STUPIDA RAZZA

venerdì 1 aprile 2022

La fabbrica dei sogni lavora solo per i gay Disney toglie i generi dai suoi parchi giochi

 

«Hey dreamer», apostrofa Topolino sulla main street allungando al pargolo la manona gialla. Ciao sognatore. Da qualche giorno è questo il benvenuto con il bollino blu, adottato dai parchi a tema della Disney dopo la rimozione forzata dei saluti di genere. «Non c’è più un cartello, una frase registrata, un’in dicazione sulle porte dei bagni che ricordi le differenze sessuali», ha annunciato Vivian Ware, la manager all’Inclusione (lì non si fanno mancare niente) della major mondiale dei divertimenti, che ha spiegato come il personale di Disneyland e Disneyworld sia stato addestrato appositamente per «eliminare dal vocabolario ragazzo e ragazza, bambino e bambina». Negli incubi queer saremo tutti indistinguibili, come Cip e Ciop. In attesa delle targhette con lo «schwa» per regolare il traffico di migliaia di persone frenate fuori dalle toilette da ingorghi e imbarazzi, va segnalato un altro capitolo vincente delle lobby omosessuali, della potente minoranza Lgbtq nell’America poststorica percorsa dal vento fortissimo dei desideri alternativi scambiati per diritti universali. Quella della Disney è una delle risposte all’entrata in vigore di una legge dello stato della Florida che proibisce di tenere lezioni sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere dalla scuola materna alle elementari. Il provvedimento è stato osteggiato dalle comunità transgender americane che lo hanno ribattezzato « D o n’t say gay» (Non dire gay) e hanno duramente criticato il governatore che lo ha firmato. Ron Desantis, repubblicano e fra i possibili candidati alla Casa Bianca nel 2024, ha spiegato che «la filosofia del “posso essere ciò che voglio”non è appropriata per i bambini. Ci assicureremo che i genitori possano mandare a scuola i figli per ricevere un’istruzione, non un indottrinamento». La legge ha suscitato u n’importante reazione da parte dei dipendenti Lgbtq o semplicemente dem della Disney (a Orlando lavorano 80.000 persone), che occupandosi in massima parte dei sogni dei bambini hanno puntato il dito accusatore sul loro amministratore delegato, Bob Chapek, colpevole di non aver protestato. Il ceo è immediatamente rientrato nei ranghi e ha mostrato solidarietà con due provvedimenti: la svolta «genderfluid» nei parchi a tema e l’avallo ufficiale del bacio gay in Toy Story. Lo smottamento continua e i vecchi ragazzi rischiano il mancamento perché il giocattolo Buzz Lightyear è omosessuale o almeno bisex. La rivelazione arriva dopo quattro film d’an i m az io ne, una serie di corti, 27 anni di onorata carriera da astronauta indomito ed eterosessuale con un motto ripetuto a nastro dai piccoli fans: «Oltre l’infinito e oltre!». Nessuno poteva prevedere il significato di «oltre». Neppure il suo compare Woody (il cowboy) che lo ha accompagnato in ogni storia senza accorgersi di niente. Nell’u lt im o film La vera storia di Buzz, l’eroe con il nome omaggio a Buzz Aldrin (il secondo uomo sulla Luna) si esibisce in un bacio gay. Alla Pixar sono stati a lungo incerti se inserire la scena, ipotizzando reazioni negative da parte di un pubblico planetario. Inizialmente era stata rimossa dopo le prime polemiche e ripensamenti, ma ora farà parte della sceneggiatura finale dell’o p e ra . La decisione ha suscitato le proteste di molte associazioni in difesa della famiglia a livello mondiale. In vista del l’uscita della pellicola a giugno, in Italia Pro Vita & Famiglia ha raccolto 12.000 firme, in aumento, che saranno consegnate al responsabile della Disney, Da n iel Fr i go. Il portavoce Jac o p o C og h e ha spiegato: «Sono migliaia i genitori scioccati dalla Disney che, su pressione delle potenti lobby omosessuali e transgender americane, ha inserito un bacio gay nel cartone animato. Vogliamo far sapere all’azien da americana il malcontento di tanti genitori che non rimangono in silenzio davanti alla strategia Lgbtq, tesa a indottrinare i loro figli. Crediamo che non sia corretto usare i cartoni animati per influenzare la mentalità dei bambini su argomenti che potrebbero traumatizzarli e confonderli». Una sensibilità che dentro la Disney si sta affievolendo sempre più. Lo ha confermato in una riunione fra manager, organizzata proprio per contrastare la legge della Florida, il produttore esecutivo della Dta - Disney Television Animation - Latoya Reveneau , che ha candidamente dichiarato: «Quando arrivai in azienda ero convinta che fosse un luogo omofobo, invece ho dovuto cambiare idea. Da tempo ho implementato u n’agenda gay per niente segreta da inserire negli spettacoli che produco». Per fare un esempio, ha ammesso di «aggiungere stranezze ovunque potessi, come due persone dello stesso sesso che si baciano» nelle animazioni per bambini come La Famiglia Proud. La presidente della Disney Corporate, Ka rey Bu rke, ha recentemente spiegato che la sua esperienza di madre «di un bambino trans e uno pansessuale» l’ha aiutata a capire che non ci sono abbastanza personaggi queer nei film Disney. Lasciare i piccoli davanti alla tv rischia di diventare un problema, soprattutto in America dove il politicamente corretto dilaga e il pensiero unico domina sconfinando nel ridicolo. A Hollywood non hanno ancora metabolizzato lo schiaffo di W ill S m i th aChris Rock, non sanno come uscirne. Il commento di Jim Carrey è illuminante: «Ero disgustato. Io non l’avrei applaudito ma denunciato per 200 milioni di dollari. Non siamo più il club più cool». Il pugile Jake Paul ha proposto di uscire dal delirio con un incontro di boxe fra i due. Soluzione ponderata, meno sconvolgente di un cartone animato della Disney.

Nessun commento:

Posta un commento