STUPIDA RAZZA

venerdì 1 aprile 2022

Onda lunga nei rialzi dei prezzi

 

Forse sarebbe meglio mettersi il cuore in pace: la cavalcata dell’inflazione (arrivata al 7,9% negli Stati Uniti, al 7,3% in Germania e al 9,8% in Spagna) ha molti elementi transitori, ma ne ha anche alcuni strutturali. Duraturi. Che non scompariranno molto in fretta. Dai picchi attuali il costo della vita calerà prima o poi, questo lo prevedono tutti gli economisti, ma nessuno pensa che torneremo ai livelli di mini-inflazione che abbiamo conosciuto prima del Covid. E difficilmente passeremo questo periodo senza un consistente rallentamento economico, causato in Europa soprattutto dal caro-energia e negli Usa dal tentativo della Fed di calmare l’inflazione stessa. Insomma, facendo la media di tutte le opinioni di economisti e uffici studi interpellati dal Sole 24 Ore, uno scenario sembra prendere sempre più piede: la stag-flazione. Transitoria o strutturale? (TRANSITORIA !)Un’analisi dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo dimostra che oggi, in Europa, il balzo dei prezzi è in gran parte causato dal rincaro dell’energia. Prendendo come punto di partenza il maggio 2018, quando l’indice dei prezzi in Eurozona raggiunse l’obiettivo della Bce al 2%, Intesa Sanpaolo ha calcolato da cosa è stata causata dell’extra-inflazione di oggi (si tratta di 3,9 punti percentuali in più). Due terzi sono dovuti proprio dalla componente energetica. E un’altra fetta importante (0,8 punti sui 3,9) va cercata nel settore alimentare, anch’esso in gran parte gravato dai maggiori costi dell’energia e dei fertilizzanti. Insomma: senza il petrolio e il gas alle stelle, in Eurozona l’inflazione sarebbe ben più bassa. (SAREBBE DEFLAZIONE DA DEBITI !) Diverso il caso degli Stati Uniti, dove la componente energia ha causato solo un terzo circa del rincaro, mentre la parte più pesante è costituita dal rincaro delle automobili. Questo fa giungere alla conclusione che in Europa la componente transitoria (ammesso che il prezzo dell’energia cali prima o poi) sia maggiore che negli Usa. Giustificando l’atteggiamento più cauto della Bce rispetto a quello della Fed Usa. Ma ci sono due problemi. Se da un lato in Europa i salari non stanno salendo (dal punto di vista dell’inflazione questo è positivo, anche se negativo dal punto di vista economico e sociale), stanno però aumentando le aspettative. Per intenderci: sempre più persone sono convinte che i prezzi saliranno. E questo è un primo elemento che rischia di rendere strutturale il caro-vita. Ma ce ne sono altri. Innanzitutto la de-globalizzazione. Ormai è evidente che - soprattutto in settori sensibili come i semiconduttori, l’energia e i prodotti farmaceutici - avere filiere produttive lunghe e globali rappresenta un rischio: basta una pandemia (e il Covid non è sparito) o un pericolo geopolitico (come una guerra) per bloccare e mandare in tilt le catene di approvvigionamento. È quindi opinione diffusa che, almeno in questi settori, avverrà un rimpatrio delle produzioni. E questo farà salire i prezzi. Altro fenomeno inflattivo è la transizione energetica: almeno per un certo lasso di tempo questo produce un aumento dei prezzi. Inoltre c’è chi, come Giuseppe Sersale di Anthilia, pensa che l’inflazione sarà tenuta elevata anche da «politiche fiscali che resteranno più espansive rispetto al decennio passato». Certo, esistono tutt’ora elementi disinflattivi, come la tecnologia e la demografia. Ma tutti concordano: l’inflazione sarà strutturalmente più elevata che in passato. (🤔🤔🤔)Di quanto? Nessuno lo sa. Gelata economica Se fosse inflazione da consumi, potremmo anche rallegrarci. Ma dato che in Europa è quasi interamente causata da rincari eccezionali delle materie prime, sorgono due problemi. Il primo lo evidenzia Luca Mezzomo, economista di Intesa Sanpaolo: «Quando l’inflazione dipende dal rincaro dell’energia e delle materie prime, si distruggono i consumi». Dunque l’economia. Il secondo problema è legato alle politiche delle banche centrali, che sono poco efficienti quando l’inflazione è causata da energia e materie prime: per quanto alzino i tassi, i prezzi di petrolio e gas restano elevati. L’unica cosa che possono fare è causare una recessione: diminuendo drasticamente i consumi, anche i prezzi poi calano. Ed è questo che, secondo alcuni, sta facendo la Fed Usa. In Europa la Bce è molto più cauta, ma il forte rallentamento potrebbe arrivare ugualmente a causa dello shock legato alla guerra: «La Germania ha già registrato un calo del Pil nel quarto trimestre - osserva Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. È verosimile che almeno altri due trimestri saranno in frenata. E se la prima economia dell’Eurozona frena così, gli altri Paesi difficilmente possono fare molto meglio».

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