. Se il rapporto dell’Ita li a con il bilancio d el l’Unione europea fosse una canzone, non esisterebbe titolo più azzeccato di questo. E in effetti, a leggere le parole pronunciate qualche giorno fa dal presidente della Commissione Ue, Ursula von der L eye n , non si può non avvertire un senso di umiliazione. «Annunciamo oggi un importante passo avanti nell’attu a - zione del Recovery plan italiano», ha commentato la vo n der Leyen, «riteniamo che l’Italia abbia fatto buoni progressi per ricevere il suo primo pagamento nell’a m bi to del Next generation Eu». Peccato che, ha aggiunto il numero uno a Bruxelles, l’Ita - lia potrà ricevere i 21 miliardi di euro (di cui 10 miliardi di garanzie e 11 miliardi di prestiti) richiesti per finanziare i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) «non appena questa richiesta di pagamento sarà approvata anche dagli Stati membri». Tutto chiaro? Non è stato sufficiente fornire «prove esaurienti» circa il soddisfacente raggiungimento dei 51 obiettivi» e l’aver intrapreso importanti riforme nella pubblica amministrazione, negli appalti pubblici, nella giustizia civile e penale, nonché nel campo della digitalizzazione delle imprese». LE PROVE NON BASTANO No. La palla passa ora al Comitato economico e finanziario (Cef ), un organismo composto dagli alti papaveri delle amministrazioni nazionali e delle singole Banche centrali, il quale dovrà emettere un parere entro le prossime quattro settimane. Solo allora la Commissione, giudizio del Cef alla mano, emetterà un verdetto definitivo riguardo all’erogazione dei fondi. Non è tutto, perché il nostro Paese dovrà fare i conti con questa farraginosa procedura ogni qualvolta busserà alla porta di Bruxelles al fine di ottenere i denari stanziati per favorire la ripresa dopo la pandemia. Senza contare le tempistiche piuttosto lunghe. Questo primo disco verde da parte della von der Leyene soci arriva due mesi dopo la richiesta di pagamento, presentata dal governo italiano ormai il 30 dicembre scorso e corredata da un lungo e dettagliato memorandum a dimostrazione del raggiungimento degli obiettivi prefissati. Vabbè, obietterà qualcuno, tanto sono soldi regalati. Sbagliato. Per comprendere il complesso - e a tratti oscuro - meccanismo che si cela dietro al Next generation Eu (Ngeu) occorre fare un passo indietro e comprendere com’è strutturato il bilancio dell’Unione europea. Senza addentrarci in noiosi tecnicismi, basti sapere che il budget a lungo termine - noto anche come Quadro finanziario pluriennale (Qfp) - fissa il limite di quanto denaro può investire l’Unione europea per le diverse politiche. Solitamente il Qfp ha una durata temporale di sette anni: quello corrente è partito nel 2021 e terminerà nel 2027. IL DEBITO CRESCE Per la prima volta nella storia dell’Ue, al bilancio a lungo termine (1.210,9 miliardi di euro) è stato affiancato uno strumento di natura straordinaria e temporanea, il Next generation Eu, con una dotazione di 806,9 miliardi di euro. Complessivamente, dunque, il budget Ue avrà una dotazione 2.017,8 miliardi di euro, una cifra superiore al Prodotto interno lordo italiano. Forse potrà apparire scontato, ma è sempre meglio ribadirlo: pandemia o no, il Qfp, che da solo rappresenta il 60% dell’intera dotazione finanziaria, ci sarebbe comunque stato. Storicamente, le fonti del bilancio Ue sono tre: l’imposta sul valore aggiunto, le risorse proprie e i contributi nazionali in base al reddito nazionale lordo. E qui per l’Italia sono sempre stati dolori. Non è una novità, ma giova sempre ricordare che il nostro Paese versa all’Ue più denaro di quanto riceva in c a m bio. Numeri alla mano, come evidenzia l’ultima relazione prodotta dalla Corte dei conti sui rapporti finanziari con l’Unione europea, nel corso dell’ultimo settennato l’Ita l i a ha versato nelle casse di Bruxelles la bellezza di 113,89 miliardi, ricevendo in cambio appena 76,33 