La pandemia ha fatto esplodere tutti i mali del nostro sistema sanitario. Terapie intensive intasate, reparti sotto organico, pronto soccorsi pieni, macchinari e scorte inadeguati. Una crisi profonda colpisce anche i medici di medicina generale. Nella prima fase della pandemia sono rimasti senza protezioni, con qualche mascherina polverosa n el l’armadio avanzata dai tempi dalla Sars. Si è cominciato a parlare dell’importan - za della «medicina del territorio», ma sono rimaste parole vuole. Nella seconda fase, agli occhi dei pazienti, questa classe di camici bianchi è sembrata inghiottita dal Covid. I tamponi sono passati alle farmacie mentre per la campagna vaccinale sono stati impiegati soprattutto i grandi hub. In teoria, i medici di famiglia sembravano sgravati di molti compiti. E la gente si chiedeva cosa avessero tanto da fare, visto che spesso risultavano irraggiungibili. Il fatto è che la maggior parte del loro tempo è stata assorbita quasi completamente da adempimenti burocratici: controlli sulle quarantene, prenotazione dei tamponi molecolari, trasmissione di dati alle aziende sanitarie, attivazione e disattivazione dei green pass. Più le urgenze. Più le altre malattie di stagione. Più la vaccinazione antinfluenzale. Più la cura dei sempre più numerosi malati cronici (ipertesi, diabetici, cardiopatici, eccetera). Poco il tempo per le altre patologie. Pochissimo il tempo per rispondere a tutti. E un generale scoramento per vedersi trasformati in passacarte. E via con la retorica facile dei medici di famiglia che guadagnano tanto e fanno poco, delle loro 15 ore settimanali obbligatorie, della formazione lasciata in mano ai sindacati. La realtà è molto più complessa. La questione fondamentale è che il numero dei medici di famiglia è insuffic ie nte. SENZA ASSISTENZA Almeno un milione e mezzo di italiani sono senza medico di base e moltissimi sono costretti ad appoggiarsi a medici che hanno già raggiunto il massimale di assistiti, che teoricamente sarebbe 1.500. Secondo l’Accordo collettivo nazionale, che viene firmato ogni tre anni per regolare i rapporti con i medici di medicina generale, le regioni sono incaricate della sanità territoriale e dei medici di famiglia. Questi ultimi non sono dipendenti, ma liberi professionisti che però svolgono funzioni ritenute fondamentali, alcune delle quali infatti rientrano nei cosiddetti Lea (livelli essenziali di assistenza). L’Ita l i a dà al cittadino il diritto di avere un’assistenza sanitaria di base, ma il sistema sanitario non lo fa attraverso i propri dipendenti, ma assegnando questo servizio a professionisti esterni che sono appunto i medici di medicina generale, con cui si stipula un accordo. La carenza di medici è un’emergenza che attanaglia tutta Italia da molti anni. Nel secondo dopoguerra furono sempre più numerosi i giovani che scelsero gli studi in medicina e un numero altissimo di medici si laureò, saturando la domanda presente a fine degli anni ottanta. Da allora, viceversa, le assunzioni sono avvenute con una sorta di imbuto,perché il numero di laureati era superiore a quello messo a disposizione dalle strutture sanitarie, così che molti non trovavano collocazione lavorativa né sul territorio né in ospedale. I ripetuti tagli alla sanità hanno ridotto anche i posti di medicina generale sui territori. La pandemia ha aperto gli occhi a tutti e l’anno scorso sono state date talmente tante borse di specialità da inglobare quasi tutti i laureati. Ora però si presenta una nuova emergenza, che è legata all’età dei medici. La Fimmg, la federazione italiana dei medici di medicina generale, calcola che entro il 2030 saranno 35.000 i camici bianchi che lasceranno la professione. È sempre un problema lavorare sotto organico, ma mentre nei reparti ospedalieri, in cui pure il carico di lavoro aumenta, si lavora comunque in team, è estremamente più complesso lavorare sotto organico per i medici di famiglia. In più, il numero di assistiti è in aumento poiché si aggiungono i pazienti di chi è andato in pens io n e. L’ALLARME DELL’E N PA M Emergenza imprevedibile? T u tt’altro. La Fondazione Enpam, che garantisce la previdenza e l’assistenza per i medici, denuncia questa situazione da oltre 10 anni. Già nel 2013 l’analisi dei dati sui pensionamenti degli anni a venire dimostravano che in 7-15 anni tra il 25 e il 50% dei medici di famiglia operanti sarebbero andati in pensione rendendo necessario l’ingresso di 30.000 nuovi medici. Si sapeva da tempo che sarebbe scoppiata la bomba demografica. Ma il conto alla rovescia ha subito un’accelerazione con l’epidemia di Covid. Tanti medici di famiglia sono dovuti andare in pensione prima del previsto per evitare il peggio e molti altri sono tragicamente morti per aver contratto il virus. L’analisi economica delle delibere Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di finanziamento per la formazione dei medici dal 1989 al 2013 è indicativa per capire le scelte - consapevoli o no - che sono state attuate dalle Regioni. In 24 anni per la formazione dei medici di famiglia sono state messe a disposizione borse di specializzazione per il valore di 671.310.853,66 euro, meno di quanto erogato alle stesse Regioni per il concorso aggiuntivo al finanziamento per le Scuole di specializzazione riguardanti le altre categorie mediche di sole quattro annualità. Tra il 2008 e il 2011 l’investimento è stato infatti di 692.040.000 euro. CONTI SBALLATI Le Regioni non hanno voluto investire nella medicina generale. Per far quadrare i bilanci da qualche parte è necessario tagliare o decidere di non investire e questo è il risultato. Formare un maggior numero di professionisti avrebbe significato investimenti per migliaia e migliaia di euro e si è preferito evitare, pur consapevoli dell’insu fficiente ricambio generazionale. Le soluzioni che si prospettano sono tre e sembrano tutte sbagliate. O vengono tenuti in attività medici con più di 70 anni, o si aumenta il massimale dei pazienti peggiorando la qualità del servizio, o si chiamano medici non ancora formati. Ora il ministro Rober to S p e ra n za ha presentato la sua riforma: più ore negli studi a ricevere pazienti e 2.564 Case della comunità aperte 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con specialisti, infermieri e macchinari per ecografie, analisi del sangue, elettrocardiogrammi, spirometrie e altro. Tutte strutture nuove di zecca, da costruire da zero, con 7 miliardi destinati dal Pnrr all’assi - stenza domiciliare. Quanto tempo ci vorrà per mettere tutto a regime? Sembra l’en - nesima riforma destinata ad a re n a r s i .
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
lunedì 14 marzo 2022
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