STUPIDA RAZZA

venerdì 22 aprile 2022

Guerra e inflazione: il 60% dei Pvs ad alto rischio per il debito

 

Quasi il 60% dei Paesi a basso reddito è in «sofferenza» sul debito o è ad alto rischio. È il monito del Fondo monetario internazionale, nel Fiscal Monitor diffuso ieri. Ed è un’altra delle gravi conseguenze su scala globale della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Nel World Economic Outlook di martedì, i tecnici dell’Fmi hanno messo in guardia sulla frenata dell’economia, con 143 Paesi che cresceranno meno del previsto, e hanno tagliato le stime sul Pil globale di quasi un punto nel 2022. «Tutelare i più deboli» La frenata dell’economia si accompagna a inflazione più alta e preoccupante, una minaccia soprattutto per gli strati più poveri della popolazione nei Paesi a basso reddito. E la raccomandazione del Fiscal Monitor è di «dare la priorità alla tutela dei più deboli: un obiettivo essenziale è quello di evitare una crisi alimentare, mantenendo allo stesso tempo la coesione sociale», ha affermato Vitor Gaspar, direttore degli Affari fiscali del Fondo. Il rapporto pone un forte accento sui Paesi più fragili, quelli più esposti alle tensioni che si diffondono sui mercati finanziari, quando le condizioni di credito diventano più rigide. La guerra in Ucraina ha accelerato il fenomeno e ha fatto aumentare in modo significativo gli oneri finanziari e gli spread, allargando il divario con le economie avanzate. Tra i mercati emergenti e in via di sviluppo, quelli che sono anche importatori netti di energia e cibo, saranno più colpiti dalla fiammata dei prezzi, con ripercussioni su crescita, conti pubblici e tenuta sociale. Si tratta in gran parte di Paesi che già prima della guerra in Ucraina facevano fatica a riprendersi dai danni causati dalla pandemia. Il Fondo monetario ribadisce che servono nuovi strumenti globali per affrontare l’emergenza, considerando che l’Iniziativa di sospensione del servizio del debito (Dssi) è scaduta alla fine del 2021 e che la Common Framework sul debito del G20 «deve ancora mantenere le sue promesse». Erano gli strumenti varati per contrastare gli effetti economici della pandemia. Servono poi «sforzi aggiuntivi per i Paesi emergenti e in via di sviluppo che non hanno i requisiti per accedere a questi programmi». Rischio fame Come nel 2020 e nel 2021, quando infuriava la pandemia, «i Governi   devono agire per proteggere le persone dalle peggiori conseguenze del nuovo shock, con misure tempestive, mirate e temporanee, dati i limitati margini di bilancio e i maggiori rischi per la finanza pubblica», afferma il Fiscal Monitor. Nella conferenza stampa di presentazione del rapporto, Gaspar ha sottolineato che, nei Paesi a basso reddito, «le famiglie povere spendono fino al 60% del proprio budget per il cibo, rispetto al 10% delle famiglie medie nelle economie avanzate». «Un principio fondamentale - si legge nel report - è dare sostegno alle persone intanto che i prezzi si assestano». In alcuni Paesi, «trasferimenti di denaro mirati e temporanei possono essere di grande aiuto», spiega il Fiscal Monitor. In ogni caso, sottolinea Gaspar, «è imperativo per le politiche pubbliche garantire l’accesso a un’alimentazione adeguata a tutti». Il presidente della Banca mondiale, David Malpass, ieri ha chiesto la distribuzione delle scorte alimentari a livello globale, per aiutare i Paesi in crisi. Qualche settimana fa, la Fao ha rilanciato l’allarme sul rischio denutrizione, con l’indice dei prezzi alimentari dell’agenzia Onu balzato a marzo ai massimi dal 1990. Ricette flessibili I Governi «affrontano scelte difficili in un quadro altamente incerto», dice il Fondo. E raccomanda «strategie fiscali agili, su misura: nelle economie dove la crescita è più forte e le pressioni inflattive restano elevate, le politiche fiscali dovrebbero continuare a spostarsi dal sostegno alla normalizzazione». In Europa, secondo Gaspar, non c’è bisogno di nuovi incentivi macroeconomici. Debito giù, ma non troppo Dopo l’impennata determinata dal Covid, il debito pubblico mondiale è in discesa, ma si sta stabilizzando a livelli più alti rispetto a prima della pandemia: secondo le stime del Fiscal Monitor, passerà dal 99,2% del Pil globale del 2020 al 94,4% del 2022. Nelle economie avanzate, nel 2024 sarà ancora di 9 punti percentuali più alto rispetto al 2019, e di 18 punti in quelle emergenti. Per l’Italia, si prevede un debito pubblico sostanzialmente stabile sopra il 150% tra il 2021 e il 2022 e in discesa al 148,7% nel 2023, mentre il deficit passerebbe dal 7,2% del 2021 al 6% del 2022, per scendere sotto il 4% del 2023.

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