Q uando il presidente Putin, il 24 febbraio 2022, ha sferrato il suo attacco contro l’Ucraina, ha più volte ribadito che le truppe russe avrebbero condotto solo «un’operazione speciale», motivata dalla necessità di procedere alla sua «denazificazione», qualificando come «genocidio» le azioni che il Governo ucraino avrebbe intrapreso contro la popolazione russofona del Donbass. Si tratta, oserei dire, della più grande menzogna dei nostri tempi. Non è l’Ucraina – che ha di recente eletto un ebreo come presidente e dove il russo è ampiamente diffuso come lingua – a essersi nazificata; è piuttosto la Russia che con Putin vive l’evoluzione di un tipico Stato fascista. Vorrei tentare di affrontare il problema da una prospettiva teoretica, senza proporre etichette di comodo. Partirei, perciò, dalla definizione di fascismo data da Robert Paxton come «forma di comportamento politico connotato da una preoccupazione ossessiva per il declino, l’umiliazione o la vittimizzazione del proprio Paese e da un culto compensatorio relativo alla sua unità, forza e purezza, in cui un partito di nazionalisti militanti, cooperando in modo discontinuo ma efficiente con le élites tradizionali, calpesta le libertà democratiche e persegue con violenza purificatrice, e senza vincoli etici o giuridici, obiettivi di pulizia interna e di espansione fuori dai confini». Credo che quasi ogni elemento di questa definizione rispecchi perfettamente quel che accade da anni nella Russia di Putin. Il regime da lui costruito in Russia ha poco a che vedere con il nazismo tedesco – che in Unione Sovietica, e non solo, viene identificato col fascismo. Putin non è un nazista. Sebbene abbia sostenuto che la nazione russa sia tenuta insieme non solo da un «codice comune culturale» ma anche «da un potente codice genetico, formatosi in secoli e millenni di matrimoni misti», e che questo codice genetico sarebbe probabilmente, se non di certo, uno dei «nostri vantaggi maggiori nella competizione col mondo odierno»; e sebbene abbia sostenuto, insieme alla Chiesa russa ortodossa, la teoria del «mondo russo» (Russkij Mir), quello che Putin ha creato è, piuttosto, il tipico modello di Stato fascista promosso da Benito Mussolini con elementi di socialdemocrazia, forte senso per la grandezza dell'impero perduto, economia corporativa, repressione relativamente morbida del dissenso. Il primo pilastro del fascismo russo è l’esaltazione dell’irredentismo e della militarizzazione. Nella Russia putiniana le celebrazioni della Giornata della Vittoria sul nazismo hanno surclassato tutte le altre relative agli eventi storici dell’Unione Sovietica. Il culto di un passato glorioso ha fornito la giustificazione migliore per il riarmo. Nello stesso tempo, Putin ha alimentato il sentimento antioccidentale presentando la fine della Guerra Fredda come prodotto di complotto e tradimento, causa del crollo e della scomparsa dell’Urss. Con il suo entourage ha sostenuto che l’Occidente vorrebbe distruggere e smantellare la stessa Federazione Russa. Questo pericolo è stato presentato come la principale ragione di un attacco “preventivo” contro l’Ucraina, il cui presidente Zelenskyj non sarebbe altro che un burattino russofobo nelle mani di Washington. Il secondo pilastro corrisponde alla progressiva statalizzazione dell’economia. Un secolo fa.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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