STUPIDA RAZZA

domenica 3 aprile 2022

Industrie ad alto rischio: servono tetti al gas o misure straordinarie

«Si può pensare ad un tetto europeo ai prezzi. O in alternativa ad uno scostamento di bilancio straordinario per l’Italia. Ma l’emergenza del gas va risolta subito, altrimenti le aziende chiudono». Questo, in sintesi, è il messaggio che Francesco Buzzella ha trasferito agli europarlamentari lombardi (assenti i rappresentanti M5S) e alle istituzioni Ue, grido di allarme lanciato in occasione di una trasferta a Bruxelles che il presidente di Confindustria Lombardia ha realizzato con l’intera squadra delle territoriali lombarde degli imprenditori. Incontro che ha toccato più argomenti, tra scarsità di forniture di materie prime chiave, infrastrutture, strategie di conversione industriale di settori cruciali come l’auto e semplificazioni. Ma che alla luce dell’emergenza-energia si è concentrato soprattutto su questo tema. «Ho trovato consapevolezza del problema - spiega Buzzella - ma solo fino ad un certo punto. Forse le gravità della situazione non era percepita fino in fondo: ad essere a rischio, oggi, è il futuro  industriale dell’Europa. E i numeri, del resto, parlano chiaro: negli Usa il gas oggi costa 13 dollari al MWh, in Asia 30-40, da noi in Europa anche 120. Reggere in queste condizioni, per un sistema economico che punta sulla trasformazione, è impossibile: come si può continuare a produrre?». Qualcuno, in effetti, non lo fa già più in modo costante. Acciaio, metallurgia, carta e piastrelle hanno già adottato in più casi una politica di “stop and go”: si guarda il prezzo del gas e si decide se lavorare oppure no. «Ogni giorno riceviamo lettere di surcharge dai fornitori - spiega Buzzella - e sono sempre cifre importanti. Per molte aziende il nodo oggi è quello di pagare le bollette a fine mese, in qualche caso l’energia arriva al 50% del conto economico: è una situazione tragica, non più sostenibile. Per questo, piuttosto che presentare una lista di richieste, che pure ci sarebbero, oggi puntiamo ad un solo obiettivo: trovare il modo di abbattere il prezzo del gas. Subito». Magari non ipotizzando un ritorno ai valori pre-Covid (20 euro per MWh) ma almeno un dimezzamento dei livelli attuali, per evitare ricadute più ampie sia in termini industriali che sociali. «Il nostro Governo ha proposto un cartello di acquisto e un tetto europeo ma vedo che alcuni paesi, come Germania e Olanda, per motivi diversi sono contrari. In mancanza di un’intesa all’Italia resta solo la strada di uno scostamento di bilancio rilevante. E se anche fossero 50 miliardi, una cifra importante, questa si ripagherebbe con il mantenimento della crescita e il contenimento della sfiducia, che è il primo nemico dell’economia. Diversamente il peso delle bollette rischia di fermare produzioni e aziende e di avviare nel contempo una spirale inflazionistica. Con il rischio concreto di abbattere i consumi delle famiglie, mentre industriale dell’Europa. E i numeri, del resto, parlano chiaro: negli Usa il gas oggi costa 13 dollari al MWh, in Asia 30-40, da noi in Europa anche 120. Reggere in queste condizioni, per un sistema economico che punta sulla trasformazione, è impossibile: come si può continuare a produrre?». Qualcuno, in effetti, non lo fa già più in modo costante. Acciaio, metallurgia, carta e piastrelle hanno già adottato in più casi una politica di “stop and go”: si guarda il prezzo del gas e si decide se lavorare oppure no. «Ogni giorno riceviamo lettere di surcharge dai fornitori - spiega Buzzella - e sono sempre cifre importanti. Per molte aziende il nodo oggi è quello di pagare le bollette a fine mese, in qualche caso l’energia arriva al 50% del conto economico: è una situazione tragica, non più sostenibile. Per questo, piuttosto che presentare una lista di richieste, che pure ci sarebbero, oggi puntiamo ad un solo obiettivo: trovare il modo di abbattere il prezzo del gas. Subito». Magari non ipotizzando un ritorno ai valori pre-Covid (20 euro per MWh) ma almeno un dimezzamento dei livelli attuali, per evitare ricadute più ampie sia in termini industriali che sociali. «Il nostro Governo ha proposto un cartello di acquisto e un tetto europeo ma vedo che alcuni paesi, come Germania e Olanda, per motivi diversi sono contrari. In mancanza di un’intesa all’Italia resta solo la strada di uno scostamento di bilancio rilevante. E se anche fossero 50 miliardi, una cifra importante, questa si ripagherebbe con il mantenimento della crescita e il contenimento della sfiducia, che è il primo nemico dell’economia. Diversamente il peso delle bollette rischia di fermare produzioni e aziende e di avviare nel contempo una spirale inflazionistica. Con il rischio concreto di abbattere i consumi delle famiglie, mentre immediata su cui però occorre innestare un percorso di lungo respiro, recuperando il terreno perso in termini di diversificazione delle fonti. «Negli anni in Italia abbiamo detto “no” a tutto: al nucleare, ai rigassificatori, alle trivelle in Adriatico, ai termovalorizzatori. Il risultato è che ci troviamo a dipendere dalla Russia più di quanto accadeva 15 anni fa, quando ad esempio la produzione nazionale di gas era pari a seisette volte i livelli attuali. Alle rinnovabili vanno affiancate fonti diverse e quindi occorre avere più gas italiano, più rigassificatori, contratti aggiuntivi con altri paesi. L’idrogeno può essere una prospettiva di medio termine ma prima di allora servono altre azioni». Crisi energetica che potrebbe portare a qualche ripensamento Ue anche negli obiettivi di lungo termine (-55% delle emissioni rispetto al 1990 è il target per il 2030), dando più tempo all’industria europea per affrontare la transizione. «Oggi nessuno naturalmente si vuole esporre, è ancora presto per prendere iniziative. La mia sensazione però è che nei prossimi mesi vedremo qualche cambiamento di rotta: la Commissione deve confrontarsi con la realtà dei fatti, ora decisamente diversa rispetto a quella di pochi mesi fa».


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