miliardi, con uno squilibrio a nostro sfavore di ben 37,56 miliardi. Tradotto in altri termini, l’Ita l i a rappresenta un contributore netto della Ue, cioè versa più di quanto riceve. Solo nel 2020, l’anno della pandemia, il nostro governo ha staccato un assegno per la cifra record di 18,2 miliardi di euro, cioè 1,4 miliardi in più rispetto al 2019, facendo segnare un aumento del 14% sulla componente del contributo basata sul reddito nazionale lordo. Se parliamo di valori assoluti, l’Italia si colloca al quarto posto dopo Germania, Regno Unito (ormai fuori dall’Unione) e Francia nella classifica dei contributori per saldo netto cumulato del periodo 2014-20, e al nono posto per incidenza del saldo netto cumulato (-0,32%) sul reddito nazionale lordo cumu l ato. MIRIADE DI FONDI E veniamo al Next generation Eu, la cui fetta più grande risiede nel Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza o Rrf (723,8 miliardi euro), cioè il 90% degli stanziamenti totale. Si affiancano poi una miriade di altri strumenti minori: React-Eu (50,6 miliardi), Orizzonte Europa (5,4 miliardi), Fondo InvestEu (6,1 miliardi), Sviluppo rurale (8,1 miliardi), Fondo per una transizione giusta (10,9 miliardi) e RescEu (2 miliardi). Ebbene, sembra ormai opinione diffusa il fatto che grazie al Ngeu il nostro Paese ribalterà la propria posizione di contributore netto, arrivando finalmente a percepire dall’Unione più di quanto effettivamente versat o. Non è così semplice, perche il Rrf si divide a sua volta in due tronconi, quello dei prestiti (385,8 miliardi di euro) e quello delle sovvenzioni (338 miliardi). Riguardo ai primi la questione non sussiste: sono prestiti e come tali andranno restituiti. All’Ita l i a spettano 121 miliardi, e i primi 16 miliardi ricevuti ad agosto contano già come debito pubblico. Ma nemmeno le sovvenzioni rischiano di risultare un grande affare. Come dimostrano le parole pronunciate da Ur su l a von der Leyen in questi giorni, per assicurarsi l’ac - cesso ai soldi a «fondo perduto», il nostro Paese si è di fatto legato un vincolo esterno assai stringente, garantendo il raggiungimento di una lunga serie di obiettivi e la realizzazione di importanti riforme struttura l i . AUMENTI PROGRESSIVI Rimane ancora tutto da chiarire l’impatto del meccanismo stesso di finanziamento del Ngeu sui singoli bilanci nazionali. Per finanziare questo piano straordinario, oltre alla proposta er introdurre tre nuove fonti di entrata (risorsa propria basata sul sistema di scambio di quote di emissione, risorsa propria basata sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, e risorsa propria basata sulla riassegnazione degli utili di imprese multinazionali di grandi dimensioni) presentata a dicembre 2021, la Commissione ha deciso per la prima volta nella sua storia di indebitarsi attraverso l’e m is s ion e di titoli sui mercati che andranno a finanziare prestiti e sovvenzioni. Finché non si tratterà di restituirli tutto bene, ma poi? Finora si sa solamente che i rimborsi a chi ha sottoscritto queste obbligazioni partiranno dal 2027 in poi (fino al 2058), ma il calendario di restituzione non è ancora noto. Visto che Bruxelles non può stampare denaro (MA LA BCE SI'!) ci si chiede poi dove prenderà le somme per restituire i titoli emessi. Il rischio concreto è che, una volta passata la tempesta del Covid, gli euroburocrati passeranno a battere cassa. Come sottolineato pochi giorni fa da Italia Oggi, con la decisione 2053/2020 la Commissione si è arrogata il potere di aumentare la contribuzione dei singoli Stati membri dall’1,23% all’1,40% del reddito nazionale lordo, con un massimale del 2% fino al 2058, ultimo anno per la restituzione delle obbligazioni. Altro che soldi regalati: l’Italia rischia seriamente di passare dalla padella nella brace.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
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